Parcella asseverata dal COA
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A fronte delle numerose e articolate contestazioni dell'assistito sulla congruità, sull'effettività e sulla spettanza dei corrispettivi richiesti dal legale, il giudice non potrà limitarsi a recepire acriticamente le osservazioni del Consiglio dell'Ordine che ha asseverato la parcella, pur dichiarandola non vincolante. Una simile decisione appare, infatti, fondata su motivazione apparente.
Tanto si desume dall'ordinanza n. 14005/2020 (sotto allegata) con cui la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, si è pronunciata sul ricorso di un'assistita che si era vista ingiungere dal proprio avvocato il pagamento di una somma a titolo di compensi per le attività di difesa svolte in tre controversie di lavoro, in un procedimento per accertamento tecnico preventivo, per consulenza stragiudiziale, per l'opposizione ad un provvedimento di archiviazione e per tre contestazioni disciplinari.
Il giudice di merito dichiarava infondata l'opposizione promossa dall'assistita contro il decreto ingiuntivo, ritenendo che vi fosse prova dello svolgimento di tutta l'attività difensiva elencata nella nota asseverata dal Consiglio dell'ordine, ma non anche degli ulteriori pagamenti indicati dall'opponente.
La ricorrente adisce la Suprema Corte lamentando come il giudice a quo si sia limitato a recepire acriticamente il contenuto del parere del Consiglio dell'ordine dopo aver dichiarato che la parcella asseverata non era vincolante, così incorrendo in un'insuperabile contraddizione.
Pluralità di contestazioni
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Gli Ermellini, accogliendo il ricorso, mettono in evidenza come l'assistita, in sede di opposizione, avesse sollevato una pluralità di contestazioni involgenti diversi aspetti.
Non solo aveva criticato l'effettivo svolgimento delle attività elencate nella parcella, ma anche il valore delle singole controversie, l'esito sfavorevole delle attività svolte, la duplicazione dei compensi per la consulenza stragiudiziale e la successiva attività giudiziale, l'applicazione, in taluni casi, dei massimi tabellari, la possibilità di considerare come giudiziale l'attività relativa alle fase stragiudiziale, l'impossibilità di condannare la parte, ammessa al gratuito patrocinio, per la difesa svolta in sede penale, la congruità delle spese per il parere di congruità reso dal Consiglio dell'ordine.
Si tratta di tutta una serie di articolate deduzioni difensive, riguardanti in modo specifico la congruità e la spettanza dei corrispettivi richiesti per le singole attività indicate nella nota, a fronte delle quali il giudice di merito si è limitato a pronunciarsi sulla sola eccezione di pagamento degli acconti.
Motivazione apparente
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Per la Cassazione, al difensore è stato dunque riconosciuto l'intero importo richiesto sulla base di argomentazioni sostanzialmente apodittiche, sganciate da qualsivoglia (specifico) riferimento alle risultanze processuali e alle argomentazioni difensive dell'opponente.
Finisce sotto la lente gli Ermellini, in particolare, l'affermazione testuale secondo cui "il resistente ha documentato tutta l'attività al punto che sono agevolmente riscontrabili le prestazioni rispetto alle quali il Consiglio dell'ordine ha espresso il parere di congruità, tenendo conto dei parametri forensi applicabili per ciascuna posizione, delle fasi processuali per cui è stata espletata l'assistenza legale, tenuto conto delle caratteristiche e del pregio dell'attività prestata, della natura del procedimento, dei documenti da esaminare, della continuità dell'impegno e dell'esito ottenuto".
Si tratta di una decisione che, conclude la Suprema Corte, appare fondata su una motivazione apparente, inidonea a dar conto delle statuizioni assunte e del tutto elusive rispetto alle argomentazioni difensive sollevate con l'atto di opposizione. L'ordinanza impugnata è dunque cassata con rinvio.
Scarica pdf Cassazione Civile, ordinanza n. 14005/2020• Foto: 123rf.com