- Nessuna conseguenza per la violazione dei DPCM: lockdown illegittimo
- Resistenza a pu e inosservanza di un provvedimento dell'Autorità
- Illegittima la delibera sullo stato di emergenza e i DPCM successivi
Nessuna conseguenza per la violazione dei DPCM: lockdown illegittimo
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Non può essere contestato a due stranieri il reato d'inosservanza dei provvedimenti d'Autorità per aver circolato durante il lockdown a bordo di uno scooter perché la delibera del Consiglio dei ministri che ha dichiarato lo stato di emergenza deve considerarsi illegittima così come tutti i DPCM e gli atti amministrativi conseguenti. Questa la motivazione di 17 pagine contenuta nella sentenza n. 419/2021 (sotto allegata) del Tribunale di Pisa, al termine di una vicenda in cui, come in altre precedenti, viene messa in discussione la legittimità dei provvedimenti emessi dal Presidente del Consiglio durante lo stato di emergenza causato dalla pandemia da Covid 19.
Resistenza a pu e inosservanza di un provvedimento dell'Autorità
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Due cittadini stranieri vengono citati in giudizio, uno per il reato di resistenza a pubblico ufficiale ed entrambi per quello di "Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità" contemplato dall'art 650 c.p, che punisce "Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 206."
Circolano durante il lockdown a bordo di uno scooter e il conducente fugge al controllo
Per quanto riguarda il reato di cui all'art. 650 c.p, dalle dichiarazioni rese dai Carabinieri, risulta che in data 19 marzo 2020 decidevano di sottoporre a controllo i due imputati perché all'epoca vigeva il divieto di circolazione per l'emergenza Covid.
Ai due imputati, a bordo di uno scooter, veniva intimato infatti l'alt con una paletta. Il passeggero scendeva dal motociclo, mentre il conducente riusciva a dileguarsi. In seguito però, grazie alla targa dello scooter, risalivano al proprietario del mezzo e poi al conducente dello scooter che si era dato alla fuga. Costui veniva quindi condotto in caserma e identificato.
Per il P.M nel caso di specie risulta pienamente integrato il reato di resistenza a pubblico ufficiale. In relazione a quello d' inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità di cui all'art. 650 c.p per violazione degli ordini imposti dal DPCM dell'8 marzo 2020, chiede invece l'assoluzione degli imputati perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Chiede quindi la trasmissione degli atti al Prefetto affinché venga comminata la relativa sanzione amministrativa.
Illegittima la delibera sullo stato di emergenza e i DPCM successivi
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Il Tribunale di Pisa, in linea con le richieste del P.M condanna l'imputato accusato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, concesse le attenuanti generiche, alla pena della reclusione di 4 mesi e al pagamento delle spese processuali. Assolve però entrambi gli imputati dal reato d'inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità perché il fatto non sussiste.
Per il Tribunale il DPCM datato 08.03.2021 non costituisce un provvedimento legalmente dato dall'Autorità, come richiede la fattispecie di cui all'art. 650 c.p. per la sua integrazione.
A sostegno della sua decisione il giudicante premette e rileva che durante il lockdown sono state compresse alcune libertà fondamentale per tutelare la salute pubblica.
La Corte Costituzionale però ha rilevato l'incostituzionalità dei DPCM emanati dopo la delibera dichiarativa dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri del 31.01.2020. Delibera emessa in assenza di un legittimo presupposto legislativo, in quanto tra i poteri del Consiglio dei Ministri non figura quello di "dichiarare lo stato di emergenza sanitaria."
L'illegittimità di questo provvedimento rende quindi illegittimi tutti i provvedimenti successivi, finalizzati al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica e a cascata tutti gli atti amministrativi conseguenti.
Ricorda poi che la libertà personale contemplata dall'art. 13 della Costituzione può essere compressa solo "per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge (…)" e che solo in "casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori (...)."
Ne consegue che, per limitare la libertà di spostamento di una persona, anche all'interno del territorio in cui vive, traducendosi tale limitazione in un obbligo di permanenza domiciliare, sono necessari una disposizione specifica di legge e un atto motivato dell'Autorità giudiziaria. Conclusioni similari per il diritto di circolazione contemplato dall'art. 16 della Costituzione, che può essere limitato con legge per ragioni di sanità e sicurezza.
Il Tribunale segnala infine un ricorrente difetto di motivazione dei provvedimenti amministrativi adottati perché adottati in violazione a quanto sancito dall'art. 3 della legge n. 241/1990, che definisce invalido il provvedimento privo di motivazione o che non esprime compiutamente "i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche alla base dell'atto, ovvero non indichi il fatto a cui fa riferimento per la motivazione o non lo renda disponibile. " Ipotesi quest'ultima verificatasi nel caso di specie in quanto i DPCM sono ricorsi alla motivazione "per relationem" che rimandava ai verbali del Comitato tecnico scientifico, che però sono stati resi noti dopo molto tempo perché classificati inizialmente come "secretati" o "riservati". Condizione che ha impedito l'accesso agli atti e la tutela giurisdizionale dei cittadini, con conseguente invalidità di detti provvedimenti.
Non si può quindi dubitare, in conclusione, dell'illegittimità dei DPCM che hanno compresso diritti e libertà fondamentali, compreso quello dell'8/03/2020 e di tutti gli atti conseguenti che interessano in questa sede.
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