- Va restituita la cosa mobile al proprietario identificabile
- Non è ricettazione se le cose non provengono da reato
- Chi conosce il proprietario e non restituisce la cosa commette un furto
Va restituita la cosa mobile al proprietario identificabile
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Confermata la condanna per il reato di ricettazione nei confronti del soggetto che, trovati alcuni documenti da cui emerge chiaramente la titolarità e proprietà non li restituisce al legittimo proprietario. Tale condotta infatti integra il reato di furto. Negate inoltre le attenuanti invocate in relazione al reato commesso contro il patrimonio perché quando si trattiene una carta di credito altrui ad esempio, non è il valore della stampa a rilevare, ma il suo utilizzo potenziale. Questi i chiarimenti contenuti nella sentenza della Corte di cassazione n. 43887/2021 (sotto allegata).
La vicenda processuale
Confermata in secondo grado la condanna dell'imputato per il reato di ricettazione.
Non è ricettazione se le cose non provengono da reato
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Immediato il ricorso dell'imputato in Cassazione per contestare la ricettazione in relazione a carta d'identità, patente di guida e tessera sanitaria di un terzo, perché denunciati e smarriti e quindi non provenienti da delitto.
Per il ricorrente l'abrogazione dell'art. 647 c.p che puniva l'appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito
con consente di qualificare i documenti come provenienti da delitto, per cui manca uno degli elementi richiesti per l'integrazione del reato di ricettazione. Errore ha avuto come conseguenza anche l'errata qualificazione del reato di ricettazione. nella forma attenuata di cui al comma 2 art. 648 c.p.Apodittica infine la decisione della Corte in relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 previsto in caso di particolare tenuità del danno patrimoniale recato alla persona offesa, visto che non era possibile determinare il valore dei documenti. Decisione che per l'imputato si pone in contrasto con quanto affermato dalle SU.
Chi conosce il proprietario e non restituisce la cosa commette un furto
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Gli Ermellini dopo aver vagliato i vari motivi del ricorso lo rigettano per le motivazioni che si vanno a esporre.
Erra prima di tutto il ricorrente nel qualificare il reato presupposto al reato di ricettazione come l'abrogata fattispecie che puniva l'appropriazione di cose smarrite, trattandosi nel caso di specie di furto. La Cassazione ribadisce infatti il concetto secondo cui: "nell'ipotesi di smarrimento di cose che, come gli assegni, le carte di credito o le carte postepay, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa e il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest'ultimo sul bene, con la conseguenza che colui che se ne impossessa senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e che l'ulteriore circolazione del bene mediante il trasferimento a terzi comporta l'integrazione del reato di ricettazione da parte dei successivi possessori."
Il titolare di carte di credito o assegni infatti è identificabile per cui chi sapendo a chi restituire la cosa trovata non vi provvede, ma la trattiene, commette il reato di furto. Il proprietario infatti, proprio perché identificabile conserva il pieno dominio della cosa mobile, che perde solo se non gli viene restituita, configurando tale condotta un furto consapevole. Corretta quindi la qualificazione del reato di ricettazione sulla base del presupposto reato di furto.
Parimenti infondati i motivi con i quali l'imputato ha sollevato le proprie obiezioni in relazione all'attenuante di cui all'art 62 n. 4 e alla forma attenuate del reato di ricettazione in forma attenuata, visto che, se il reato di ricettazione riguarda moduli in bianco relativi a carte d'identità non si possono riconoscere le attenuanti invocate dall'imputato perché il valore che viene preso in considerazione non è quello dello stampato, ma quello indeterminabile della sua potenziale utilizzabilità.
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Scarica pdf Cassazione n. 43887/2021