La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 4211/2007) ha stabilito che è legittimo il comportamento dei sanitari che praticano la trasfusione di sangue nel ragionevole convincimento che il primitivo rifiuto del paziente non fosse più valido ed operante. Osservano infatti i Giudici di Piazza Cavour che se il trattamento trasfusionale si rende necessario per scongiurare un imminente pericolo di vita del paziente, il sanitario che lo ponga in essere nonostante sia a conoscenza del rifiuto del paziente stesso, pone in essere un comportamento scriminato ex art. 54 c.p. e, conseguentemente una volta "esclusa l'illiceità di tale comportamento" deve escludersi "la sussistenza di un qualsiasi danno risarcibile". I Giudici del Palazzaccio hanno infine ribadito che "il dissenso, come il consenso, deve essere in equivoco, attuale, effettivo e consapevole".
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