- Niente maltrattamenti in famiglia per atti episodici
- Gli episodi violenti
- Maltrattamenti in famiglia: quando si configura il reato?
- Episodi sporadici eventualmente perseguibili per altri reati
Niente maltrattamenti in famiglia per atti episodici
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Alcuni episodi violenti in cui volano parole forti e si arriva anche alle mani non sono idonei a integrare il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi se si tratta di atti sporadici, derivanti da un clima di tensione coniugale che precede la separazione. Questi, seppur lesivi dei diritti fondamentali della persona, non sono riconducibili al delitto di cui all'art. 572 c.p. il quale presuppone continue vessazioni e una posizione sovraordinata del reo, con correlata sottomissione della persona offesa, costretta a subire gli effetti della deliberata e preordinata condotta di sopraffazione dell'agente.
Insomma, deve esservi reiterazione nel tempo e un nesso di abitualità, al punto da imporre un vero e proprio sistema di vita caratterizzato da sofferenze e afflizioni, lesioni dell'integrità fisica e psichica della vittima. Ne restano fuori, invece, quegli episodi occasionali che originano da situazioni contingenti e particolari che, ove ne ricorrano i presupposti, possono al più assumere singolarmente l'autonomo rilievo di delitti contro la persona (ingiurie, percosse, lesioni, ecc.).
È questo in breve quanto chiarito dal Tribunale Penale di Siena nella sentenza n. 917/2020 (sotto allegata) che di fatto assolve per insussistenza del fatto un uomo imputato del delitto di cui all'art. 572 del codice penale. In particolare, l'imputato è accusato di aver reso abitualmente dolorose le relazioni domestiche tenendo nei confronti della propria moglie condotte pesantemente intimidatorie e umilianti, percuotendola e minacciandola con frasi particolarmente aggressive.
Gli episodi violenti
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Dalla narrazione dei fatti emerge che i due, dopo circa 27 anni di matrimonio
e dopo averne trascorsi sei da "separati in casa" (abitando insieme, ma interrompendo ogni relazione di tipo sentimentale), erano giunti a separarsi giudizialmente. Ed è a questo punto che il marito inizia a porre in essere una serie di atti ai danni della moglie che il pubblico ministero ritiene integrino il delitto di maltrattamenti in famiglia.Per il Tribunale, invece, non sono emerse prove per l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato oltre la regola di giudizio del ragionevole dubbio, nonostante le testimonianze della vittima sostanzialmente confermate da quelle dei figli.
La ex moglie descrive rapporti "tranquilli" durante il periodo in cui la relazione affettiva era stata interrotta, pur avendo i due continuato a convivere, fino ad arrivare al momento in cui si iniziato a discutere delle modalità della separazione, con riferimento soprattutto alle questioni patrimoniali, sulle quali non c'era accordo, e con riferimento alla casa ove l'uomo sarebbe dovuto andare a vivere.
La donna parla di offese proferite nel corso delle discussioni e poi si sofferma su tre episodi in cui dichiara di aver subito un'aggressione fisica: volano parole pesanti, tentativi del marito di mettere le mani al collo della moglie, schiaffeggiamenti a seguito dei quali la donna (cardiopatica) avrebbe anche perso i sensi. Racconti che trovano conferma nelle testimonianze della figlia ventitreenne e dal figlio ventiseienne.
Maltrattamenti in famiglia: quando si configura il reato?
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Tanto basta a parlare di maltrattamenti in famiglia? No, secondo il Tribunale di Siena, poiché tale delitto, si legge nel provvedimento, è necessariamente abituale e "si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo, perfezionandosi allorché si realizza un minimo di condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità".
In pratica, per poter ritenere integrato tale reato, "deve trattarsi di continui atti di vessazione, di disprezzo, di umiliazione, di asservimento che offendono la dignità della vittima, tali da determinare per i familiari sofferenze, privazioni, umiliazioni, che costituiscono fonte di uno stato di disagio continuo ed incompatibile con le normali condizioni di esistenza".
Il Tribunale spiega la previsione in esame il legislatore abbia attribuito particolare disvalore soltanto alla "reiterata aggressione all'altrui personalità, assegnando autonomo rilievo penale all'imposizione di un sistema di vita caratterizzato da sofferenze, afflizioni, lesioni dell'integrità fisica o psichica, le quali incidono negativamente sulla personalità della vittima e su valori fondamentali propri della dignità e della condizione umana".
Episodi sporadici eventualmente perseguibili per altri reati
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Ne restano esclusi, dunque, quegli atti episodici e lesivi dei diritti fondamentali della persona che non sono però riconducibili nell'ambito della descritta cornice unitaria in quanto traggono origine da situazioni contingenti e particolari che sempre possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare.
Ma tali atti non sono destinati a rimanere impuniti, in quanto conservano, se ne ricorrono i presupposti, la propria autonomia e possono integrare delitti contro la persona (ingiurie, percosse, lesioni) comunque sanzionati dall'ordinamento giuridico.
Nel caso in esame, si ritiene che non ricorrano tali caratteristiche e dunque non sia possibile ritenere integrato il reato in epigrafe: i tre litigi avvenuti tra l'imputato e la persona offesa non sono stati generati da una volontà di vessazione, umiliazione e sopraffazione del primo nei confronti della seconda, ma sono stati determinati da situazioni diverse, quali soprattutto le ragioni squisitamente economiche conseguenti alla decisione di separazione che la coppia aveva maturato dopo un lungo periodo di crisi.
In definitiva, i contrasti insorti tra la coppia appaiono frutto di decisioni estemporanee assunte di volta in volta dall'imputato, che non sono parte di un "disegno preordinato e risalente tendente a realizzare in essere condotte vessatorie nei confronti del coniuge". Trattasi di atti episodici che si ritengono riconducibili "a quel tipico clima contingente e particolare che si crea in un periodo di grave crisi coniugale quale quello che precede la separazione".
Come ribadisce il Tribunale, però, "tale rilievo non esclude la illiceità delle condotte, le quali, però, trovano una diversa e autonoma forma di tutela nella previsione di altre fattispecie penali (quali le percosse e le minacce) per le quali non risulta" che la persona offesa abbia avanzato la necessaria istanza di punizione. Da qui la decisione di assoluzione.
Si ringrazia l'Avv. Nicolò Lodovichi per l'invio del provvedimento
Scarica pdf Tribunale Penale di Siena sentenza 917/2020