- Bando per consulenze gratuite: annullato per indeterminatezza
- Ricorso al CdS dei Consigli degli Avvocati di Roma e di Napoli
- Bando da annullare: non è determinato, trasparente e non discriminatorio
Bando per consulenze gratuite: annullato per indeterminatezza
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Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7442/2021 (sotto allegata) mette una virgola e non un punto sulla questione dei bandi con cui le PA possono chiedere ai professionisti di svolgere incarichi di collaborazione gratuite. Il bando del MEF che i COA di Napoli e Roma avevano impugnato, viene infatti annullato per indeterminatezza. La sentenza però, di fatto, non nega, anzi afferma la possibilità per la PA di pubblicare bandi in cui richiedere collaborazioni gratuite, in netto contrasto con quanto sancito dalla legge sull'equo compenso.
Una vittoria a metà quindi per gli avvocati. I Presidenti dei COA ricorrenti si dicono soddisfatti perché comunque è una vittoria. Viene infatti annullato un sistema di selezione iniquo, anche se, affermano entrambi, è necessario un intervento normativo che ponga fine a queste pratiche. Le consulente gratuite ledono la dignità e il decoro dell'avvocatura.
Il Presidente Galletti critica in particolare il passaggio della sentenza in cui si afferma che l'equo compenso è un criterio applicabile solo per le prestazioni onerose ed esprime forti dubbi sul vantaggio del prestigio professionale, perché sembra studiato per nascondere lo svantaggio della prestazione gratuita.
Ma vediamo cosa dice la sentenza del Consiglio di Stato, dopo un breve excursus anche del giudizio di primo grado.
Ricorso al CdS dei Consigli degli Avvocati di Roma e di Napoli
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Il COA di Roma, quello di Napoli e Associazione dei giovani amministrativisti ricorrono al Consiglio di Stato per impugnare la sentenza del Tar di Roma n. 11410/2019. La sentenza è stata resa sull'impugnazione avanzata dai due consigli dell'ordine predetti, in relazione all'avviso pubblico manifestazione d'interesse per il conferimento d'incarichi di consulenza a titolo gratuito da parte del MEF.
Il bando del Mef e gli incarichi gratuiti di consulenza
Nel bando, rivolto a professionalità altamente qualificate, che uniscano alla conoscenza tecnica una positiva esperienza accademica/professionale, si specificava che la consulenza gratuita richiesta era richiesta per: "la trattazione di tematiche complesse attinenti al diritto - nazionale ed europeo - societario, bancario e/o dei mercati e intermediari finanziari in vista anche dell'adozione e/o integrazione di normative primarie e secondarie ai fini, tra l'altro, dell'adeguamento dell'ordinamento interno alle direttive/regolamenti comunitari.
Il bando in particolare richiedeva una consolidata e qualificata esperienza accademica documentabile di almeno 5 anni, anche in ambito europeo o internazionale, negli ambiti tematici indicati dal bando e l'assenza di cause d'incompatibilità o conflitti d'interesse. Per quanto riguarda i dettagli il bando rinviava all'accordo contrattuale della durata massima di due anni, non rinnovabile, con il diritto per il professionista di recedere con preavviso di 30 giorni, previa conclusione obbligatoria dell'incarico iniziato.
Illegittimo: la gratuità viola la regola dell'equo compenso
Ripercorrendo brevemente la vicenda ricordiamo i COA di Napoli e Roma avevano impugnato il bando, ritenuto illegittimo, in quanto:
- contrario a diverse norme della Costituzione e alla nuova disciplina della professione forense;
- contrario al dlgs n. 50/2016 e alle linee guida ANAC sull'affidamento dei servizi legali;
- affetto da eccesso di potere per difetto d'istruttoria e di motivazione.
Il TAR di Roma però aveva respinto tutte le doglianza in quanto, una volta valutati i curriculum il MEF non avrebbe instaurato con gli avvocati un contratto di lavoro avente ad oggetto la fornitura di servizio professionale. Il professionista infatti avrebbe potuto recedere, non era definito il numero degli incarichi né l'oggetto della consulenza e non veniva formata una graduatoria perché non era prevista alcuna prova selettiva. Per il TAR la genericità dell'atto confermava la legittimità del bando e non la sua illegittimità.
Per il Tribunale poi la gratuità della prestazione richiesta non violava la legge o le norme deontologiche forensi. Alla gratuità non si frapponeva neppure la disciplina dell'equo compenso. Solo quando la prestazione è resa a titolo oneroso l'equo compenso entra in campo.
Occorre poi considerare che l'incarico offerto a titolo gratuito non appariva contrastare con i principi della PA sul buon andamento e l'efficienza sanciti dall'art. 97 della Costituzione. L'assunzione gratuita di un incarico non comporta infatti necessariamente la sua cattiva esecuzione. Infine, precisava il TAR nella sentenza "la prestazione offerta dal professionista non si pone in rapporto di alternatività o concorrenzialità con quella che potrebbero prestare altri consulenti.
Per i COA ricorrenti al CdS la sentenza del TAR è ingiusta nella parte in cui afferma che la genericità è un pregio e non un difetto del bando, e in quella in cui il TAR precisa che alla luce di tali rilievi la gratuità della prestazione richiesta risulta legittima.
Ribadiscono quindi anche davanti al Consiglio la contrarietà del bando alla legge sull'equo compenso, alle norme a presidio del decoro e della dignità della professione forense, alle norme e ai principi, anche europei, in tema di onerosità dei contratti pubblici e infine alle norme previste a garanzia della efficienza e del buon andamento dell'azione amministrativa.
Bando da annullare: non è determinato, trasparente e non discriminatorio
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Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso in appello "limitatamente alla censura di difetto di istruttoria e motivazione e circa l'aspetto concernente la formazione dell'elenco dei professionisti e l'affidamento degli incarichi" respingendolo per la parte restante. Queste le motivazioni.
Il Consiglio di Stato ritiene infatti, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, che l'art. 36 della Costituzione, che prevede la commisurazione del compenso alla qualità e quantità del lavoro svolto, faccia riferimento a interessi diversi da tutelare.
Nel nostro ordinamento inoltre non è presente nessuna norma che vieta di prestare le proprie energie lavorative al fine di ottenere un vantaggio o un ritorno diverso dal denaro. In caso contrario si negherebbe legittimità a tutte le attività gratuite e liberali.
Nel caso di specie l'adesione del professionista alla richiesta produce senza dubbio una gratificazione professionale derivante dal contributo alla "cosa pubblica." Il principio dell'equo compenso rileva solo se per la prestazione è previsto un compenso.
Confermata inoltre la mancata violazione delle norme che disciplinano i contratti pubblici, in quanto
lo scopo dell'avviso pubblico di manifestazione d'interesse è di raccogliere la generica disponibilità di soggetti qualificati a dare un contributo. La collaborazione richiesta è eventuale e occasionale, la modalità di svolgimento è priva di formalità, potendosi esaurire anche telefonicamente o in modalità telematica, al fine di ottenere un rapido e riscontro a dubbi giuridici, senza vincoli ulteriori. Il professionista inoltre non deve recarsi presso la sede della PA, non ha orari e non viene chiesta una disponibilità continua. Caratteristiche, che, precisa il CdS, non contraddistinguono il contratto di appalto o quello di lavoro autonomo.
Come precisato inoltre dallo stesso CdS nel parere n. 2017 del 3 agosto 2018 "l'affidamento dei servizi legali costituisce appalto, con conseguente applicabilità dell'allegato IX e degli articoli 140 e seguenti del Codice dei contratti pubblici, qualora la stazione appaltante affidi la gestione del contenzioso in modo continuativo o periodico al fornitore nell'unità di tempo considerata (di regola il triennio.)"
Per quanto riguarda invece la violazione delle norme poste a garanzia della efficienza e del buon andamento dell'azione amministrativa il Consiglio lo ritiene "fondato nella parte in cui lamenta la violazione delle regole che presiedono all'imparzialità dell'azione amministrativa, sia sotto l'aspetto della formazione dell'elenco da cui attingere per i futuri affidamenti di incarichi, sia in relazione ai criteri da applicare di volta in volta per attribuire specificamente gli incarichi ai professionisti. La tenuta costituzionale del sistema basato sulle richieste di prestazioni gratuite da parte delle Pubbliche Amministrazioni si può ammettere solo se è previamente previsto un meccanismo procedimentale che dia idonee garanzie circa il fatto che la concreta azione amministrativa sia ispirata a criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta dei professionisti, di modo che in questo 'nuovo mercato' delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri.
L'atto impugnato però non è sufficientemente determinato da garantire l'imparzialità richiesta perché privo dei criteri ispirati alla trasparenza e di regole oggettive predeterminati e non discriminatorie.
Nel caso in cui il MEF decidesse di pubblicare nuovamente il bando dovrà farlo nel rispetto dei delle modalità pratiche e operative (per attuare i principi indicati nella sentenza) che dovranno essere efficaci, oggettive, trasparenti, imparziali, procedimentalizzate, paritarie, proporzionali, pubbliche e rotative.
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Scarica pdf Consiglio di Stato n. 7742/2021• Foto: 123rf.com