- Prova dello stato di ebbrezza
- L'imputazione
- Il procedimento
- Le indagini difensive ex art. 391 bis e ss. c.p.p.
- La giurisprudenza sulla taratura degli strumenti elettronici
- Sull'onere della prova
- La decisione del tribunale di Treviso
Prova dello stato di ebbrezza
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Principi importantissimi emergono dalla sentenza n. 361/2021 del Tribunale di Treviso (sotto allegata) in tema di prova dello stato di stato di ebbrezza. In sostanza, il Giudice rileva l'assenza, nel libretto metrologico prodotto dalla difesa, della visita periodica prescritta dopo l'intervento di riparazione subito dall'etilometro.
L'eccezione si inserisce nel filone inaugurato dalla Cassazione (n. 38618/2019) che impone al PM l'onere della prova anche della corretta funzionalità dell'etilometro, pur facendo salvo l'onere di allegazione da parte della difesa di eccepire elementi sostanziali, idonei a porre in dubbio l'affidabilità dello strumento. In tal senso, a sommesso avviso dello scrivente, rilevante il ruolo del difensore, in particolare in sede di indagini difensive ex artt. 391 bis e segg. c.p.p.
L'imputazione
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Il giudizio ordinario veniva disposto all'esito della rituale opposizione svolta dal difensore dell'imputato al decreto penale di condanna reso dal GIP del Tribunale di Treviso per il reato di cui all'art. 186 co. 2 lett. c) e 2 sexies D.Lvo 285/92 quale conseguenza dell'accertamento svolto dalla Polizia Stradale mediante etilometro da cui si evinceva un tasso alcolemico pari a g/l 186 (prima prova) e 1,74 (seconda prova a distanza di 9 minuti). Il fatto era ulteriormente aggravato dall'orario notturno tra le ore 22 e le 7. La patente, da decreto penale, sarebbe dovuta rimanere sospesa per 36 mesi essendo la vettura appartenente a soggetto diverso dal conducente.
Il procedimento
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L'attività processuale si sviluppava, da un lato, attraverso l'audizione dei Testi del PM, vale a dire gli agenti di Polizia intervenuti, e dalla produzione documentale svolta dal P.M. consistita dagli scontrini dell'etilometro.
Dall'altro, da ampia documentazione resa dal difensore, anche attraverso le indagini difensive da questi svolte.
Le indagini difensive ex art. 391 bis e ss. c.p.p.
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Occorre ricordare come l'attività del difensore possa estrinsecarsi anche attraverso indagini da esso stesso svolte i cui esiti possono confluire all'interno del processo quale oggetto di valutazione da parte del Giudice.
Si ricorda, in particolare, per quanto concerne il reato in oggetto, come l'art. 391 quater c.p.p. indichi che:
1. Ai fini delle indagini difensive, il difensore può chiedere i documenti in possesso della pubblica amministrazione e di estrarne copia a sue spese.
2. L'istanza deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o lo detiene stabilmente.
In tal senso, l'acquisizione del libretto metrologico da parte del difensore appare attività fondamentale al fine di contestare la corretta funzionalità dello strumento.
La giurisprudenza sulla taratura degli strumenti elettronici
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La giurisprudenza, di merito e legittimità formatasi sul punto, trova origine dai principi generali affermati dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 113/2015, che ha sancito l'illegittimità costituzionale dell'art. 45, comma 6, del Codice della Strada, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura.
Sebbene enunciati con riferimento alla differente ipotesi di accertamento tramite sistemi di rilevamento elettronico del rispetto dei limiti di velocità, tali principi sono stati valorizzati dai Tribunali e dalla Corte di Cassazione in senso generale e, quindi, anche agli etilometri.
Infatti, "qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock termini e meccanici, variazioni dell'alimentazione".
Sull'onere della prova
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Storicamente, l'onere della prova della corretta funzionalità dell'etilometro competeva all'imputato il quale, quindi, non poteva limitarsi a sollevare una generica contestazione sull'affidabilità dello strumento, dovendo, invece, indicare specifici elementi a sostegno di siffatta eccezione: il tutto, ovviamente, si riduceva ad una probatio diabolica in quanto lo strumento non è mai nella disponibilità dell'imputato per svolgere gli accertamenti tecnici del caso.
Tuttavia, un primo colpo a siffatto orientamento veniva apportato dalla sentenza resa dalla Cassazione civile (ordinanza n. 1924 del 24.01.2019 sez. VI) che affermava il principio in base al quale "il verbale dell'accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, l'attestazione della verifica che l'apparecchio da adoperare per l'esecuzione del cd. "alcooltest" è stato preventivamente sottoposto alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura; l'onere della prova del completo espletamento di tali attività strumentali grava, nel giudizio di opposizione, sulla P.A. poiché concerne il fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria".
Il principio, affermato dalla Corte civile, trattandosi della violazione dell'art. 186 co. 2 lett. a) e, quindi, di sanzione amministrativa, veniva successivamente ripreso e fatto proprio anche dalla Cassazione penale la quale, per la prima volta (Cass. sez IV n. 38618 del 19.09.2019), ribaltava completamente il precedente indirizzo affermando il principio di diritto per cui "in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo, costituisce onere della pubblica accusa fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro, della sua omologazione e della sua sottoposizione a revisione".
La finalità espressa è stata quella di scongiurare il rischio di una "evidente ed irragionevole distonia" - per usare le parole della Corte - "in particolare tra i settori civile, amministrativo e penale, nella parte in cui l'onere della prova del funzionamento dell'etilometro spetterebbe alla pubblica amministrazione in sede civile e all'imputato in sede penale".
Successivamente, la Corte di Cassazione svolgeva una precisazione che, in realtà, appare un ridimensionamento del principio appena esposto in quanto, nuovamente, investiva l'imputato di un particolare onere che, seppur non paragonabile al precedente, appariva non sempre agevole da rispettare, al fine di contestare la corretta funzionalità dello strumento.
In sostanza, la Suprema Corte (sez. IV Penale, sentenza 12 dicembre 2019 - 27 gennaio 2020, n. 3201) affermava come: "anche nel caso del giudizio penale per guida in stato d'ebbrezza ex art. 186 C.d.S., comma 2, nell'ambito del quale assuma rilievo la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante etilometro, all'attribuzione dell'onere della prova in capo all'accusa circa l'omologazione e l'esecuzione delle verifiche periodiche sull'apparecchio utilizzato per l'alcoltest, debba fare riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio. Il fatto che siano prescritte, dall'art. 379 Reg. esec. C.d.S., l'omologazione e la periodica verifica dell'etilometro non significa che, a sostegno dell'imputazione, l'accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica con i dati relativi all'esecuzione di tali operazioni: tali dati (in quanto riferiti ad attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico sull'imputato) non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza dell'imputato. Perciò è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell'art. 379 Reg.Esec. C.d.S. sia sollecitata dall'imputato, che ha all'uopo un onere di allegazione volto a contestare la validità dell'accertamento eseguito nei suoi confronti"
Il principio pare essere tuttora vigente, non avendo ad oggi lo scrivente verificato pronunce di senso difforme
La decisione del tribunale di Treviso
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Il Tribunale di Treviso, nella decisione in commento, pare aver pienamente seguito l'impostazione della Giurisprudenza appena ricordata.
Afferma il Giudice come "L'accertamento dell'alcolemia effettuato mediante etilometro non consente di ritenere pienamente attendibile il risultato emergente dagli scontrini".
Infatti: "vi sono, invero, molteplici motivi per dubitare dell'efficienza del macchinario utilizzato nel caso di specie e, quindi, dell'attendibilità del risultato degli scontrini in atti".
In particolare, l'esame del libretto metrologico, acquisito al fascicolo, consentiva al Giudice di verificare l'inosservanza alla Circolare 87/91 del Ministero dei Trasporti, prodotta dalla difesa, che impone, dopo ogni intervento di riparazione subito dall'etilometro, una visita periodica
Ancora, il Tribunale assumeva il malfunzionamento dell'etilometro dal rilievo che le prove effettuate sull'imputato fossero state non già due bensì tre e con diciture tutte differenti circa il volume di aria soffiato.
Tali elementi, valorizzati, dedotti ed allegati dalla difesa nel corso del procedimento e nella successiva arringa finale, non venivano superati dall'accusa cui incombeva, invece, l'onere di superare le contestazioni dell'imputato, fornendo la prova positiva del corretto funzionamento dell'etilometro.
Di qui la sentenza di assoluzione.
Avv. Davide Favotto
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