- La gelosia rende più grave il reato di lesioni
- Il tradimento non è uno stimolo lieve rispetto al reato di lesioni
- Sproporzionato mandare in ospedale il presunto contendente in amore
La gelosia rende più grave il reato di lesioni
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Futile motivo che aggrava il reato di lesioni, la gelosia dell'imputato per la fidanzata, soprattutto se dopo aver appreso la notizia, si prende una mazza da baseball e si colpisce il contendente al punto che è necessario un intervento chirurgico e il gesso. Queste le conclusioni della Cassazione, che nel seguire un indirizzo già consolidato, nella sentenza n. 37870/2021 (sotto allegata) giudica la reazione dell'imputato del tutto sproporzionata rispetto alla gelosia morbosa dimostrata nei confronti della fidanzata.
La vicenda processuale
Il giudice dell'impugnazione riforma la sentenza di primo grado con cui l'imputato è stato condannato per il reato di lesioni aggravate da futili motivi, rideterminando quindi la pena
Il tradimento non è uno stimolo lieve rispetto al reato di lesioni
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L'imputato però ricorre in Cassazione sollevando, a mezzo difensore, le seguenti doglianze.
- Con il primo motivo contesta l'aggravante dei futili motivi per difetto di motivazione in quanto è stato accertato in giudizio che l'aver appreso la notizia del presunto tradimento della fidanzata non è uno "stimolo, lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato", requisito della sproporzione che non è attinente a detta aggravante.
- Con il secondo invece ritiene che la Corte non abbia motivato adeguatamente le ragioni per le quali ha escluso le attenuanti generiche e i motivi per i quali non ha ritenuto l'attenuante del risarcimento del danno prevalente rispetto all'aggravante dei futili motivi.
Il Procuratore chiede il rigetto del ricorso, il difensore dell'imputato invece insiste per l'accoglimento del primo motivo del ricorso e chiede la prescrizione del reato commesso il 2 ottobre 2013, in quanto a causa della sola sospensione di 60 giorni nel corso del giudizio, il reato si è prescritto il 2 giugno 2021.
Sproporzionato mandare in ospedale il presunto contendente in amore
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Per la Cassazione il ricorso dell'imputato è inammissibile in quanto la questione relativa ai futili motivi che si riferiscono alla gelosia che lo ha indotto a commettere il reato è stata oggetto di ampio confronto e discussione in giudizio.
Sul punto la Cassazione comunque ribadisce che "anche la gelosia può integrare l'aggravante prevista dall'art. 61 comma primo, n. 1, cod.pen, che giustifica un giudizio di maggiore riprovevolezza dell'azione e di più accentuata pericolosità dell'agente, per la futilità della spinta motivazionale che ha determinato a commettere il reato, in relazione ad un delitto di lesioni (…); in proposito si è osservato che la condotta risultava del tutto sproporzionata rispetto alla spinta criminosa, individuata dalla mancata accettazione della fine di una relazione sentimentale e nell'istinto di conservare un controllo sul partner."
Tesi che la Corte dichiara espressamente di voler seguire anche perché in sede di merito è stata valorizzata proprio la gelosia morbosa dell'imputato nei confronti della fidanzata e della violenza esercitata sulla persona offesa.
Inammissibile anche il secondo motivo in quanto la mancata concessione delle attenuanti generiche è stata motivata dalla gravità della condotta per le gravi lesioni recate alla persona offesa (che ha avuto bisogno, dopo essere stato colpito con una mazza da baseball, di un intervento chirurgico e del gesso), così come la doglianza relativa alla prevalenza dell'attenuante del risarcimento del danno sull'aggravante dei futili motivi perché trattasi di una valutazione di merito che non può essere rimessa in discussione in sede di legittimità, a meno che la motivazione sia del tutto assente, risulti illogica o sia meramente arbitraria.
Tutti vizi che non sussistono nel caso di specie. La decisione poggia sui motivi futili che hanno spinto l'imputato a commettere il reato e al fatto che lo stesso si sia avvalso a tal fine di un'arma impropria.
Scarica pdf Cassazione n. 37870/2021