- Inammissibile il ricorso via pec per il detenuto
- Non è consentito l'uso della Pec per trasmettere gli atti di parte
- La pec non è stata contemplata neppure durante il Covid
Inammissibile il ricorso via pec per il detenuto
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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 487/2021 (sotto allegata) dichiara inammissibile il ricorso presentato da detenuto perché inoltrato via Pec. Senza esaminare la parte dedicata al giudizio sulla vicenda, che la Cassazione dichiara comunque inammissibile per manifesta infondatezza, vediamo le ragioni per le quali gli Ermellini hanno ritenuto inammissibile il ricorso per ragioni di rito.
Come anticipato un detenuto ricorre in Cassazione per chiedere l'applicazione in via principale della misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale in quanto la misura applicata è stata decisa in violazione del diritto di difesa, stante la mancata partecipazione del difensore all'udienza di trattazione, che si sarebbe dovuta rinviare. Richiesta che viene contestata dal Procuratore in quanto all'udienza di trattazione era presente il difensore d'ufficio dell'imputato che aveva dato il consenso per lo svolgimento dell'udienza a distanza.
Non è consentito l'uso della Pec per trasmettere gli atti di parte
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La Cassazione con la sentenza n. 487/2021 dichiara il ricorso inammissibile perché presentato con il mezzo non consentito della Pec. L'art. 591 lett. c) c.p.p sancisce infatti la tassatività delle forme per la presentazione del ricorso disciplinate dagli articoli n. 582 e 583 c.p.p.
Come già ribadito infatti non è consentito "l'uso della posta elettronica certificata per la trasmissione dei propri atti alle altri parti né per il deposito presso gli uffici, poiché l'utilizzo di tale mezzo informatico, ai sensi dell'art. 16, comma 4 del dl 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, è riservato alla sola cancelleria per le comunicazioni richieste dal Pubblico Ministero ex art. 151 dod, proc. Pen. e per le notificazioni ai difensori disposte dall'Autorità Giudiziaria."
In caso di urgenza o quando l'atto contiene disposizioni che riguardano la libertà personale la comunicazione può avvenire nelle forme più celeri, anche con l'utilizzo del mezzo telematico, ma questa forma di comunicazione riguarda solo gli atti del giudice, ma non per la trasmissione di un atto di parte, come l'impugnazione. Non si può giungere a una conclusione diversa neppure se si equipara la Pec a una raccomandata con una ricevuta di ritorno.
La pec non è stata contemplata neppure durante il Covid
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La Cassazione osserva infine come questa forma di comunicazione non è stata contemplata neppure nel corso dell'emergenza Covid dalla normativa emergenziale emanata per fronteggiarla, tanto è vero che sono stati dichiarati inammissibili i ricorsi per Cassazione presentati a mezzo pec durante la vigenza delle disposizioni emergenziali.
Principio che è stato affermato anche di recente dalla prima Sezione penale della Cassazione nella pronuncia n. 32566/2020 dopo l'entrata in vigore del dl n. 137/2020. La decisione ha infatti sancito che il mezzo della posta elettronica certificata nel processo penale "trova applicazione esclusivamente in relazione agli atti di parte per i quali il codice di procedura penale non disponga specifiche forme e modalità di presentazione, stante la natura non derogante" del comma 4, art. 24 del dl n. 137/2020 rispetto alle previsioni del codice penale, a quelle del dl 193/20029 convertito con legge n. 24/2010 e a quelle del regolamento adottato con decreto del Ministero di Giustizia n. 44/2011 che riguarda le regole tecniche del processo civile e penale telematico.
Scarica pdf Cassazione n. 487/2021• Foto: 123rf.com