D'ora in avanti prima di impegnare una corsia di emergenza si dovrà avere un valido e "giustificato motivo". E' quanto afferma la Corte di Cassazione (Sent. 7357/2007) che ha respinto il ricorso di un automobilista multato proprio per aver circolato in una corsia di emergenza.
A sua discolpa, l'automobilista aveva dedotto di essersi trovato inbottigliato nel traffico e di aver scelto la corsia di emergenza per "motivi di salute" essendo affetto da una ipoacusia neurosensoriale bilaterale documentata da certificazione medica e temendo possibile pregiudizio per la sua persona.
I giudici della Corte hanno rilevato che l'onere di provare una "esimente reale o putativa", è a carico dell'autore dell'infrazione "non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio, e l'allegazione da parte dell'imputato dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessita' deve basarsi, non gia' su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, bensi' su dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo all'imputato di trovarsi in tale stato".
La Cassazione ha ritenuto che nella fattispecie "non ricorresse alcuna necessita' di salvare se' o altri dal pericolo attuale e immediato di un danno grave alla persona".
A sua discolpa, l'automobilista aveva dedotto di essersi trovato inbottigliato nel traffico e di aver scelto la corsia di emergenza per "motivi di salute" essendo affetto da una ipoacusia neurosensoriale bilaterale documentata da certificazione medica e temendo possibile pregiudizio per la sua persona.
I giudici della Corte hanno rilevato che l'onere di provare una "esimente reale o putativa", è a carico dell'autore dell'infrazione "non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio, e l'allegazione da parte dell'imputato dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessita' deve basarsi, non gia' su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, bensi' su dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo all'imputato di trovarsi in tale stato".
La Cassazione ha ritenuto che nella fattispecie "non ricorresse alcuna necessita' di salvare se' o altri dal pericolo attuale e immediato di un danno grave alla persona".
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