- Casa coniugale alla madre e mantenimento a carico del padre
- La casa coniugale è del padre e la madre guadagna di più
- Entrambi i genitori devono mantenere i figli in proporzione al proprio reddito
Casa coniugale alla madre e mantenimento a carico del padre
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L'ordinanza n. 15397/2020 della Cassazione (sotto allegata) è chiara: non importa che i genitori abbiano l'affido condiviso della minore per esonerare il genitore che guadagna meno dall'obbligo di contribuire al mantenimento della figlia. Entrambi i genitori devono mantenere i figli in proporzione ai propri redditi, tanto più se a breve la madre infermiera, in conseguenza delle modifiche dei suoi orari di lavoro, trascorrerà più tempo con la bambina.
Il giudice di primo grado dispone l'affidamento condiviso della minore e l'obbligo del padre di versare un assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento per la figlia. Madre e padre però ricorrono in appello. La Corte stabilisce l'assegnazione della casa coniugale alla madre, in quanto genitore collocatario della minore, ma rigetta l'istanza del padre con cui ha censurato l'obbligo posto a suo carico di corrispondere l'assegno in favore della figlia.
La casa coniugale è del padre e la madre guadagna di più
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Il padre non accetta il verdetto della Corte e ricorre in Cassazione sollevando i seguenti motivi di ricorso.
Con il primo e il terzo motivo evidenzia come la sentenza del giudice dell'impugnazione sia affetta da motivazione apparente quando dispone l'assegnazione della casa coniugale alla madre e impone all'uomo di versare un assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento per la figlia minore. In una situazione di affido condiviso e di frequentazione paritaria della figlia è assurdo porre a carico del genitore che guadagna meno un assegno in favore di quello che guadagna di più, anche perché la sentenza non dice il vero, per sua stessa ammissione, quando afferma che la bambina è collocata prevalentemente presso la madre.
Con il secondo e il quarto invece il ricorrente deduce la violazione degli articoli 337 bis e 337 sexies del codice civile perché da un lato l'assegno dovuto a titolo di contributo al mantenimento della minore contrasta con i tempi paritari di permanenza della figlia presso i genitori, dall'altro perché il giudice, nell'assegnare la casa coniugale alla madre, ha trascurato di considerare la proprietà dell'immobile.
Con il quinto e il sesto infine lamenta il respingimento da parte della Corte d'Appello dell'eccezione di nullità della CTU, in quanto le lacune metodologiche del perito sono talmente tante da poterla qualificare solo come un parere personale del consulente incaricato.
Entrambi i genitori devono mantenere i figli in proporzione al proprio reddito
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La Cassazione con l'ordinanza n. 15397/2020 respinge il ricorso del padre perché inammissibile.
Privi di fondamento il primo e il terzo motivo. La Corte d'Appello ha pienamente assolto al proprio obbligo motivazionale in quanto:
- dopo aver rilevato che il padre percepisce un assegno mensile di 1000 euro;
- e applicato il criterio preferenziale di collocazione dei minori presso la madre;
ha chiarito che "se è vero che l'attuale collocamento della minore è sostanzialmente paritario, tale assetto, peraltro concordato tra i genitori, è destinato ad essere superato non appena la madre, di professione infermiera, cessi di svolgere i turni notturni, nel qual caso è fin d'ora previsto un ampliamento dei tempi di permanenza della figlia con la medesima."
Inammissibili altresì il secondo e quarto motivo del ricorso perché, come più volte affermato, anche nei casi di affido condiviso ciascun genitore deve provvedere ai bisogni dei figli in proporzione al proprio reddito. Non rileva quindi che un genitore abbia un reddito più alto. La Corte d'Appello inoltre, nel porre a carico del padre un obbligo di mantenimento della figlia, ha tenuto conto del mutamento lavorativo della madre nel futuro imminente che, come già chiarito, comporterà un ampliamento dei tempi di permanenza della bambina presso di lei, anche per evitare i disagi legati agli spostamenti. Le censure del padre paiono pertanto un mero dissenso motivazionale finalizzato alla rinnovazione del sindacato di merito.
Inammissibili gli ultimi due motivi considerato che le innumerevoli lamentale sollevate nei confronti della CTU rappresentano per la Cassazione l'escamotage per ottenere la rinnovazione della perizia, anche se poi il ricorrente non indica le ragioni per le quali dovrebbe essere rinnovata, visto che oggetto del reclamo non è l'affido condiviso. In sostanza, anche con questi motivi il ricorrente punta ad ottenere solo una rivisitazione della decisione nel merito che, come è noto, non è consentita in sede di legittimità.
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Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 15397/2020