- Il periodo di comporto
- Giorni di malattia nel contratto collettivo
- Nei giorni di malattia si contano i giorni festivi?
Il periodo di comporto
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Il lavoratore in malattia ha diritto alla conservazione del posto durante la propria assenza dal lavoro, il che vuol dire che non può essere licenziato per il solo fatto di essere malato.
Tuttavia, per contemperare le esigenze di tutte le parti del rapporto lavorativo, e quindi anche quelle del datore di lavoro, il nostro ordinamento prevede il cd. periodo di comporto, che è il periodo di tempo superato il quale il lavoratore in malattia può essere licenziato.
Proprio a tale proposito ha senso chiedersi quanti giorni di malattia si possono fare in un anno: se è vero che la malattia non è causa di licenziamento, è anche vero che se si supera un certo numero di giorni il lavoro può essere perso.
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Giorni di malattia nel contratto collettivo
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La durata del periodo di comporto, e quindi il numero di giorni di malattia per i quali è previsto il diritto a conservare il lavoro, non è fissa ma varia a seconda della posizione ricoperta e del settore nel quale si lavora.
Non vi è quindi una durata prestabilita dalla legge ma, per scoprire quanti giorni di malattia si possono fare in un anno, occorre guardare alle previsioni del contratto collettivo di riferimento e verificare cosa dice in proposito.
Partendo, tuttavia, da un presupposto cui fare attenzione: il comporto può essere secco o per sommatoria, ovverosia riguardare un'unica malattia senza interruzioni o la somma di tutte le assenze per malattia relative a un determinato arco temporale.
Nei giorni di malattia si contano i giorni festivi?
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Salvo che il contratto collettivo non preveda espressamente il contrario, nel calcolo del periodo di comporto vanno computati anche i giorni festivi non lavorativi, comprese le festività infrasettimanali, purché ricadano nel periodo di malattia certificato.
Si precisa che, come chiarito dalla giurisprudenza, i giorni festivi vanno computati anche se il primo certificato attesta la malattia sino all'ultimo giorno lavorativo precedente la festività e il secondo la attesti a partire dal primo giorno lavorativo successivo (v., ad esempio, Cass. n. 24027/2016).
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