Responsabilità per danni da cose in custodia ai sensi dell'art. 2051 c.c.: responsabile anche il condominio, in qualità di custode

La responsabilità ex art. 2051 cc: cenni

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Secondo quanto disposto dall'art. 2051 del codice civile "ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito".
L'art. 2051 c.c. sancisce - ed ormai sul punto la giurisprudenza è unanime e consolidata - una "responsabilità oggettiva", essendo sufficiente per colui che ne reclama l'applicazione, la dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno.
La stessa Cassazione ha più volte affermato che "la responsabilità sussiste indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa … e senza che rilevi a riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza ... adr il comportamento del custode è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa cui all'art. 2051 c.c." (Cass. civ. 20 maggio 2009 n. 11695) Tale responsabilità non richiede, pertanto, una negligenza o colpa nella condotta, essendo sufficiente, nello specifico e sul piano oggettivo, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso.
Al custode spetta poi l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, sulla base dei principi della regolarità e adeguatezza causale (Cassazione civile n. 30775/2017).

La responsabilità del Condominio in qualità di custode

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Questa norma trova ampia applicazione anche nella materia condominiale - come nel caso dell'oggetto della sentenza in commento - laddove le parti comuni del condominio provocano un pregiudizio a cose (ad esempio alle proprietà private all'interno del Condominio etc.) o a persone.
Il Condominio, invero, inteso come l'insieme dei comproprietari delle unità immobiliari, ha l'onere di mantenere, sia per l'attività straordinaria che per l'attività ordinaria, il bene comune in uno stato tale per cui non possa provocare pregiudizio a terzi (sia condomini che estranei al condominio).
Tale impegno sorge in forza del rapporto di custodia della cosa, una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentirgli il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo.
In sostanza il Condominio, in relazione ai beni comuni, è equiparato, agli effetti di legge, ad un "custode".
Il Custode è, in genere "colui che esercita un effettivo e non occasionale potere materiale sulla cosa stessa, tale da implicare il governo e l'uso di qui, il dovere di vigilanza e di controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi" (Pietro Perlingieri, Manuale di diritti civile ESI, 1997)
Nessun dubbio sul fatto che il condominio, quale organizzazione di persone volta alla gestione e conservazione delle cose comuni, debba essere considerato custode.
La giurisprudenza in tal senso ha affermato che "il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 cod. civ. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini" (così ex multis Cass. 12 luglio 2011, n. 15291).

Il caso fortuito

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Come già prevista dalla stessa struttura della norma dell'art. 2051 c.c. la responsabilità oggettiva non si traduce in una inesistenza di cause di esclusione della responsabilità medesima, ove esplicita, appunto "salvo il caso fortuito".

Anche la giurisprudenza ribadisce che "la responsabilità è esclusa soltanto nel caso in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile (Cass. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007)" (così Cass. 20 maggio 2009 n. 11695).

Tra il caso fortuito, ancora la giurisprudenza comprende ormai pacificamente, la condotta incauta della vittima/danneggiata che assume rilievo ai fini del concorso della responsabilità che va accertata in relazione alla prova dell'incidenza causale sull'evento dannoso, fino a poter escludere, anche totalmente, la responsabilità del Custode (Cass.12027/2017) e ciò sulla scorta di quanto disposto dall'art. 1227 c.c. che espressamente prevede "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenza che ne sono derivate" che limita la responsabilità del Custode "il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza".

Il nesso causale

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Ferma la natura dell'oggettività della responsabilità e l'eventuale esclusione della stesa per caso fortuito, elemento fondamentale per il danneggiato, dar prova del nesso causale tra evento e danno.

Una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. civ. n. 25018 del 9 novembre 2020) ha confermato la rilevanza per il danneggiato, al fine di configurare la responsabilità oggettiva cui all'art. 2051 c.c., della prova del nesso preciso tra la cosa in custodia ed il pregiudizio patito non potendo l'attore/danneggiato limitarsi a fornire una serie di soluzioni alternative possibili, seppure tutte riconducibili all'omessa custodia. La prova grava integralmente sul danneggiato.

Caduta nel negozio all'interno del condominio: la vicenda e la decisione

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Nella sentenza in commento, la n. 773/2021 emessa dal Tribunale di Terni (sotto allegata), il Condominio veniva citato in giudizio da una condomina per veder accertato e risarcito il danno dalla medesima patito a fronte della caduta occorsa in un locale (laboratorio) posto all'interno dell'immobile (negozio) di sua proprietà, sito all'interno del Condominio convenuto, a causa di infiltrazioni (presenza di acque scure) sulla pavimentazione del locale medesimo.

La danneggiata, offrendo a supporto delle proprie richieste risarcitorie, una perizia di parte, ha quantificato la domanda in complessivi €. 25.000,00, oltre spese mediche (documentate) per €. 1.222,93 stante un danno per invalidità permanente, valutato nella misura del 10%, oltre al riconoscimento di una invalidità temporanea per complessivi 55 giorni (di cui venti al 75%, quindici al 50% e venti al 25%).

Il Condominio si costituiva in giudizio, respingendo le domande attoree sia sul piano fattuale (an debeatur), sia su quello dell'entità del danno lamentato (quantum debeatur), chiamando - ad abundantiam - in causa la Compagnia assicurativa del Condominio, per essere manlevata, nella denegata ipotesi di una sentenza di condanna del medesimo.

Nel corso di giudizio, è stata esperita la CTU medico-legale sulla persona della danneggiata che ha verificato l'esistenza di un danno patito dall'attrice, compatibile con la denunciata caduta, seppur valutandolo in misura inferiore rispetto alla perizia di parte, quantomeno sul piano del danno biologico individuato nel 5% di invalidità permanente.

Fermi accertamento e quantificazione del danno, l'attività istruttoria ammessa in corso di causa ha permesso di accertare i fatti che sono sinteticamente i seguenti:

- l'acqua era presente e copiosa in un locale del negozio di proprietà della danneggiata;

- l'acqua presente sulla pavimentazione era stata provocata dalla perdita di un tubo di natura condominiale, dovuta dalla "rottura degli impianti condominiali";

- la caduta della ricorrente è stata proprio causata dalla copiosa acqua riversatasi sul pavimento del laboratorio;

- la caduta è avvenuta in pieno giorno e l'attrice, nel trasferirsi nel laboratorio, negligentemente vi ha fatto accesso senza accendere la luce: se la condomina avesse usato la diligenza di preventivamente accendere la luce, ciò le avrebbe consentito certamente di avvedersi della presenza di acqua, ponendo maggiore attenzione alla pavimentazione evitando la caduta o evitando l'entità dei danni causati sulla sua persona.

Il processo causale sulle modalità di verifica dell'evento ed il nesso causale con la caduta rovinosa è stato ampiamente provato!

La sentenza in commento ripercorre i principi enunciati nel tempo dalla Cassazione e ripercorsi nei punti 1 e 2 che precedono:

- in tema di onere probatorio sulla sussistenza del nesso causale, ampiamente adempiuto dall'attrice e il conseguente accertamento dell'esistenza di una responsabilità oggettiva in capo al Condominio;

- in tema di onere probatorio sulla sussistenza del caso fortuito, in capo al Condominio che ha di fatto ridotto l'incidenza della responsabilità del medesimo in un concorso di colpa con la danneggiata e, in applicazione degli stessi ha:

- accertato che la caduta di parte attrice sia dovuta ad una responsabilità oggettiva del condominio ai sensi dell'art. 2051 c.c.;

- accertato il concorso dell'attrice nella causazione dei danni subiti per il suo comportamento incauto laddove non ha acceso la luce prima di accedere al locale, limitando (seppur non escludendola) la responsabilità del Condominio.

Il Tribunale, accogliendo le risultanze della CTU esperita in corso di causa, ha complessivamente riconosciuto in capo alla danneggiata un danno biologico nella misura del 5%, pari ad 4.213,85; un danno biologico temporaneo pari ad €. 1.246,62, un danno morale pari al 33% per €. 1.819,98 e spese mediche per 1.100,00: quantificando il danno risarcibile in complessivi €. 8.380,00.

Tale danno è stato attribuito in concorso al 50% al Condominio ed al 50% alla condotta imprudente dell'attrice.

Il Tribunale, pertanto, ha condannato la terza chiamata (assicurazione del Condominio - respingendo la pretesa di quest'ultima di non dover coprire il danno) a rifondere all'attrice il 50% della somma di €. 8.380,00, a titolo di risarcimento del danno dovuto al sinistro oggetto di causa, condannando la terza chiamata a rifondere a parte attrice anche il 50% delle spese di lite, quantificate in €. 2.000,00 oltre accessori di legge e ponendo il costo della Ctu a carico solidale tra le parti.

Sentenza, dunque, in linea con l'orientamento giurisprudenziale maggioritario e sopra esposto.

Scarica pdf Trib. Terni n. 773/2021

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