- Valida la scrittura che riconosce all'avvocato una parte del risarcimento
- Sproporzionato il compenso di 150.000,00 euro per l'avvocato?
- Agli avvocati anche compensi superiori ai massimi tariffari
Valida la scrittura che riconosce all'avvocato una parte del risarcimento
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Per la Cassazione, chiamata a pronunciarsi su una causa cliente/avvocato, sulla quale si pronuncia con l'ordinanza n. 2631/2021 (sotto allegata) è valida la scrittura privata con cui si riconosce al professionista la somma di 150.000,00 euro. L'art. 2233 c.c. stabilisce infatti che nella determinazione del compenso in favore dei prestatori d'opera intellettuale, la convenzione tra le parti supera le tariffe e gli usi. Ma vediamo come è iniziato il giudizio e per quali motivi gli Ermellini sono arrivati a questa conclusione.
Un cliente conviene in giudizio il proprio avvocato chiedendo di dichiarare la nullità e l'inefficacia inter-partes della scrittura privata del settembre 2002, perché contenente un patto di quota lite illegittimo e la conseguente condanna del convenuto a restituire quanto percepito in più rispetto a quanto dovuto per la causa di risarcimento dei danni da espropriazione intrapresa contro la Provincia.
L'attore narra di essere stato assistito insieme al fratello, dall'avvocato convenuto, nella suddetta causa risarcitoria, che si è conclusa con la condanna della Provincia a pagare oltre 330.000,00 euro (oltre interessi e rivalutazione) a titolo di risarcimento e 3.390, 94 euro, più accessori di legge, per le spese processuali.
L'attore riferisce che dopo il deposito della sentenza, ma prima del suo passaggio in giudicato, con il fratello avevano sottoscritto una scrittura privata, che riconosceva all'avvocato il 10% della somma ottenuta a titolo di risarcimento, oltre spese e onorari di causa.
Il Tribunale adito però rigettava le domande attoree perché le parti, con una scrittura successiva a quella sopra indicata, convenivano espressamente nel corso di una conversazione telefonica, di riconoscere all'avvocato la somma di 150.000,00 euro, autorizzandolo con formale scrittura del giorno successivo ad accreditare sul proprio conto corrente l'importo complessivo e a trattenere per se l'importo concordato.
Detto accordo per il Tribunale è pienamente valido. La scrittura successiva, che quindi prevale sulla precedente, non è un patto di quota lite, dovendosi piuttosto interpretare il riconoscimento della somma dopo la conoscenza dell'esito del giudizio come un palmario. La stessa pertanto non è annullabile anche perché le parti vi hanno dato volontaria esecuzione.
Poco contento dell'esito del giudizio di primo grado l'attore decide di ricorrere in appello, ma anche in questa sede le sue domande vengono respinte. Nel corso di una conversazione telefonica, come già rilevato in primo grado, è emerso infatti che le parti si erano accordate con l'avvocato per il riconoscimento in suo favore della somma di 150.000,00 euro. Non si possono accogliere quindi le richieste dell'attore perché ai sensi dell'art. 2233 c.c. può farsi luogo a determinazione del compenso solo se questo non è stato convenuto dalle parti.
Sproporzionato il compenso di 150.000,00 euro per l'avvocato?
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Non restando altra strada parte soccombente ricorre in Cassazione sollevando i seguenti motivi di ricorso.
- Con il primo lamenta la violazione dell'art. 1321 c.c. perché la Corte d'appello ha errato nel qualificare come nuovo l'accordo a cui le parti sono addivenute nel corso della conversazione telefonica.
- Con il secondo censura la violazione dell'art. 2233 c.c. perché la Corte non ha valutato la proporzionalità del compenso all'attività svolta dall'avvocato, visto che ammonta al 33% del risarcimento.
- Con il terzo lamenta l'omessa pronuncia della Corte sulla nullità o annullabilità della prima scrittura privata.
Agli avvocati anche compensi superiori ai massimi tariffari
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Il primo motivo è infondato perché finalizzato a chiedere la revisione della ricostruzione della volontà delle parti operata dalla Corte d'Appello, attraverso l'applicazione dei canoni ermeneutici previsti in materia contrattuale. Revisione che investe profili di merito, insindacabili in sede di legittimità. La Corte inoltre ha dato ampia e congrua motivazione sulle doglianze sollevate dall'attore sul contenuto della conversazione telefonica poi trasfusa il giorno successivo nella scrittura, contente l'indicazione della nuova misura del compenso spettante all'avvocato.
Infondato anche il secondo motivo perché il codice civile, quando si tratta di compensi spettanti ai prestatori di opera intellettuale "pone una gerarchia di ordine preferenziale, indicando in primo luogo l'accordo delle parti ed in via soltanto subordinata le tariffe professionali, ovvero gli usi, le pattuizioni tra le parti risultano dunque preminenti su ogni altro criterio di liquidazione."
Da sottolineare inoltre come, per quanto riguarda gli avvocati, la Cassazione più volte ha ritenuto valida la convenzione con cui le parti si accordano su compensi superiori al massimo tariffario "vigendo il principio di ammissibilità e validità di convenzioni aventi ad oggetto i compensi dovuti agli avvocati, anche con misure eccedenti quelle previste dalle tariffe forensi."
Priva di fondamento infine anche la censura relativa alla prima scrittura privata, visto che la Corte d'Appello l'ha considerata superata dalla nuova pattuizione intervenuta dopo la conversazione telefonica.
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Scarica pdf Cassazione n. 2631/2021• Foto: 123rf.com