La Corte di Cassazione torna sulla mancata indipendenza economica del figlio maggiorenne disoccupato, per causa a lui imputabile

Il mantenimento del figlio maggiorenne

Il mantenimento del figlio maggiorenne è un obbligo che grava su entrambi i genitori e si protrae fino al raggiungimento della condizione di autosufficienza economica.
Tra i diritti dei figli maggiorenni o minorenni, rientra infatti anche quello di essere mantenuti, sino a che abbiano raggiunto l'indipendenza economica dai propri genitori, che siano sposati o meno.
Mantenere la prole rientra tra i doveri del padre separato e della madre separata: durante la separazione, deve essere garantito l'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne e/o il suo mantenimento diretto, a seconda che conviva o meno con il genitore [1].

Giacché non è previsto alcun limite massimo di età, l'obbligo persiste, in astratto, per tutto il tempo in cui risulti necessario assicurarlo, tanto che l'articolo 337 septies c.c. stabilisce che "il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico".
In tal modo, il legislatore ha previsto che l'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non perduri all'infinito, ma la sua durata deve essere valutata caso per caso [2].

L'ordinanza n. 18785/2021 della Cassazione

La Corte di Cassazione [3] ha da poco confermato l'orientamento giurisprudenziale maggioritario in tema di assegno di mantenimento del figlio maggiorenne disoccupato: è escluso se il figlio non ha ancora raggiunto l'indipendenza economica per causa a lui imputabile.
Si deve, infatti, escludere che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale, incondizionata e illimitata, per i figli maggiorenni disoccupati [4].
L'assegno è revocabile qualora i figli non abbiano ancora raggiunto l'autosufficienza reddituale per colpa, a causa di un comportamento negligente, per inettitudine o per trascuratezza [5]. Inoltre, l'avanzare dell'età è un elemento rilevante.
L'età nella quale si è concluso il percorso di studi fa presumere che la persona sia ormai inserita nella società e che la mancanza di indipendenza economica derivi da una sua inerzia colpevole.
Tale presunzione è vinta dalle situazioni in cui vi siano ragioni individuali specifiche, quali contingenze personali, motivi oggettivi o problematiche di salute.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso di una mamma che chiedeva all'ex marito il contributo economico in favore della figlia ventiseienne, poco incline agli studi e che aveva rifiutato un impegno nell'azienda di famiglia.
Per la Corte di Cassazione, dunque, la Corte d'Appello di Messina ha fatto bene a negare il contributo economico alla ragazza che, non solo non aveva mostrato una grande propensione per gli studi, ma che aveva anche rifiutato l'impiego offerto dal padre nell'azienda di famiglia.
La colpa del mancato raggiungimento dell'indipendenza economica era proprio della ragazza e i giudici di merito hanno ritenuto indici di ciò l'età avanzata, il suo rifiuto ingiustificato di proseguire l'attività commerciale che il padre e lo zio le avevano prospettato attraverso la messa a disposizione di un locale, nonché la scarsa propensione agli studi.

Note

[1] Per un approfondimento sul tema si veda, tra i tanti, Berti e Toninelli Studio Legale, Il mantenimento del figlio maggiorenne, 20 maggio 2021, disponibile all'indirizzo https://www.btstudiolegale.it/il-mantenimento-del-figlio-maggiorenne/

[2] Tribunale di Novara, pronuncia n. 238 del 2011

[3] Cassazione Civile, I Sezione, ordinanza numero 18785 del 2 luglio 2021

[4] Ibidem

[5] È infatti revocabile l'assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne senza propensione allo studio e con poca voglia di lavorare


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