Con una recente pronuncia (Sent. n. 4177/2007) la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare un argomento già esaminato dalle Sezioni Unite con la celebre Sentenza Franzese (Sent. n. 30328/2002) ovvero quello relativo al valore da attribuire, in sede di accertamento della responsabilità medica, alle leggi statistiche. "La risposta sulla sussistenza o meno del nesso eziologico non può essere, in effetti, esaustivamente e semplicisticamente trovata, sempre e comunque, nelle leggi statistiche. (…) Però, non può neppure affermarsi che le leggi statistiche, in precedenza considerate decisive, debbano essere completamente trascurate. Le leggi statistiche, in vero, sono solo uno degli elementi che il giudice può e deve considerare, unitamente a tutte le altre emergenze del caso concreto. Con la conseguenza che il giudizio positivo sulla sussistenza del nesso eziologico non si baserà più solo sul calcolo aritmetico statistico (quale che sia la percentuale rilevante), ma dovrà trovare il proprio supporto nel l'apprezzamento di tutti gli specifici fattori che hanno caratterizzato la vicenda concreta. Il giudice, in buona sostanza, potrà (anzi, dovrà) partire dalle leggi scientifiche di copertura e in primo luogo da quelle statistiche, che, quando esistano, costituiscono il punto di partenza dell'indagine giudiziaria. Però, dovrà poi verificare se tali leggi siano adattabili al caso esaminato, prendendo in esame tutte le caratteristiche specifiche che potrebbero minarne in un senso o nell'altro il valore di credibilità, e dovrà verificare, altresì, se queste leggi siano compatibili con l'età, il sesso, le condizioni generali del paziente, con la presenza o l'assenza di altri fenomeni morbosi interagenti, con la sensibilità individuale ad un determinato trattamento farmacologico e con tutte le altre condizioni, presenti nella persona nel cui confronti è stato omesso il trattamento richiesto, che appaiono idonee ad influenzare il giudizio di probabilità logica. In una tale prospettiva, il dato statistico, lungi dall'essere considerato ex se privo di qualsivoglia rilevanza, ben potrà essere apprezzato dal giudice, nel caso concreto, ai fini della sua decisione, se riconosciuto come esistente e rilevante, unitamente a tutte le altre emergenze fattuali della specifica vicenda sub iudice, apprezzando in proposito, laddove concretamente esistenti ed utilizzabili, oltre alle leggi statistiche, le regole scientifiche e quelle dettate dall'esperienza. È ovvio poi che, in questo giudizio complessivo, il giudice dovrà verificare l'eventuale emergenza di fattori alternativi che possano porsi come causa dell'evento lesivo, tali da non consentire di poter pervenire ad un giudizio di elevata credibilità razionale al di là di ogni ragionevole dubbio sulla riconducibilità di tale evento alla condotta omissiva del sanitario. Ed è altresì ovvio che, in questo giudizio complessivo, il giudice dovrà porsi anche il problema dell'interruzione del nesso causale, per l'eventuale, possibile intervento nella fattispecie di una causa eccezionale sopravvenuta rispetto alla condotta sub iudice del medico idonea ad assurgere a sola causa dell'evento letale (articolo 41, comma 2, c.p.). Nel rispetto di tale approccio metodologico, il giudizio finale, laddove di responsabilità a carico del sanitario, non potrà che essere un giudizio supportato da un alto o elevato grado di credibilità razionale ovvero da probabilità logica; mentre l'insufficienza, la contraddittorietà e/o l'incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale e, quindi, il ragionevole dubbio sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico, rispetto ad altri fattori interagenti o eccezionalmente sopravvenuti nella produzione dell'evento lesivo, non potrà che importare una conclusione liberatoria". Sulla base di tale principio la Corte ha respinto il ricorso proposto da un sanitario avverso la decisione dei giudici di secondo grado che, a fronte della morte di un uomo sottoposto in regime di "day surgery" ad intervento chirurgico per ernia inguinale sinistra e testicolo ritenuto decedeva per scompenso cardio-circolatorio acuto a causa di shock settico, lo avevano condannato per aver omesso di formulare un'ipotesi diagnostica, di attivarsi per consentirla in futuro prescrivendo e/o richiedendo accertamenti e consulenze e per aver sottovalutato un quadro clinico certamente idoneo a destare il concreto sospetto di un processo settico in atto.
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