- Carta dei principi dello sport per tutti
- La donna nello sport: evoluzione
- Il concetto di sesso debole nello sport
- L'epoca della svolta
- Il vero e proprio passo verso la parità
- Il comma 2 dell'art 94 della Norme Organizzative Interne della FIGC
- L'intervento legislativo
Carta dei principi dello sport per tutti
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La "Carta dei principi dello sport per tutti", redatta nel dicembre del 2002, recita nel suo primo articolo: "Praticare lo sport è un diritto dei cittadini di tutte le età e categorie sociali".
Tuttavia Lo sport è da sempre un mondo maschile e maschilista e le donne hanno dovuto faticare per conquistarsi il proprio spazio anche in ambito sportivo.La donna nello sport: evoluzione
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La storia dello sport tuttavia è stata a lungo caratterizzata da una netta predominanza maschile e il campo delle attività sportive è, a tutt'oggi, segnato da profonde differenze di genere: gli uomini partecipano più delle donne alla pratica sportiva e, al contempo, gli sport maschili sono più rilevanti sia economicamente sia culturalmente.Lo sport un tempo veniva collegato ai concetti di forza e fatica che male si abbinavano alle donne, da sempre legate all'idea di grazia e gentilezza. Per poter coniugare lo sport al femminile dobbiamo aspettare il 1800, quando nei palazzi inglesi e francesi le nobildonne iniziarono a cimentarsi in giochi di movimento.
Il concetto di sesso debole nello sport
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Troppo deboli, troppo emotive e poco competitive: in tema di donne sportive e stereotipi sono queste le tre caratteristiche spesso attribuite al "gentil sesso". Anche se da qualche decennio, precisamente tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, le donne hanno cominciato a ritagliarsi un ruolo importante in discipline sportive prima a loro "estranee", praticate in esclusiva dagli uomini, proseguendo sul lungo percorso di emancipazione femminile nello sport.Nonostante queste evidenti differenze, per molto tempo le scienze sociali non si sono interrogate sulle disuguaglianze di genere in relazione alla pratica sportiva. Le differenze tra il coinvolgimento maschile e quello femminile nello sport venivano riportate a differenze originarie e naturali fra maschi e femmine: forti, competitivi e attivi i primi; deboli, remissive e passive le seconde. In altri termini, sportivi i primi, sedentarie le seconde. L'argomentazione che gli sport sono un terreno naturale per i maschi, date le loro caratteristiche fisiche, è ancora ampiamente condivisa nelle nostre società.
L'epoca della svolta
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Tra gli anni Settanta e Ottanta si sono diffuse in Occidente discipline come l'aerobica e il fitness grazie ai movimenti femministi che, tra le altre cose, determinarono una svolta nella considerazione del corpo femminile.Questi sono gli anni in cui Sara Simeoni si distinse come altista, detenendo il primato, lungo ben 36 anni dal 1971 al 2007, di 2,01 metri nel salto in alto. Era il 1980 quando vinse le Olimpiadi di Mosca.
Martina Navratilova, tennista ceca naturalizzata statunitense, è ancora oggi considerata una delle migliori tenniste di tutti i tempi. Inserita nella International Tennis Hall of Fame nel 2000, detiene record assoluti, sia a livello femminile sia maschile. Ha vinto ben 59 prove nel Grande Slam ed è l'unica al mondo ad aver primeggiato in tutte le specialità del torneo: un talento da vera fuoriclasse.
Oggi, la donna può praticare tutti gli sport che vuole, ma in certi Stati, in Oriente per esempio, la donna non ha gli stessi diritti dell'uomo, essendo obbligata a portare ancora il velo, e gli si vieta anche di partecipare alle competizioni sportive. Per una donna lo sport è benefico, ha molte influenze positive per la sua salute, per il suo stato d'animo. Il ritratto di una donna che pratica lo sport è molto positivo: è allegra, forte, ottimista, decisa a vincere.
Il vero e proprio passo verso la parità
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Solo con il calcio femminile, in Italia, stanno lanciando i primi segnali del processo si parità di sessi. La crescita c'è e non si fermerà, soprattutto dopo che diverse società professionistiche hanno deciso di investire in maniera consistente nelle proprie squadre femminili. Club come Juventus, Fiorentina, Milan e Inter non hanno esitato a concentrare i propri sforzi per sviluppare un settore femminile all'altezza. Il potenziale economico e tecnico del calcio femminile non è più un mistero e l'ingresso in club così importanti promette sviluppi e cambiamenti essenziali in modo celere. La strada verso il professionismo ora appare meno in salita.Il comma 2 dell'art 94 della Norme Organizzative Interne della FIGC
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"Le calciatrici e gli allenatori tesserati per società che disputano i Campionati Nazionali di Serie A e di Serie B della Divisione Calcio Femminile devono tuttavia sottoscrivere, su apposito modulo fornito dalla F.I.G.C., accordi economici, annuali o pluriennali, per un periodo massimo di tre stagioni, che prevedano per le loro prestazioni sportive l'erogazione di una somma lorda non superiore a Euro 30.658,00 per ciascuna annualità, da corrispondersi in rate mensili di uguale importo entro la stagione sportiva di riferimento, nel rispetto della legislazione fiscale vigente. Oltre all'importo annuale lordo di cui sopra, tali accordi possono anche prevedere la corresponsione di somme a titolo di indennità di trasferta, rimborsi spese forfettari, voci premiali e rimborsi spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto, sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale, nel rispetto della legislazione fiscale vigente"Risulta subito chiaro come il contratto nel calcio femminile debba al più presto cambiare, adeguandosi a parametri coerenti con quelli che sono gli impegni di un professionista.
L'intervento legislativo
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Dal punto di vista legislativo ci sono stati due interventi. Il primo, nel dicembre 2019, con un emendamento alla legge di bilancio, a firma Nannicini-Matrisciano. Questo intervento è stato assorbito e superato da un altro emendamento, sempre a firma Nannicini, al decreto rilancio di novembre 2020. La volontà del legislatore mira a non voler imporre il professionismo femminile in maniera coatta da un punto di vista normativo, ma di intervenire per favorire le condizioni all'introduzione e allo sviluppo di tale regime. Così come già avveniva con la legge 81/91, viene salvaguardata l'indipendenza delle federazioni, lasciando loro la facoltà di riconoscere lo status di professionista ai propri tesserati: donne e uomini.Nella realtà odierna, con le calciatrici relegate allo status di dilettanti, il rapporto tra queste e le società sportive non viene normato attraverso la stipula di un contratto di lavoro, ma di un semplice accordo economico.
Ciò comporta che le atlete possono essere retribuite secondo diverse modalità: un rimborso spese e indennità di trasferta, che non può superare la cifra di 61,97 o di 77,47 euro al giorno, a seconda che si tratti del periodo di preparazione o della stagione agonistica; un rimborso forfettario annuale diviso in 10 mensilità dell'importo massimo di 30.658 euro all'anno. Nel secondo caso è possibile stipulare un accordo economico pluriennale per un massimo di tre anni, che consente di aggiungere alla cifra annuale pattuita, la corresponsione di un ulteriore bonus.
Poichè non c'è forma di lavoro subordinato, alle calciatrici è preclusa la possibilità di accedere in futuro alla pensione erogata dallo stato. In caso di maternità le atlete non hanno alcuna forma di tutela e i loro accordi possono essere risolti dalle società di appartenenza. E' evidente che l'evoluzione normativa è un segno di abbandono di una antico retaggio.
Sicuramente la strada è ancora lunga, ma finalmente c'è stato un passo concreto verso il professionismo nello sport femminile, una svolta storica che tra un limite e l'altro rappresenta un grande successo per lo sport e per le donne, con l'auspicio che presto sia applicato e si diffonda in tutti gli altri sport.
AVV. MARIA CARMELA CALLA'
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Pec: maria.calla@avvocatilocri.legalmail.it
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