- Frequentazione padre-figlia: no al pernottamento
- Giustificato il mancato pernottamento dal padre finché la bambina è piccola
- Ai figli minori va garantito il diritto alla bigenitorialità
Frequentazione padre-figlia: no al pernottamento
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Non rileva ai fini della regolamentazione del suo diritto di visita, che il padre abbia taciuto la nuova relazione alla ex moglie e che il Ctu abbia valutato il suo comportamento "superficiale". Finché la bambina è piccola è giustificabile e comprensibile il mancato pernottamento dal padre. Quando cresce però, va garantito il diritto della minore alla bigenitorialità. Il giudice non può adottare provvedimenti restrittivi senza approfondire quelle che sono anche le sue necessità affettive, limitandosi a considerare la situazione di difficoltà della madre. Queste le precisazioni della Cassazione nell'ordinanza n. 28883/2020 (sotto allegata).
Giudizio che è sfociato in sede di legittimità perché la Corte d'Appello ha rigettato il ricorso di un padre, confermando la decisione del Tribunale, che ha ritenuto di non dover apportare modifiche alle modalità di frequentazione padre-figlia, che non contemplavano il pernottamento notturno.
Giustificato il mancato pernottamento dal padre finché la bambina è piccola
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- Il padre si oppone quindi alla decisione e ricorre in Cassazione facendo presente con il primo motivo che la Corte d'Appello ha mantenuto il regime di visita deciso dal giudice di primo grado, stabilito quando la minore aveva 6 mesi e che escludeva il pernottamento. Regime che, se all'epoca era giustificato dalla tenera età della bimba, con il tempo risulta lesivo del suo diritto alla bigenitorialità.
- Con il secondo fa presente inoltre che la Corte ha escluso i pernottamenti della figlia presso di lui attenendosi esclusivamente alle valutazioni del CTU, che ha giudicato come immaturi certi suoi comportamenti, solo perché non ha comunicato alla ex di avere una nuova relazione sentimentale.
- Con il terzo ritiene pertanto che il provvedimento del giudice dell'impugnazione violi l'art. 8 della Cedu e l'art. 117 della Costituzione perché l'attuazione delle misure restrittive ostacolano la possibilità di creare una relazione strutturata con la minore, in violazione del già richiamato principio della bigenitorialità.
- Con il quarto infine lamenta la condanna alle spese del reclamo.
Ai figli minori va garantito il diritto alla bigenitorialità
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La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 28883/2020 accoglie il ricorso con rinvio, ritenendo fondati i primi tre motivi e dichiarando assorbito il quarto.
La Corte precisa prima di tutto come spetti al giudice di merito stabilire il collocamento e le modalità di frequentazione del minore con il genitore non convivente e come tale decisione possa essere sindacata in sede di legittimità solo se il giudice non decide nell'esclusivo interesse del minore.
Nell'interesse del minore comunque, precisa la Corte, è necessario assicurare il rispetto del principio delle bigenitorialità, da intendersi come presenza comune di entrambi i genitori nella vita del figlio, per garantire allo stesso delle abitudini di vita e una relazione stabile con entrambi, che devono cooperare per garantire assistenza educazione e istruzione.
Nei casi in cui il giudice è tenuto ad adottare provvedimenti restrittivi o contenitivi, stante il loro carattere recessivo rispetto alla bigenitorialità, è necessario che gli stessi siano decisi nel rispetto degli ultimi arresti giurisprudenziali della Cedu. La Corte riconosce infatti ampia libertà ai giudici interni in materia di affidamento dei minori, ma sancisce la necessità di un controllo rigoroso delle restrizioni supplementari al diritto di visita dei genitori, per evitare che il minore venga privato del rapporto con uno dei genitori. Nell'interesse del minore infatti deve sempre essere garantito il principio della bigenitorialità.
Nel caso di specie la Corte d'Appello ha tenuto conto solo delle conclusioni della Ctu, dando rilevanza soprattutto al vissuto della madre, alle sue difficoltà legate al concepimento (conseguenti al fatto che l'ex marito le aveva nascosto i suoi problemi di fertilità) e al fatto che in occasione della Ctu, l'uomo non aveva rivelato la sua nuova relazione sentimentale, nota però alla bambina.
Nessun approfondimento è stato svolto per accertare l'interesse prevalente della minore a una condizione di bigenitorialità, alle ripercussioni affettive del suo rapporto con il padre e all'adeguatezza dei provvedimenti assunti dal tribunale di primo grado. Manca in effetti una motivazione specifica delle ragioni per le quali la Corte di merito ha ritenuto di non ampliare il tempo che il padre può trascorrere con la figlia, in violazione di quanto sancito dalla Corte di Strasburgo e in assenza di un invito a intraprendere un percorso di mediazione per il superamento della situazione di stallo e per riprendere una nuova comunicazione nell'interesse per la minore.
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Scarica pdf Cassazione n. 28883/2020• Foto: 123rf.com