- Accettazione tacita ex art. 476 c.c.
- Pro herede gestio
- La volontà di accettare
- Casi di accettazione tacita
Accettazione tacita ex art. 476 c.c.
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L'accettazione tacita è uno dei modi di acquisto dell'eredità previsti dal codice e si distingue rispetto all'accettazione espressa per l'assenza di una dichiarazione esplicita della volontà di diventare erede venendo, invece, in rilievo i c.d. facta concludentia. Ciò vuol dire che un'ampia e variegata casistica rientra in questa fattispecie i cui contorni sono delineati dall'art. 476 cc: "L'accettazione è tacita quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede."
Pro herede gestio
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La definizione di accettazione tacita scelta dal legislatore individua quale elemento oggettivo e caratterizzante la c.d. pro herede gestio ossia la realizzazione di comportamenti concludenti che non potrebbero essere compiuti con una qualità diversa da quella di erede. In particolare, il confine va tracciato principalmente tra questi atti e quelli che il chiamato può realizzare semplicemente in quanto titolare di una delazione attuale.
L'art. 460 cc riconosce, infatti, al chiamato il potere di compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea; tuttavia, affinché si possa parlare di accettazione tacita occorre che il chiamato realizzi atti di gestione dei beni ereditari che eccedano i poteri del chiamato e che rientrino, pertanto, esclusivamente nelle facoltà e nei poteri riconosciuti a chi assuma il titolo di erede.
La volontà di accettare
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La disposizione contenuta nell'art. 476 cc, nel definire la fattispecie di accettazione tacita e suoi requisiti, individua un profilo oggettivo negli atti di pro herede gestio ma, sotto il profilo soggettivo, fa riferimento anche alla "volontà di accettare" come necessario presupposto di quei comportamenti.
Discusso, sia in dottrina che in giurisprudenza, è il ruolo da riconoscere alla volontà del chiamato di assumere la qualità di erede mediante comportamenti concludenti. La dottrina maggioritaria ritiene che non sia necessario alcun tipo di indagine volta a verificare la sussistenza di un'effettiva volontà di accettare. Sono gli stessi comportamenti concludenti a presupporne necessariamente l'esistenza e, pertanto, la legge fa conseguire al loro compimento, in maniera automatica, l'effetto dell'acquisto dell'eredità.
Alla collocazione dell'accettazione tacita nell'alveo degli atti giuridici in senso stretto si oppone una dominante ricostruzione giurisprudenziale in termini di negozio giuridico. In questa prospettiva il delato non potrebbe divenire erede senza, o addirittura contro, una sua volontà in tal senso. In sede interpretativa, pertanto acquisisce rilievo cruciale l'accertamento della sussistenza dell'intenzione di accettare.
Tale verifica si risolverebbe in un accertamento di fatto da condurre caso per caso e, in quanto tale, non suscettibile di censura in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto (Cass. n. 2663/1999 e Cass. 12753/1999).
Casi di accettazione tacita
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Nel corso degli anni la giurisprudenza ha avuto, pertanto, modo di chiarire in quali casi concreti ricorrono le condizioni affinché si possa parlare di accettazione tacita. In linea di massima ci si deve trovare di fronte ad una "attività personale del chiamato tale da integrare gli estremi dell'atto gestorio incompatibile con la volontà di rinunziare, e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualità di erede". A titolo esemplificativo e non esaustivo, costituiscono, pertanto casi di accettazione tacita:
● la proposizione dell'azione di riduzione, della domanda giudiziale di divisione ereditaria, di impugnazione del testamento e in genere delle azioni giudiziarie che non rientrano nei poteri di cui all'art. 460 cc;
● la riscossione da parte del chiamato di un assegno lasciato al de cuius;
● la costituzione di un'ipoteca volontaria sui beni dell'asse;
● il compimento di atti che abbiano valenza non solo fiscale (come ad es. dichiarazione di successione, che non dà luogo ad accettazione tacita) ma anche civile (ad es, la voltura catastale);
● la costituzione nel giudizio interrotto del chiamato in qualità di erede del defunto.
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