- Violazione obblighi assistenza familiare
- Impossibilità assoluta di adempiere all'obbligo di mantenimento
- La decisione della Cassazione
Violazione obblighi assistenza familiare
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Rischia la condanna per violazione degli obblighi di assistenza familiare il padre che non mantiene i figli, anche se cardiopatico e disoccupato. E' quanto emerge dalla sentenza n. 6227/2020 della sesta sezione penale della Cassazione (sotto allegata) che ha accolto il ricorso del procuratore generale presso la corte d'appello di Bolzano.
Impossibilità assoluta di adempiere all'obbligo di mantenimento
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L'uomo, condannato in primo grado a due mesi di reclusione e 150 euro di multa per il reato di cui all'art. 570, 1 e 2 c.p. per aver omesso di corrispondere il mantenimento al figlio minore per oltre un anno, veniva assolto in appello perché il fatto non costituisce reato.
Per il PG, però, l'uomo non poteva essere assolto in quanto non vi era prova certa ed inequivocabile che si fosse veramente e consapevolmente sottratto all'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio, richiamando anzi gli elementi di fatto che il giudice di primo grado aveva diversamente valutato ritenendo l'imputato colpevole.
In particolare, rilevava il procuratore, che già in precedenza era stato condannato per il medesimo reato e che la documentazione prodotta dimostrava che i problemi di salute, che avevano portato il giudice ad escludere l'impossibilità assoluta di adempiere, risalivano ad epoca successiva la condotta di inadempimento.
Per gli Ermellini il ricorso è fondato e va accolto.
La decisione della Cassazione
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Dagli elementi raccolti, infatti, a detta del Palazzaccio, è emerso che:
- le condizioni di salute in cui versava l'imputato non ne avevano determinato una totale e persistente incapacità economica, considerato che lo stesso aveva affermato di aver lavorato sia pur saltuariamente percependo un guadagno mensile di 500 euro;
- l'uomo non aveva dimostrato di essersi attivato per cercare un'attività lavorativa nei periodi in cui era stato disoccupato;
- le dichiarazioni rese in merito alle patologie (al cuore e alla schiena) da cui sarebbe stato affetto, risultavano comunque generiche e non era emersa nessuna prova circa il fatto che le stesse ne avessero determinato un'assoluta impossibilità di lavorare;
- la documentazione medica presentata, infine, non dimostrava affatto un impedimento assoluto a far fronte all'obbligo di contribuzione stabilito per il figlio minore relativamente all'arco temporale delimitato nel tema d'accusa, senza contare che la patologia cardiaca (e parziale invalidità civile riconosciuta) risultava "addirittura successiva all'intero lasso temporale oggetto di contestazione".
Per cui, il giudice d'appello non ha fatto buon governo del quadro di principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, quanto meno sul fronte di una motivazione puntuale e adeguata che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata dal giudice delle prime cure.
Da qui, assoluzione annullata e parola al giudice del rinvio.
Scarica pdf Cassazione n. 6227/2020• Foto: 123rf.com