Il licenziamento di 90 dipendenti del settore logistico di questi giorni fa sorgere il dubbio sulla legittimità dei licenziamenti comunicati via chat

Licenziamento comunicato con WhatsApp

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Licenziati con un messaggio WhatsApp. Questo quanto capitato di recente ai 90 dipendenti di una multinazionale del settore logistico dell'interporto di Bologna, alcuni dei quali in ferie, che si sono visti recapitare sul proprio cellulare un messaggio del seguente tenore: "Buonasera, a seguito della riduzione delle attività nella data di lunedì lei sarà dispensato dalla sua attività lavorativa. Il trattamento economico verrà garantito con gli strumenti previsti di legge. Cordiali saluti."

Una pratica fortemente criticata dalla politica, a partire dal presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini che ha dichiarato "Faremo di tutto per impedire un colpo di mano che calpesta in primo luogo la dignità dei lavoratori" aggiungendo che sarà coinvolto "il ministero del Lavoro, per chiedere con fermezza il rispetto delle procedure previste, rigettando blitz di qualsiasi tipo", sino all'aula di Montecitorio dove si è affermato che licenziare con WhatsApp "non è da paese civile".

Detto questo, per quanto criticabile dal punto di vista etico, cerchiamo di capire se è giuridicamente possibile licenziare un lavoratore con un sms. A dare una riposta sul tema per fortuna sono intervenuti diversi giudici di merito, i quali hanno avuto il pregio di chiarire se e in che termine è legittimo licenziare un dipendente con un messaggino e in quali casi invece non lo è affatto.

Obbligatorio il licenziamento in forma scritta

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L'intervento della giurisprudenza sul tema si è resa necessaria, soprattutto in questi ultimi anni, perché la normativa, per quanto riguarda la forma che il datore deve rispettare quando decide di licenziare un suo dipendente, appare scarna, lacunosa e non aggiornata ai moderni sistemi di comunicazione tecnologica.

La legge n. 604 del 1966, che contiene le norme sui licenziamenti individuali, all'art. 2 dispone infatti solo che: "1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. 2. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. 3. Il licenziamento intimato senza l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 e' inefficace."

Poiché il licenziamento irrogato senza il rispetto della forma scritta non è efficace, bisogna chiarire se un messaggio inviato con WhatsApp può essere equiparato a una comunicazione scritta e sottoscritta dal datore di lavoro.

Il messaggio WhatsApp è un documento informatico?

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Sappiamo infatti che per il Codice dell'Amministrazione digitale (dlgs n. 82/2005), in base alla previsione contenuta nell'art. 20 comma 1 bis: "Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi e' apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, e' formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore. In tutti gli altri casi, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida."

Dalla rapida lettura della norma emerge subito che un messaggio inviato con WhatsApp per prima cosa non è sottoscritto, per cui non c'è possibilità d'identificare il soggetto che intima il licenziamento. In secondo luogo sappiamo benissimo un messaggio può anche essere letto a distanza di giorni rispetto al suo invio, con conseguente pregiudizio del termine di 60 giorni previsto per il impugnare il licenziamento da parte del lavoratore.

Legittimo il licenziamento via WhatsApp perché rispetta la forma scritta

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La giurisprudenza però non è scesa così nel dettaglio nell'analizzare il valore dei messaggi WhatsApp ai fini del licenziamento del lavoratore, tanto è vero che non sono mancate le occasioni in cui ha ritenuto legittimi i licenziamenti intimati in chat.

La Corte di Appello di Catania nel 2017 e a ruota la Corte di Appello di Roma nel 2018 si sono infatti pronunciate a favore del datore di lavoro, considerando legittimo il licenziamento intimato con Whatsapp ai dipendenti, in quanto la normativa, nel prevedere che la comunicazione debba avvenire in forma scritta, di fatto, non specifica nel dettaglio in quali modalità debba estrinsecarsi.

Poiché infatti il messaggio WhatsApp, al pari di una raccomandata o di una email, confermano la ricezione da parte del destinatario, la forma scritta deve considerarsi rispettata, soprattutto se il lavoratore poi impugna il licenziamento nei termini. In questo caso infatti è indubbia la ricezione della comunicazione del licenziamento da parte del lavoratore.

Licenziamento illegittimo se si contesta la provenienza del messaggio

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Non sempre però le conclusioni sul licenziamento in chat sono state del tutto positive per il datore di lavoro.

La Corte di Appello di Firenze ad esempio, nella sentenza n. 629 del 2016 ha precisato che il licenziamento comunicato con un sms è valido solo se non viene contesta l'identità del mittente, con conseguente illegittimità dello stesso se il lavoratore afferma che la comunicazioni scritta con il mezzo telefonico non proviene dal suo datore di lavoro.

Ora, nel caso di specie la Corte ha chiarito che "la comunicazione - letta prima sul display del telefono e poi stampata come documento da produrre in giudizio, fu intesa dal destinatario come l'effettiva comunicazione di un licenziamento, e in tale termini fu quindi oggetto della relativa impugnazione stragiudiziale."

Non solo "mancando ogni contestazione del destinatario sul fatto che il messaggio non fosse integro, completo ed adeguatamente leggibile, o che non desse certezza di provenire dal datore persona fisica quale mittente, non vi sono dubbi che in concreto la modalità informatica di comunicazione della volontà risolutiva del rapporto avesse la forma scritta."

Legittimo il licenziamento via chat a determinate condizioni

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Dalle sentenze emerge che il licenziamento comunicato via chat è legittimo se rispetta le seguenti condizioni:

  • dal messaggio deve emergere in modo chiaro la volontà del datore id lavoro di procedere al licenziamento;
  • il contenuto deve pervenire a conoscenza del lavoratore destinatario;
  • non devono sussistere dubbi sulla provenienza del messaggio da parte del datore di lavoro.

Fatti questi che si intendono dimostrati se il lavoratore impugna la decisione del datore di licenziarlo, perché significa che la forma scritta prevista dal legislatore per effettuare questo tipo di comunicazione ha raggiunto il suo scopo.

Del resto, come ha anche affermato la Cassazione qualche anni fa nella decisione n. 6447/2009, il datore di lavoro è esonerato dall'obbligo di ricorrere a formule sacramentali per comunicare la propria volontà di recedere dal contratto, purché avvenga in modo non equivoco e quanto pare WhatsApp soddisfa queste condizioni.

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Foto: 123rf.com
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