La disciplina del processo di esecuzione, in quanto costituisce un aspetto dell'attività giurisdizionale, deve essere coordinata con i principi ispiratori dell'ordinamento giuridico e con le disposizioni generali, dettate dal libro I del codice di procedura civile [2].
A differenza di quanto accade per il processo di cognizione, la possibilità di applicare le disposizioni generali al processo di esecuzione richiede una specifica indagine volta a verificarne caso per caso la compatibilità o a realizzarne l'adattamento [3].
Il processo esecutivo consente di realizzare, in modo pieno, la volontà che risulta da un accertamento giurisdizionale o non giurisdizionale, facendo sì che il bene riconosciuto venga conseguito.
Non sono idonee a fondare un processo esecutivo le sentenze costitutive o le sentenze di mero accertamento.
È, invece, adatto un diritto riscontrato in via giudiziale e che costituisce l'esito di un processo di cognizione. O un diritto riconosciuto con una modalità diversa dal giudizio, un atto stragiudiziale.
Il processo di esecuzione forzata ha una sua autonomia rispetto al processo di cognizione e si introduce mediante una domanda specifica rivolta agli organi esecutivi, indirizzata a richiedere la tutela giurisdizionale esecutiva.
Per approfondimenti vai alle guide:
- Le fasi del processo esecutivo
Note bibliografiche:
[1] Vaccarella, Esecuzione forzata, in Riv. esec. forz., 2007, 1.
[2] A. M. Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Wolters Kluwer, Milano, 2016, p. 17 e ss.
[3] Sulla non assimilabilità del processo di esecuzione a quello di cognizione, si veda Cass. numero 837 del 16 gennaio 2007.