Se una parte della giurisprudenza ammette qualche sberla educativa, la recente Cassazione ha detto no in assoluto alla violenza per educare i figli

Schiaffi ai figli: cosa dice la legge

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La recente Cassazione n. 22045/2020 riporta l'attenzione sugli schiaffi "educativi" elargiti spesso generosamente ai figli. In questo caso specifico la Cassazione però ha condannato una madre, non tanto per la schiaffo dato alla figlia, quanto per la frase: "Te la faccio pagare quando ti becco senza tuo padre".

Nel caso specifico la condotta della madre è stata stigmatizzata soprattutto per la minaccia di altre future e sonore sberle alla figlia. Un argomento, quello degli schiaffi e della sculacciate educative che sembrano esulare dal mondo del diritto. Da qui il dubbio: gli schiaffi si possono dare oppure no? Sono leciti per il nostro ordinamento? I genitori che cosa rischiano se danno una sberla ai figli?

La legge naturalmente non dice e non può dire ai genitori come educare i propri figli. Ci sono però dei limiti invalicabili che un buon genitore o educatore non deve mai travalicare: provocare al proprio figlio un danno fisico o mentale.

Abuso dei mezzi di correzione

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A stabilirlo è l'art. 571 del codice penale, che punisce l'abuso dei mezzi di correzione, sancendo che: "1. Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi. 2. Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni."

Dal tenore letterale della norma emerge che:

  • ad essere punito è l'abuso dei mezzi di correzione per finalità educative;
  • la norma anticipa la soglia di tutela del minore al pericolo di cagionargli una malattia nel corpo o nella mente, che se poi si concretizza, come prevede il secondo comma, può portare addirittura a una pena detentiva di otto anni.

La norma quindi è chiara. I genitori, così come gli insegnanti e in generale chiunque è investito della cura, della vigilanza o della custodia di un minore non può tirare ceffoni senza una valida ragione.

Dare una sberla a un figlio non deve essere il mezzo con cui il genitore o chi per lui sfoga le proprie frustrazioni giornaliere. In casi come questi infatti, se gli episodi sono ripetuti, si tratta di vera e propria violenza, che non è mai giustificata, soprattutto se commessa in danno di un soggetto più debole, che non può difendersi. In caso di condotte violente reiterate si può rischiare infatti l'accusa per il reato di maltrattamenti previsto dall'art. 572 c.p.

Problematiche che naturalmente vengono meno nel momento in cui il figlio diventa maggiorenne. In questo caso infatti, come precisato dalla sentenza della Cassazione n. 4444/2011, non si configura il reato di abuso dei mezzi di correzione perché il figlio maggiorenne, anche se convivente, non è più sottoposto all'autorità del genitore.

Quando la sberla è lecita?

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A parte questi casi estremi, tuttavia i giudici, in casi del tutto particolari, riconoscono ancora un certo valore educativo alla sberla. Nel dicembre del 2019 ad esempio il Tribunale di Rimini ha assolto un padre, accusato per il reato di abuso dei mezzi di correzione, per aver dato due schiaffi e un calcio nel sedere alla figlia quattordicenne, beccata con il "fidanzato" di 28 anni in giro per la città, dopo aver saltato la scuola. Un gesto che probabilmente il giudice ha considerato "educativo", visto che lo ha assolto.

Del resto, in una vicenda similare, in passato la giurisprudenza non aveva considerato qualificato come abuso dei mezzi di correzione il trattenere per le braccia il figlio minorenne per impedirgli di uscire di sera con soggetti poco raccomandabili.

La violenza per educare i figli non è mai ammessa

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Ai fan delle sberle educative si oppone però una recentissima Cassazione, che con la sentenza n. 18706/2020 ha condannato un padre per il reato di maltrattamenti, per aver colpito con un cucchiaio una delle figlie. L'uomo ha tentato di difendersi, sostenendo che al limite si sarebbe potuto configurare a suo carico il reato di abuso dei mezzi di correzione. La Cassazione, dopo avere spiegato la differenza tra le due fattispecie di reato, ha chiarito perentoriamente che "l'uso della violenza per fini correttivi ed educativi non è mai consentito."

L'autorità della Cassazione e l'avversione crescente verso i vecchi metodi educativi e la violenza in generale, fanno pensare che i genitori in futuro dovranno stare molto attenti e imparare a contare prima di tirare uno schiaffo ai figli. Per loro si potrebbero aprire le porte del carcere.

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