- Centrale Rischi della Banca d'Italia e Sistemi di Informazione Creditizia (SIC)
- La mancanza di un congruo preavviso al cliente
- Assenza di valutazione dello stato finanziario/patrimoniale del segnalato
- Il ricorso all'Arbitro bancario finanziario
- Il ricorso ex art. 700 c.p.c.
- Risarcimento danni dalla banca che ha segnalato come cattivo pagatore
Centrale Rischi della Banca d'Italia e Sistemi di Informazione Creditizia (SIC)
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Banche e società finanziarie, prima di concedere prestiti, finanziamenti o mutui, consultano apposite banche dati che forniscono loro una storia creditizia del richiedente, al fine di evitare il pericolo di concedere prestiti ai cosiddetti "cattivi pagatori".
È opportuno procedere ad una breve disamina di tali banche dati, illustrando le principali differenze che intercorrono tra di esse.
La Centrale dei Rischi (CR), gestita dalla Banca d'Italia, è una base dati - cioè un archivio di informazioni - sui debiti di famiglie e imprese nei confronti del sistema bancario e finanziario, che persegue l'obiettivo di fornire agli enti finanziari informazioni circa l'affidabilità creditizia di coloro che chiedono un prestito o un mutuo, in modo da aiutarli a capire se il richiedente sia o meno un cattivo pagatore, se ha un finanziamento già in corso o se si è eccessivamente indebitato. La CR è alimentata dalle informazioni che gli intermediari partecipanti (banche, società finanziarie e altri intermediari) trasmettono relativamente ai crediti e alle garanzie concessi alla propria clientela, alle garanzie ricevute dai propri clienti ed ai finanziamenti o garanzie acquistati da altri intermediari. Nella Centrale dei rischi sono, quindi, registrati tutti i finanziamenti (mutui, prestiti personali, aperture di credito, etc.…) e le garanzie che hanno un valore superiore ai 30.000 euro, che rappresenta la cosiddetta soglia di censimento della CR. Pertanto, il cliente è segnalato se l'importo che deve restituire all'intermediario è pari o superiore a 30.000 euro, ma questa soglia si abbassa a 250 euro nel caso in cui il cliente è in sofferenza (ovvero, è considerato insolvente, ossia non è in grado in maniera definitiva di estinguere il proprio debito). Gli intermediari classificano un cliente come debitore in sofferenza e lo segnalano come tale in CR quando ritengono che abbia gravi difficoltà a restituire il proprio debito.
La classificazione presuppone che l'intermediario abbia valutato la situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito.Oltre la Centrale dei Rischi, gestita dalla Banca d'Italia, esistono altri sistemi di accertamento centralizzati, di natura privata e non gestiti direttamente dalla Banca d'Italia: i cosiddetti SIC (Sistemi di Informazioni Creditizie).Uno dei più conosciuti Sistemi di Informazioni Creditizie italiani è EURISC, il quale è gestito dalla società CRIF S.p.A. e raccoglie dagli istituti di credito informazioni sui finanziamenti richiesti e ottenuti da consumatori e imprese, per fornire a chi richiede un nuovo credito un'importante "referenza" nei confronti di banche e società finanziarie alle quali si rivolge.
È importante sottolineare che, mentre nella Centrale dei Rischi della Banca d'Italia, la posizione del cosiddetto "cattivo pagatore" viene evidenziata solo a sofferenza conclamata, nei Sistemi di Informazioni Creditizie i dati dei cattivi pagatori sono visibili sin dall'inizio della tensione finanziaria e/o di un reiterato e cattivo comportamento finanziario.Il Garante della privacy, tenendo conto del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, ha stabilito dei tempi entro i quali le informazioni presenti nel sistema di Crif devono essere cancellati. Significa che ciò che riguarda i cd. cattivi pagatori non resta in eterno a disposizione degli istituti di credito o delle società finanziarie.I termini per la cancellazione delle informazioni variano a seconda della gravità dell'inadempimento e del tipo di finanziamento richiesto e può arrivare fino a cinque anni.
Ovviamente essere segnalati come cattivi pagatori comporta una serie di conseguenze negative, tra le più gravi sicuramente vi è l'impossibilità, per il soggetto segnalato, di accedere ad ulteriori finanziamenti e la possibilità che altri istituti di credito possano procedere alla revoca degli affidamenti bancari già concessi. Pertanto, proprio perché le segnalazioni in queste banche dati possono pregiudicare il futuro di un soggetto, ed ancor più gravemente l'attività di un'impresa, esse dovranno essere subordinate all'osservanza di rigorosi requisiti, la cui sussistenza va valutata sempre con estrema cautela.
La mancanza di un congruo preavviso al cliente
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Al fine di rendere edotti gli interessati delle conseguenze di un perdurante inadempimento, l'art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di credito al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti (adottato con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 16 novembre 2004), prevede che le società di informazioni creditizie, al verificarsi di ritardi nei pagamenti, debbano preavvisare l'interessato, anche unitamente all'invio di solleciti o di altre comunicazioni, "circa l'imminente registrazione dei dati in uno o più sistemi di informazioni creditizie". In virtù di tale norma, il soggetto interessato viene informato delle conseguenze negative del proprio perdurante inadempimento e gli viene offerta, in tal modo, la possibilità di porvi rimedio, prima che si proceda all'effettiva iscrizione del proprio nominativo nei SIC.Lo stesso obbligo è previsto dall'art.125, comma 3, del Testo Unico Bancario, secondo cui "I finanziatori informano preventivamente il consumatore la prima volta che segnalano a una banca dati le informazioni negative previste dalla relativa disciplina. L'informativa è resa unitamente all'invio di solleciti, altre comunicazioni, o in via autonoma". Ulteriore tutela è garantita dalla Circolare 139/1991 della Banca d'Italia (come aggiornata il 29/04/2011), la quale prescrive che "gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) la prima volta che lo segnalano a sofferenza". Vien da sé che la suddetta informativa, garantendo il principio di correttezza e lealtà nel trattamento dei dati personali, risulta fondamentale e, di conseguenza, la segnalazione eseguita in assenza del dovuto preavviso al cliente, rappresenta una ipotesi di illegittimità. Sul punto, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, in riferimento alle segnalazioni in sofferenza presso i Sistemi di Informazione Creditizia, l'intermediario debba preavvisare il cliente prima di procedere alla segnalazione. La segnalazione alla Centrale Rischi si ritiene illegittima nel caso in cui sia mancato il preavviso, previsto dall'art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e dall'art. 125, comma 3, del Testo Unico Bancario. In questo senso si è espresso il Tribunale di Firenze, sez. III, con la decisione n. 42 del 09/01/2019, affermando che "La segnalazione alla Centrale Rischi è illegittima nel caso in cui sia mancato il preavviso previsto dall'art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e dall'art. 125, comma 3, del Testo Unico Bancario, per cui l'intermediario deve preavvertire il cliente almeno quindici giorni prima di procedere alla segnalazione, e anche in caso di errata valutazione dell'intermediario circa lo stato finanziario - patrimoniale del soggetto segnalato "a sofferenza", che deve trovarsi in una effettiva situazione di insolvenza apprezzabile come grave e non transitoria difficoltà economica". La Suprema Corte ha stabilito che l'atto di avvertimento con preavviso ovvero di avviso - di cui l'art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e di buona condotta, fa onere all'intermediario - integra una dichiarazione cd. recettizia (produce il proprio effetto nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario), in quanto specificamente diretta alla persona dell'interessato e intesa a manifestare la decisione dell'intermediario medesimo di provvedere alla classificazione di cattivo debitore del destinatario interessato, con tutti gli effetti che ne conseguono, nel perdurante difetto di regolarizzazione della propria posizione da parte di quest'ultimo entro il periodo di preavviso. In quanto "dichiarazione a determinata persona", quella prescritta dall' art. 4 comma 7, risulta soggetta alle prescrizioni generali di cui agli art. 1334 e 1335 c.c., perciò l'efficacia della dichiarazione di "avviso" si produce quando la stessa giunge a conoscenza del destinatario interessato, con la presunzione relativa che la conoscenza si abbia nel momento in cui la dichiarazione raggiunge l'indirizzo del destinatario (Cass. Civ., Sez. I, n. 14685 del 13 giugno 2017). È stato, inoltre, più volte ribadito che tale preavviso deve essere chiaro, specifico e tempestivo, in modo da consentire al cliente, in relazione ad uno specifico inadempimento, di evitare conseguenze pregiudizievoli attraverso il tempestivo pagamento del debito (Trib. Como, Sez. I Civ., 10/10/2016; Trib. Verona, III Sez. Civ., 06/07/2014; ABF Roma n. 1845 del 05/04/2013) e l'onere di dimostrare l'avvenuto invio della predetta comunicazione grava interamente sull'intermediario. L'invio a mezzo posta ordinaria di tale preavviso, infatti, non è sufficiente ad assolvere l'onere probatorio, qualora il cliente contesti di non averlo mai ricevuto, ragion per cui in pratica l'intermediario sarà tenuto a recapitare al proprio cliente una lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo pec. In conclusione, al di là dello specifico obbligo normativo, la necessità del preavviso è espressione del fondamentale principio di correttezza e lealtà nel trattamento dei dati personali, e sembra da correlarsi alla stessa natura del rapporto tra banca e cliente, che impone il rispetto della regola di buona fede nel corso della esecuzione del contratto.
Assenza di valutazione dello stato finanziario/patrimoniale del segnalato
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Altro requisito fondamentale, la cui assenza può determinare l'illegittimità di una segnalazione presso i Sistemi di informazione creditizia, è la corretta valutazione dell'intermediario circa lo stato finanziario-patrimoniale del soggetto segnalato "a sofferenza". L'iscrizione nel registro dei crediti "a sofferenza" nelle banche dati creditizie richiede, infatti, un'attenta analisi da parte del soggetto intermediario il quale, prima di disporla, dovrà esaminare la complessiva situazione finanziaria del cliente, non potendo essa scaturire da un mero ritardo o in conseguenza di un ritardo di modesta entità nel pagamento del debito.Tuttavia, nella realtà accade molto frequentemente che venga effettuata un'erronea valutazione da parte dell'intermediario creditizio circa, appunto, la complessiva situazione patrimoniale e finanziaria del cliente che viene segnalato.In particolare, da parte dell'intermediario, è richiesta un'analisi volta a verificare se il soggetto si trovi o meno nella condizione di grave e non transitoria difficoltà economica, la quale deve essere equiparabile, anche se non coincidente, alla condizione di insolvenza. Sul punto maggiori chiarimenti sono stati forniti con alcune pronunce dei giudici di merito, i quali hanno ben specificato e ribadito che lo stato di insolvenza - non necessariamente coincidente con quello proprio della disciplina fallimentare - rilevante ai fini della segnalazione del debitore alla Centrale rischi scaturisce da una valutazione negativa della situazione patrimoniale del medesimo, evincibile anche da una grave difficoltà economica, che induce la definitiva irrecuperabilità del credito, sulla base di circostanze di fatto (quali la pluralità di inadempimenti, la costituzione di garanzie reali in favore di terzi o l'esistenza di procedure esecutive infruttuose) che devono essere specificatamente indicate dal giudice di merito, in mancanza potendo ravvisarsi il vizio di insufficiente motivazione (Trib. Arezzo, n. 1057 del 13/11/2018). L'istituto di credito ha, senz'altro, l'obbligo di compiere una approfondita istruttoria prima di effettuare la segnalazione, per verificare, sulla base di elementi oggettivi - quali la liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e/o reddituale, la situazione contingente del mercato in cui opera, l'ammontare complessivo del credito ottenuto dal sistema creditizio e/o finanziario - se sussista davvero in concreto una situazione che induca a ritenere il credito a sofferenza ossia tale per cui appaiano sussistere rilevantissime difficoltà di recuperarlo. Motivo per cui non si può essere segnalati, ad esempio, per una rata di finanziamento non pagata o pagata in ritardo. La giurisprudenza sembra concorde nel ritenere che la condizione che legittima l'inserimento nella "black list" dei cattivi pagatori sia rappresentata da una difficoltà economica tale da rendere difficile la reversibilità della stessa. In definitiva, il credito può essere considerato in sofferenza soltanto qualora sia vantato nei confronti di soggetti che si trovino in stato di "insolvenza" o che comunque versino in situazioni sostanzialmente analoghe ad essa, e, soprattutto, soltanto dopo che sia stata operata una rigorosa valutazione, in quanto, in caso contrario, la segnalazione potrà essere ritenuta illegittima e l'istituto di credito potrebbe essere condannato al risarcimento dei danni cagionati al cliente.
Il ricorso all'Arbitro bancario finanziario
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Le principali forme di tutela esperibili dal cliente sono rappresentate dalla richiesta di cancellazione o rettifica - anche cautelare - della segnalazione illegittima e di risarcimento dei danni eventualmente subiti per effetto della segnalazione. Il cliente può fare ricorso all' ABF (Arbitro Bancario Finanziario), un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra clienti ed intermediari bancari e finanziari, istituto nel 2009 ai sensi dell'art. 128 bis TUB e sostenuto nel suo funzionamento da Banca d'Italia. L'ABF offre la possibilità di consentire al cliente di ottenere una decisione della controversia da un organismo indipendente ed imparziale, in modo semplice, rapido ed economico, rispetto alla tutela ordinaria. Occorre precisare che tale tutela può essere esperita solo se la questione non sia già stata sottoposta all'autorità giudiziaria o all'esame di arbitri o conciliatori, e deve essere necessariamente preceduta dalla presentazione di un reclamo scritto all'intermediario, il quale ha trenta giorni di tempo per rispondere, decorsi i quali (o nel caso in cui il riscontro non sia soddisfacente per il cliente), quest'ultimo può presentare ricorso all' ABF entro dodici mesi dalla data di presentazione del reclamo ed anche senza l'assistenza di un avvocato. Il cliente che ritiene di essere stato erroneamente o illegittimamente segnalato, può, in sostanza, chiedere all'ABF di accertare l'illegittimità della segnalazione e di ordinare all'intermediario di procedere alla cancellazione della segnalazione dalla banca dati, e di condannarlo al risarcimento di tutti i danni eventualmente subiti a causa della segnalazione. Tra gli "svantaggi" del ricorso all' ABF vi è il fatto che non è possibile poter citare testimoni o richiedere consulenze tecniche d'ufficio, il che può comportare dei limiti in punto di prova della quantificazione del danno, e la non vincolatività delle sue decisioni. Questo ultimo aspetto è comunque mitigato dall'apparato sanzionatorio reputazionale in cui l'intermediario incorre in caso di inadempimento, essendo pubblicate le notizie di inadempimento sul sito internet dell'ABF.
Il ricorso ex art. 700 c.p.c.
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Un altro strumento di tutela, cui i soggetti che lamentano di essere stati illegittimamente segnalati in Centrale Rischi o in altri SIC possono far ricorso, è dato dall'azione cautelare ex art. 700 c.p.c., mediante la quale è possibile ottenere, in via anticipata rispetto alla sentenza di merito, la cancellazione o la sospensione della segnalazione. Tale rimedio trova la sua ratio legis nel fatto che una segnalazione errata a sofferenza determina l'impossibilità di accedere al credito bancario per il soggetto segnalato e ciò costituisce per questi un irreparabile pregiudizio per il futuro.L'accoglimento del ricorso d'urgenza ex art.700 c.p.c. è subordinato alla presenza di due fondamentali presupposti processuali: il cd. fumus boni iuris ed il cd. periculum in mora. Per quanto concerne il requisito del fumus boni iuris, è possibile rilevare sia possibili vizi procedurali - in virtù dei quali si considera illegittima la segnalazione del credito a "sofferenza" se non preceduta dalla comunicazione dell'intermediario circa l'imminente registrazione dei ritardi di pagamento (art. 4 comma 7 del Codice di deontologia e buona condotta) - sia l'assenza dei presupposti di merito, ad esempio nel caso in cui la segnalazione non è stata preceduta da un'attenta verifica della situazione patrimoniale deficitaria, che, come già specificato, dovrebbe essere caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica, equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza (Cass. civ., n. 15609/2014; Cass. civ., n. 23093/2013). Circa la soddisfazione del secondo presupposto richiesto per la concessione del provvedimento d'urgenza, il cd. periculum in mora, è necessario che il soggetto segnalato rappresenti la sussistenza di un pericolo grave ed imminente, in particolar modo dimostrando l'irreparabile pregiudizio ad esso derivante dall'impossibilità di accedere al credito bancario, essendogli preclusa la possibilità di concessione di nuovi finanziamenti. Sul punto la giurisprudenza ha più volte espresso che il presupposto del danno grave ed irreparabile, in seguito ad una segnalazione illegittima, sia da considerarsi in re ipsa, producendo di per sé un danno al soggetto segnalato. Secondo tale orientamento, il periculum in mora sussisterebbe anche nell'ipotesi in cui sia trascorso un ampio lasso temporale fra la segnalazione ed il ricorso cautelare, tenuto conto che una segnalazione a sofferenza potrebbe essere, nell'immediato, priva di effetti per il soggetto segnalato, ma manifestare in seguito la propria dannosità. (Tribunale di Torino, ordinanza del 26.06.2019).
Risarcimento danni dalla banca che ha segnalato come cattivo pagatore
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Il soggetto che sia stato illegittimamente segnalato da un intermediario può sicuramente agire in giudizio contro quest'ultimo per ottenere il risarcimento dei danni subiti, i quali possono essere sia di natura patrimoniale sia di natura non patrimoniale. Per quanto riguarda il danno patrimoniale, va osservato innanzitutto che la principale conseguenza derivante dalla segnalazione in un sistema di informazione creditizia (e forse la più grave) è l'impossibilità, per il soggetto segnalato, di ottenere nuovo credito. Tale circostanza, così come l'eventuale necessità di provvedere ad un rientro immediato, diviene certamente fonte di pregiudizio patrimoniale, sia sotto il profilo del danno emergente che sotto quello del lucro cessante. La dottrina ha esaminato la possibilità di poter esperire, a tutela del soggetto illegittimamente segnalato, cumulativamente l'azione contrattuale e quella extracontrattuale. La prima scaturisce dall'inadempimento di specifici obblighi assunti contrattualmente (si pensi alla violazione dei canoni di correttezza e buona fede richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio ex artt. 1715, 1374, 1375 cod. civ.); la seconda, invece, deriva direttamente dalla violazione di diritti specifici del soggetto leso (danno all'immagine, danno alla reputazione, violazione dei dati personali ecc.). Di pari passo, anche la giurisprudenza ritiene che sia pienamente ammissibile il concorso di responsabilità contrattuale con responsabilità extracontrattuale dal momento che le segnalazioni illegittime potrebbero pregiudicare il futuro accesso al credito da parte del cliente segnalato e minare gravemente la propria reputazione personale e/o commerciale. ("Illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi operata dagli intermediari finanziari: responsabilità dell'intermediario segnalante e profili risarcitori", diritto.it , 20/07/2020). Per quanto concerne il risarcimento del danno, se fino a qualche tempo fa si riteneva che esso fosse in re ipsa, alla luce delle più recenti decisioni, oggi sembra essersi consolidato il principio secondo cui il danno debba essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Il soggetto che agisca per ottenere il risarcimento, potrà, dunque, dimostrare il danno subito producendo la documentazione comprovante il diniego di finanziamento o la perdita di chances derivanti da esso, circostanza che potrà essere valutata dal giudice sia in relazione al danno patrimoniale sia al danno non patrimoniale.
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