- Violato il diritto al rispetto della vita privata di una mendicante
- L'elemosina è l'unico modo per soddisfare i bisogni primari
- Punire con una multa chi chiede l'elemosina penalizza in modo indiscriminato
Violato il diritto al rispetto della vita privata di una mendicante
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Una mendicante, trovata a fare l'elemosina a Ginevra viene condannata a pagare una multa di 500 franchi svizzeri e poi incarcerata per 5 giorni per non essere riuscita a versare l'importo della multa.
Evidente per la CED la violazione dell'art. 8 della Convenzione, che tutela il diritto al rispetto della vita privata. Nella sentenza emessa il 19 gennaio 2021 sul ricorso n. 14065/2015 (sotto allegata in lingua francese) la ricorrente, analfabeta e proveniente da una famiglia molto povera, non aveva lavoro e non beneficiava di alcuna prestazione sociale. L'elemosina era l'unico modo per sopravvivere, per cui, trovandosi in una situazione di estrema vulnerabilità, doveva esserle permesso di chiedere aiuto elemosinando, per soddisfare i suoi bisogni primari.
Per la CEDU inoltre la sanzione comminata non è proporzionata e non si rivela idonea a combattere la criminalità organizzata o a tutelare i diritti dei passanti, dei soggetti residenti e dei negozianti.
L'elemosina è l'unico modo per soddisfare i bisogni primari
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La mendicante in questione è una cittadina rumena, appartenente alla comunità rom. Dal 2011, non riuscendo a trovare lavoro inizia a chiedere aiuto un'associazione di beneficenza di Ginevra.
Colta in diverse occasioni a chiedere l'elemosina, viene sanzionata diverse volte, ma non riuscendo a pagare, ricorre in Tribunale, che però la dichiara responsabile di accattonaggio, condannandola a pagare una multa di 500 euro e in caso di mancato pagamento a scontare una pena detentiva di 5 giorni in carcere. La donna ricorre alle autorità locali competenti, ma il suo ricorso viene respinto, sconta così la pena carceraria di 5 giorni nella prigione di Champ-Dollon.
Ricorre così alla CEDU, lamentando la violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea, perché impedirle di elemosinare costituisce una violazione del diritto a vedere rispettata la propria vita privata. Per la donna non poter chiedere l'elemosina non le dà la possibilità di provvedere ai suoi bisogni essenziali di vita. Ella lamenta inoltre la violazione del suo diritto di espressione perché non potendo chiedere aiuto non le è possibile trasmettere la sua situazione di povertà. Non solo ella ritiene di essere stata vittima, in virtù del combinato disposto dell'art. 8 dell'art. 14 della Convenzione, di discriminazione a causa della sua condizione socio economica.
Punire con una multa chi chiede l'elemosina penalizza in modo indiscriminato
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La CEDU adita dalla mendicante così decide. Per la Corte la legge penale, punendo con una multa chi chiede l'elemosina, penalizza in modo indiscriminato chi pratica questa attività. Considerata poi la situazione di grave disagio economico e sociale della donna, deve esserle consentito di praticare l'accattonaggio perché per lei rappresenta l'unico modo per sopravvivere.
Troppo severa poi la pena irrogata, inefficace a contrastare fenomeni di criminalità organizzata e a tutelare passanti, residenti e negozianti. La donna è stata punita per una condizione che non ha scelto, per cui la pena inflitta ha leso la sua dignità e ha compromesso la stessa essenza di quanto sancito dall'art. 8 della Convenzione Europea.