- Colpa professionale per il medico che sceglie la terapia più rischiosa
- Imputazione per lesioni conseguenti a intervento chirurgico
- Intervento eseguito dopo un'errata diagnosi
- Responsabile il medico che opera senza eseguire gli accertamenti del caso
Colpa professionale per il medico che sceglie la terapia più rischiosa
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Con la sentenza n. 12968/2021 (sotto allegata) la Cassazione ribadisce che la colpa professionale del medico è integrata anche quando, tra due terapie possibili, sceglie di ricorrere a quella più rischiosa per il paziente. Tale condotta imprudente e negligente, se produttiva di lesioni ai danni del paziente, comporta infatti la sua responsabilità penale.
L'attività del medico del resto deve essere improntata alla massima prudenza, per cui, se il sanitario si trova di fronte a due alternative terapeutiche, prima di scegliere quale strada intraprendere, deve sottoporre il paziente a tutti gli accertamenti diagnostici anche di tipo strumentale, prima di optare per l'intervento chirurgico.
Ma vediamo come si sono svolti i fatti che hanno condotto all'accoglimento delle istanze della persona offesa, che ha presentato denuncia querela per lesioni nei confronti di due sanitari.
Imputazione per lesioni conseguenti a intervento chirurgico
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Il direttore del reparto di ostetricia e ginecologia e un urologo vengono assolti sia in primo che in secondo grado dall'imputazione per il reato di lesioni colpose gravi di cui all'art. 590 c.p. comma 2, perché il fatto non sussiste.
Nell'accusa viene contestato ai due medici di aver sottoposto la persona offesa a un intervento chirurgico senza prima avere compiuto i necessari accertamenti diagnostici strumentali, che avrebbero escluso l'esistenza della patologia per la quale la paziente è stata operata.
Di diverso avviso i consulenti degli imputati, per i quali la lesione cagionata alla donna è stata il frutto di una complicanza del tutto imprevedibile, mentre la patologia neurologica all'arto inferiore preesisteva all'intervento in quanto la paziente risultava affetta dalla Sindrome di Sjogren dal 2006.
Il giudizio prosegue, ma solo nei confronti del direttore perché la parte civile si costituisce in giudizio solo contro questo imputato.
Intervento eseguito dopo un'errata diagnosi
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Senza scendere troppo nel dettaglio delle valutazioni a cui sono giunti i giudici di merito, arriviamo al punto in cui la parte civile impugna la sentenza di assoluzione della Corte di Appello in cui solleva ben 4 motivi di ricorso, che in questa sede non rileva riportare.
Il punto centrale del ricorso in Cassazione deve infatti rinvenirsi nella contestazione dell'intervento chirurgico, eseguito sulla paziente a causa di una errata diagnosi.
Responsabile il medico che opera senza eseguire gli accertamenti del caso
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La Cassazione al termine di una sentenza di 28 pagine accoglie il ricorso della parte civile ritenendolo fondato. Tralasciando le questioni irrilevanti concentriamo l'attenzione sui passi della sentenza che si occupano della colpa medica.
Come precisano infatti gli Ermellini a pag. 24 della sentenza il punto centrale della "problematica è rinvenibile nel mancato approfondimento della tematica prospettata dalla difesa di parte civile, secondo cui, in caso di previo espletamento di tutti gli esami preventivi del caso, poteva ragionevolmente essere scoperta l'inesistenza della endometriosi così evitando l'intervento chirurgico rischioso." Del resto l'endometriosi è stata esclusa, come emerge dalla biopsia effettuata dopo l'intervento.
Ragione per la quale la Cassazione ricorda che, per sua costante giurisprudenza, il sanitario "posto di fronte all'alternativa di stabilire la terapia curativa" è tenuto a "preferire la soluzione meno pericolosa per la salute del paziente, tanto più laddove una di esse sia costituita da un intervento idoneo a produrre molto probabilmente effetti demolitivi permanenti (nella fattispecie la lesione dell'uretre). E' ravvisabile colpa, pertanto, nel comportamento del sanitario, il quale si astiene da un intervento che la comune cultura nel settore ritiene oltremodo rischioso e giudica utile solo in caso di certezza di una determinata diagnosi, che non era in condizioni di avere".
Il medico è obbligato ad acquisire tutte le informazioni necessarie sia dal paziente che da altre fonti affidabili, per garantire la correttezza del trattamento chirurgico. La colpa medica professionale per errore diagnostico si configura infatti, non solo quando costui non riesce a inquadrare il caso clinico in una patologia specifica in presenza di uno o più sintomi, ma anche quando omette di eseguire o disporre controlli ulteriori e doverosi per procedere a una corretta formulazione della diagnosi.
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Scarica pdf Cassazione n. 12968/2021