"In materia di colpa professionale di 'équipe', ogni sanitario è responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attività degli altri componenti dell' "équipe" in modo da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri, purché siano evidenti per un professionista medio, giacché le varie operazioni effettuate convergono verso un unico risultato finale". E' quanto si legge in una recente pronuncia della Corte di Cassazione Penale (Sent. n. 33619/2006) che ha dichiarato inammissibile un ricorso promosso avverso una sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che aveva ritenuto responsabili due medici anestesisti, già condannati in primo grado, della morte di una paziente intervenuta nel corso di un intervento di parto cesareo per avere entrambi errato la manovra dell'intubazione a seguito dell'anestesia generale introducendo per due volte la cannula nell'esofago invece che in trachea e determinando, così, anossia prolungata con exitus. Secondo i Giudici di secondo grado, infatti, "appariva priva di pregio" la tesi difensiva del secondo anestesista, secondo cui questi avrebbe svolto un ruolo del tutto marginale nella vicenda mentre responsabile dell'intervento sarebbe stato l'atro anestesista. La Corte di Appello - continuano sempre i giudici di legittimità - non ha mancato di precisare che "nella concreta fattispecie si è trattato di errori piuttosto banali e comunque relativi proprio alla attività di anestesista del secondo anestesista. Questi non si è avveduto della prima manovra di intubazione eseguita dal primo anestesista, ed ha provveduto ad effettuare la seconda, erronea; sicché "ha partecipato attivamente alle due fasi della anestesia, entrambe errate".
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