- Risarcimento vittime Covid 19
- La legge italiana sugli indennizzi per danni da vaccini obbligatori
- L'indennizzo spetta anche per vaccinazioni "raccomandate"
- Il consenso informato non esclude la responsabilità
Risarcimento vittime Covid 19
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A luglio si è tenuta la prima udienza intrapresa dai familiari delle vittime del Covid di Bergamo. Una settantina di famiglia chiedono allo Stato di risarcirli per la perdita dei loro cari. Le accuse sono rivolte alle seguenti istituzioni: Ministero della Salute, Regione Lombardia e Governo, accusati di "atti omissivi o commissivi in violazione di legge e disposizioni normative nazionali e sovranazionali." Un'accusa che si sostanzia nella mancata sorveglianza epidemiologica, che avrebbe permesso d'individuare il Covid prima del febbraio 2020 e di salvare quindi molte più vite.
Questo solo uno dei temi legati al risarcimento da parte dello Stato legato alla pandemia Covid. Gli aspetti da trattare in relazione a questo argomento però sono molteplici. Vediamo i più importanti.
La legge italiana sugli indennizzi per danni da vaccini obbligatori
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Un altro aspetto legato al risarcimento danni collegati alla pandemia riguarda le vaccinazioni contro il Covid. In Italia, chi si sottopone a una vaccinazione obbligatoria e riporta dei danni ha diritto a un indennizzo. La legge che riconosce questo diritto è la n 210/1992 che prevede proprio l' "Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati."
Il limite di questa legge però è evidente. Essa riconosce infatti un ristoro economico solo a chi "abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica (…)." Limite che però, è stato superato dalla Corte Costituzionale,
L'indennizzo spetta anche per vaccinazioni "raccomandate"
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Il tema dell'ingiustizia dell'indennizzo per le sole vaccinazioni obbligatorie infatti è stato sollevato qualche anno fa davanti alla Consulta. Ad adire la Corte Costituzionale è stata la Cassazione, che ha sollevato dubbi di costituzionalità dell'art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione
"nella parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge, spetti anche, alle condizioni ivi previste, a soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa di una vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata". Nel caso di specie si trattava di danni derivanti dal vaccino per contrastare la diffusione del virus dell'epatite A.Dubbi più che legittimi, anche alla luce di sentenze precedenti, in cui la Consulta ha assimilato le vaccinazioni obbligatorie con le vaccinazioni raccomandate in quanto "nell'orizzonte epistemico della pratica medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo, cioè la tutela della salute (anche) collettiva. In presenza di una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò di per sé rende la scelta individuale di aderire la raccomandazione obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell'interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli."
Alla luce di questa sentenza, la vaccinazione Covid, non obbligatoria, ma fortemente raccomandata, conduce al riconoscimento di un indennizzo in caso di conseguenze negative sulla salute.
Il consenso informato non esclude la responsabilità
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La campagna vaccinale contro il Covid ha comportato anche il susseguirsi di moduli per il consenso e allegati informativi sugli effetti dei diversi vaccini somministrati, che hanno creato non poca confusione sul punto.
Occorre in ogni caso precisare che la lesione del consenso informato comporta un risarcimento del danno. Il paziente infatti deve essere messo nelle condizioni di esprime un consenso volontario e soprattutto consapevole.
Per fortuna negli anni la giurisprudenza ha chiarito il significato di questo concetto. La sentenza n. 27751/2013 della Suprema Corte ha avuto infatti il pregio di definire l'ampiezza del consenso informato. La stessa ha chiarito infatti che: "il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest'ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l'"id quod plerumque accidit", in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l'intervento e l'evento lesivo."
La domanda che sorge a questo per quanto riguarda il Covid è quindi la seguente: se si firma il modulo del consenso alla vaccinazione e il vaccino crea problemi alla salute, a chi ci si deve rivolgere per avere un risarcimento?
La Cassazione proprio di recente ha avuto modo di chiarire nella sentenza n. 12225/2021, in relazione a un farmaco che ha creato problemi di salute a un paziente, che il produttore è responsabile se il bugiardino presenta un contenuto generico che non consente al consumatore di essere consapevole dei rischi a cui va incontro.
Non è quindi sempre lo Stato a dover risarcire. In ogni caso le questioni legate alla pandemia e al risarcimento dei danni derivanti dalla vaccinazione o da altre questioni ricollegabili alla gestione della pandemia al momento sono ancora scarse. Saranno infatti i tribunali, come sempre, a segnare un sentiero in materia, perché immersi più delle istituzioni, nella realtà quotidiana dei cittadini.
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