- Confermata decisione del CdS sullo stop fatturazione 28 giorni
- Eccesso di potere del Consiglio di Stato
- Nessun eccesso di potere e nessun contrasto con il diritto UE
Confermata decisione del CdS sullo stop fatturazione 28 giorni
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La Cassazione respinge il ricorso della società telefonica a cui l'Agcom ha imposto di provvedere alla restituzione dei giorni erosi a causa della fatturazione di 28 giorni. Per la Cassazione il Consiglio di Stato, che ha dato anch'esso torto alla ricorrente, non ha invaso le competenze del giudice ordinario nel confermare la decisione dell'Autorità perché il rapporto privatistico è quello che lega solo la società con il proprio cliente. Le misure adottate dall'Agcom sono solo una conseguenza del suo potere di regolazione. Queste le conclusioni della Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 33848/2021 sotto allegata).
La vicenda processuale
Tra una società telefonica e l'Agcom sorge una controversia che riguarda la fatturazione delle bollette relativa alle utenze di telefonia fissa. La società nel 2017 ha portato il termine di fatturazione a 28 giorni, determinando così un aumento delle tariffe dell'8,6%. Da qui la decisione di Agcom di tornare alla fatturazione mensile. La società impugna la decisione davanti al Tar Lazio, che però rigetta il ricorso.
Agcom intanto commina alla società una sanzione di 1.160.000, ritenendo non rispettata la delibera da parte della società telefonica e imponendo la restituzione agli utenti dell'importo relativo ai giorni non goduti a partire dal 23 giugno 2017.
La società impugna anche questa delibera e il Tar questa volta accoglie l'istanza cautelare perché la restituzione degli importi agli utenti è troppo gravosa. L'Agcom aggiusta il tiro e dispone la fruizione gratuita dei giorni non goduti in sostituzione degli importi.
Anche questa delibera però viene impugnata, ma Agcom dispone, con una decisione successiva, un nuovo termine per gli operatori per procedere alla restituzione dei giorni erosi a causa della fatturazione di 28 giorni. Le società ricorrono ancora al Tar, che però accoglie solo le richieste relative alle sanzioni irrogate, rigettando invece quelle relative allo storno dei giorni non goduti.
Verso questa decisione propone appello principale la società e incidentale l'Agcom, che rigetta entrambi, compensando le spese. Il Consiglio di Stato rileva che la fatturazione a 28 giorni dissimula un aumento tariffario che i consumatori definiscono tredicesima mensilità, inoltre è lesiva della concorrenza perché transitando quasi tutti gli operatori a 28 giorni per la fatturazione la possibilità di recedere non risulta vantaggiosa perché nulla o poco cambierebbe passando a un altro operatore. Per il Consiglio di Stato l'aumento della tariffazione dell'8,6% è stato prodotto con una pratica scorretta.
Il CdS inoltre precisa che le misure adottate dall'Agcom non possono essere definite sanzioni amministrative, ma "manifestazione di un potere conformativo di natura latu senso indennitaria" che appartiene all'Autorità. Riafferma infine i valori enunciati nella delibera n. 121/2017 rafforzando il divieto della fatturazione diversa da quella mensile.Eccesso di potere del Consiglio di Stato
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Contro la decisione del CdS ricorre la società telefonica lamentando nel primo motivo che l'Agcom non ha il potere di disporre indennizzi o misure restitutorie come quelle adottate nei suoi confronti. Ha quindi errato il Cds nell'affermare che l'Agcom ha fatto ricorso a un potere conformativo e non sanzionatorio, perché tale potere le è stato riconosciuto solo successivamente con il dlgs n. 148/2017. Il CdS è poi caduto nell'eccesso di potere perché si è pronunciato su materie di competenza del giudice ordinario, nell'avallare l'obbligo di storno deciso da parte di Agcom nei confronti delle società telefoniche.
Con il secondo la società contesta il riconoscimento in capo agli utenti di un diritto al reintegro, che solo il giudice ordinario può riconoscere e in secondo luogo lamenta la mancata rimessione da parte del Consiglio di Stato alla Corte Europea della questione con cui la società ha lamentato il contrasto delle delibere di Agcom con il diritto europeo nella parte in cui le stesse dispongono un obbligo di restituzione che si sostanzia in una prestazione patrimoniale imposta. Rimessione però sulla quale il CdS non si è neppure pronunciato.
Nessun eccesso di potere e nessun contrasto con il diritto UE
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La Cassazione rigetta il ricorso. La prima doglianza sollevata impone alla Corte di pronunciarsi sulle due censure in essa contenute. La società contesta al CdS eccesso di potere giurisdizionale perché ha riconosciuto ad Agcom un potere sanzionatorio che in realtà è stato riconosciuto con una norma entrata in vigore successivamente. Censura che la Corte ritiene infondata in quanto il CdS è rimasto nel perimetro dell'attività interpretativa che gli è propria. Per quanto riguarda la contestata invasione dei poteri del giudice ordinario la Cassazione rileva come la stessa è fondata sulla ritenuta pronuncia da parte del giudice amministrativo su questioni di natura interprivatistica. Anche questa doglianza però è infondata in quanto il rapporto privatistico è quello che lega la società agli utenti, mentre il CdS si è pronunciato su quello che è il potere di regolazione dell'Autorità.
Privo di fondamento per la Cassazione anche il secondo motivo. Il primo profilo di censura con cui la società ritiene che il CdS abbia invaso un terreno del giudice ordinario non fa che ripetere quanto già affermato con la prima doglianza. Per quanto riguarda il secondo profilo, la Cassazione alla fine di un percorso argomentativo complesso giunge alla conclusione di negare il difetto di motivazione della sentenza del CdS sulla questione pregiudiziale alla Corte Europea, negando il contrasto delle delibere con il diritto europeo. Il comportamento della società ha infatti violato l'obbligo della trasparenza che deve regolare i rapporti tra gli operatori e gli utenti. Principio di trasparenza affermato anche dalla Corte di Giustizia, che esclude quindi l'esistenza di un dubbio interpretativo sul punto.
Scarica pdf Cassazione n. 33848/2021• Foto: 123rf.com