Per gli Ermellini, spetta al contribuente provare che le somme incassate con assegni circolari non sono imponibili se vuole ottenere l'annullamento dell'accertamento del Fisco

Accertamenti tributari per assegni circolari corrisposti a un avvocato

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Il libero professionista che incassa assegni circolari e viene raggiunto da accertamenti tributari può ottenere l'annullamento degli stessi solo se riesce a dimostrare che il denaro incassato non è riferibile e importi imponibili per legge. Questo in sintesi quanto sancito dalla Cassazione nella sentenza n. 8718/2021 (sotto allegata) al termine di una vicenda che vede contrapporsi il Fisco e un avvocato. Vediamo come sono andate le cose.

Il Fisco notifica a un contribuente diversi avvisi di accertamento con i quali riprende a tassazione ai fini Irpef, Irap e Iva alcuni importi, a titolo di maggiori compensi, derivanti dallo svolgimento di lavoro autonomo e non dichiarati. Trattasi nello specifico di assegni circolari dell'importo complessivo di 90.307,69 euro corrisposti dallo Studio legale di cui il contribuente è associato e dei quali, ad avviso dell'Ufficio, lo stesso non ha fornito adeguata motivazione.

Il legale ricorre dapprima alla CTP, ma risultando soccombente in detta sede ricorre alla CTR, che però rigetta nuovamente le doglianze dell'avvocato perché lo stesso non ha fornito la prova documentale in grado di dimostrare, anche per presunzioni, a che titolo gli sono stati corrisposti i suddetti assegni circolari "non essendo evincibile dalla documentazione contabile dello studio associato la corrispondenza delle stesse con la distribuzione di quote di utile di annualità pregresse e non potendo a tale carenza sopperirsi con i calcoli effettuati dall'appellante inidonei a dimostrare quale fosse il credito da lui vantato nei confronti dello studio, né tantomeno le argomentazioni relative al conto - associati c/prelevamenti e versamenti- potevano, stante il contrasto con le scritture contabili analizzate, ritenersi idonee a superare la presunzione legale."

Spetta all'ufficio dimostrare la provenienza delle somme

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A questo punto il legale ricorre in Cassazione innanzi alla quale solleva ben 11 motivi di ricorso, dei quali, per l'argomento specifico che interessa approfondire in questa sede merita di essere menzionato quello con cui il quale contesta alla CTR di avere ritenuto non assolto da parte sua l'onere probatorio sulla provenienza delle somme percepite con assegni circolari. Lo stesso infatti, per la CTR non è stato in grado di provare né con documenti, né per presunzioni, che quel denaro fosse riconducibile a distribuzione di utili delle annualità pregresse dello Studio associato di cui è membro. Carenze probatorie che secondo il ricorrente sono attribuibili all'ufficio fiscale, che ha dato rilevanza, in sede di accertamento, solo ai documenti di terzi, ossia dello studio associato.

Onere del contribuente provare che le somme versate non sono imponibili

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Motivo che la Corte, rigettando il ricorso, ritiene infondato in quanto "in materia di accertamenti bancari, la giurisprudenza della Corte di cassazione è ferma nel ritenere che, qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto, secondo l'art 32 del D.P.R 600/1973, comma 1, n. 2), attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova, a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili, dalla movimentazione bancaria, non sono riferibili e operazioni imponibili."

La Cassazione inoltre ricorda che: "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività libero professionale o di lavoratore autonomo), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell'affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell'estraneità delle stesse alla sua attività."

Alla luce di queste e di ulteriori considerazioni che la Cassazione evidenzia nella motivazione, enuncia infine il seguente principio di diritto: "le operazioni bancarie in extra-conto, quali quelle di incasso di assegni circolari, sono equiparabili ai versamenti (perché la somma, proveniente da un terzo, viene trattenuta dall'interessato che cambia l'assegno in cassa senza transitare per il conto) e rientrano nella categoria degli "importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni" cui l'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, in materia di imposte sui redditi, ricollega, accanto ai prelevamenti (per le sole attività imprenditoriali), la presunzione legale relativa di imputazione a ricavi o compensi."

Leggi anche La prova per presunzioni nel processo tributario

Scarica pdf Cassazione n. 8718/2021

Foto: 123rf.com
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