- Vilipendio alla bandiera italiana
- Per la Costituzione si devono tutelare i simboli dello Stato
- C'è vilipendio solo se avviene sulla bandiera intesa come tessuto
- Vilipendio rappresentare la bandiera come sudiciume da spazzare via
Vilipendio alla bandiera italiana
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La Cassazione con la sentenza n. 316/2020 (sotto allegata) pone fine alla vicenda degli esponenti del Südtiroler riconoscendoli colpevoli del reato di vilipendio al tricolore.
La vicenda prende le mosse dal doppio giudizio negativo espresso dal Tribunale e dalla Corte d'Appello nei confronti degli imputati, ritenuti responsabili in concorso del reato di vilipendio alla bandiera, contemplato dall'art. 292 c.p, che punisce chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale, dovendosi intendere come tale, per la legge penale, la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali. Gli imputati, esponenti di un movimento separatista, hanno infatti distribuito manifestini in cui la bandiera è stata rappresentata come "sudiciume o sporcizia" da spazzare via con la scopa, a favore della bandiera sudtirolese.
Per la Costituzione si devono tutelare i simboli dello Stato
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La Corte di Cassazione aveva annullato la precedente sentenza assolutoria perché, ai fini del reato, è sufficiente il dolo generico e la percezione dell'offesa da parte di altre persone e perché la norma che contempla il reato di vilipendio alla bandiera non è mutata dopo le modifiche apportate dalla legge n. 85/2006 e non contrasta né con la Convenzione Edu né con la Costituzione.
La Corte territoriale invece, con la sentenza impugnata, con cui eta stata chiamata a decidere sul sequestro dei manifestini, aveva affermato la sussistenza del reato ritenendo integrato sia l'elemento oggettivo che quello soggettivo, in quanto la condotta incriminata non solo contrasta con la libertà di manifestazione del pensiero, ma occorre tenere conto anche di quanto dispone l'art. 12 della Costituzione, che afferma la necessità di tutelare anche i simboli dello Stato Italiano.
C'è vilipendio solo se avviene sulla bandiera intesa come tessuto
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Gli imputati ricorrono nuovamente in sede di Cassazione contestando la nuova sentenza di condanna della Corte d'Appello sollevando tre motivi di ricorso.
- Con il primo lamentano la sussistenza del reato di vilipendio alla bandiera perché con la riforma del 1985 l'unico vilipendio contemplato è quello sulla bandiera medesima intesa come tessuto che la rappresenta e non sui colori della stessa.
- Con il secondo lamentano la mancata valutazione dell'esercizio di critica esercitato dagli stessi attraverso i manifestini con cui volevano "stigmatizzare i mali del sistema rappresentato dalla bandiera nazionale."
- Con il terzo infine denunciano la responsabilità concorsuale dei tre imputati, già sollevata in appello.
Il seguito il difensore presenta memoria con cui presenta nuovi motivi.
Costui contesta la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato in quanto la legge n. 85/2006 ha abrogato il comma che puniva il vilipendio riferito ai colori della bandiera, per cui non c'è reato se essa è rappresentata su un manifestino. Lo conferma anche quanto emerso dai lavori preparatori della legge 85/2006 in cui è stato evidenziato, come i reati di vilipendio, siano da abbandonare stante il più importante diritto di ciascuno di manifestare il proprio pensiero.
Non c'è offesa quindi alla bandiera nel manifestino redatto dagli imputati. In realtà il termine tedesco "kehraus" non significa "spazzare" ma "ballo finale" ultimo giro di danza" a significare il desiderio di chiudere una fase storica, per iniziarne una nuova con l'emancipazione del Sud Tirol. Nessun intento ingiurioso nel manifestare il messaggio politico che incoraggia la sostituzione del Sud Tirolo allo Stato Italiano.
Denuncia poi la motivazione sulla necessità di dare all'art 292 c.p. una lettura costituzionalmente orientata, visto che sia la Corte Costituzionale che la Corte Edu invocano la primaria importanza della libertà di manifestazione del pensiero in ambito politico.
Vilipendio rappresentare la bandiera come sudiciume da spazzare via
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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 316/2021 rigetta i ricorsi degli imputati per le ragioni che si vanno a esporre.
Dopo aver esposto le ragioni che l'hanno condotta ad annullare la prima sentenza della Corte di Appello e aver precisato come il giudice del rinvio dovesse uniformarsi a quanto sancito "per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa", la Cassazione dichiara infondato il motivo del ricorso che tende a disattendere il principio relativo alla continuità normativa dell'art. 292 c.p nella nuova formulazione visto che l'offesa e quindi il reato sussiste quando riguarda "la bandiera nazionale nel suo valore simbolico e, quindi, anche se solo raffigurata." Esclusi dal perimetro della norma i colori della bandiera se compongono oggetti diversi come coccarde, sciarpe, fasce o altri capi di abbigliamento.
Per quanto riguarda la doglianza sull'insussistenza dell'elemento soggettivo del reato, stante il mero esercizio del diritto di critica, la Cassazione chiarisce che lo stesso non può considerarsi privo di limiti, anche se funzionale a un interesse pubblico come la discussione politica. Chi intende avvalersene deve infatti farlo sempre nel rispetto dei diritti contrapposti.
Vero che ogni offesa al simbolo dello Stato non può assumere rilievo penale, ma nel caso di specie essa è stata "fatta oggetto di un mero insulto" in quanto è stata rappresentata come un "sudiciume" da spazzare via con una scopa.
Manifestamente infondati quindi anche i dubbi di costituzionalità dell'art. 292 c.p. in relazione agli artt. 21 e 117 e 10 della Convenzione Edu. Errato infatti ritenere la libertà di manifestazione del proprio pensiero priva di qualsiasi limite, così come infondata la doglianza sul concorso nel reato, visto che lo stesso è stato provato dalle deposizioni e dalle email inviate all'agenzia pubblicitaria incaricata di distribuire i manifestini.
Scarica pdf Cassazione n. 316/2021• Foto: 123rf.com