"L'art. 12 bis aggiunto alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 16, statuisce che "il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze ed in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza". Al riguardo va osservato che l'espressione "titolare di assegno ai sensi dell'art. 5" usata dal legislatore, non può essere intesa in senso letterale ostandovi, dal punto di vista sistematico, il successivo riferimento all'attribuzione del diritto alla quota del trattamento di fine rapporto anche se esso "viene a maturare dopo la sentenza". Tale ultima statuizione implica, infatti, necessariamente, che quel diritto deve ritenersi attribuibile anche ove il trattamento di fine rapporto sia maturato prima della sentenza di divorzio, quando ancora non possono esservi soggetti titolari dell'assegno divorzile, tali potendosi divenire solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, ovvero di quella, ancora successiva, che lo abbia liquidato, avendo tali sentenze effetto costitutivo. E' quanto ha osservato in una recente pronuncia la Corte di Cassazione (Sent. 24057/06) nel rigettare un ricorso proposto avverso una sentenza della Corte di Appello di Trento, ricorso in cui il ricorrente sosteneva che "quando un coniuge abbia maturato e percepito il TFR dopo il deposito del ricorso introduttivo del procedimento di divorzio e prima della sentenza dichiarativa del divorzio e attributiva dell'assegno divorzile, la quota del TFR non spetterebbe all'altro coniuge, a meno che la sentenza non abbia previsto espressamente la retroattività dell'assegno alla data di presentazione del ricorso". Più precisamente i giudici di legittimità hanno rilevato che "contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, infatti, in relazione alla ratio dell'art. 12 bis deve ritenersi irrilevante la circostanza che l'assegno divorzile sia stato o meno attribuito con efficacia retroattiva, essendo illogico ed estraneo a detta ratio ritenere che il legislatore abbia condizionato il diritto alla quota dell'indennità di fine rapporto a un fattore del tutto eventuale, dipendente da una valutazione discrezionale del giudice, quale è quella relativa alla retroattività dell'indennità di divorzio".
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