- Istituti Penitenziari Minorili e importanza dello sport
- La giustizia minorile
- Lo sport può essere il volano di rieducazione per il minore
- Funzione di reinserimento sociale
- Conclusioni
Istituti Penitenziari Minorili e importanza dello sport
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L'ozio e l'inattività legati alla permanenza negli istituti penitenziari minorili producono effetti devastanti sul fisico dei detenuti: perdita dell'equilibrio, riduzione delle capacità respiratorie, indebolimento dell'apparato cardiovascolare, muscolo scheletrico, del sistema endocrino-metabolico. La pratica dello sport oltre a prevenire i danni citati, costituisce una possibilità di svago, ma soprattutto l'acquisizione del rispetto delle regole.
Inoltre, lo sport e l'attività fisica negli istituti penitenziari tutelano il pieno benessere psico-fisico e sociale dei detenuti, i fortissimi valori etici, epistemologici e più semplicemente pragmatici dello sport quali rispetto di sé, degli altri, assumono operativamente un significato dal sapore immediato: riuscire a giocare e godere di quel senso di creatività e libertà che è insito nel gioco stesso. Lo sport può rappresentare per il detenuto uno strumento di crescita culturale e soprattutto, umana, un momento di confronto con persone, origini culture e nazionalità diverse. E' strumento perfetto per trasmettere i valori fondamentali del vivere civile, il rispetto delle regole, per convogliare energie positive.
Lo sport è anche un formidabile veicolo educativo perché consente a qualunque individuo di mettersi in gioco e crescere, perfezionando la propria identità, come sportivo e come persona.
Ecco perché è importante che lo sport si pratichi in tutti i contesti sociali, dai circoli, ai quartieri, dalle palestre ai campetti, sino all'interno degli istituti penitenziari, soprattutto Istituti Penitenziari Minorili.
Nel 2021 nei 17 Istituti Penitenziari Minorili d'Italia, 281 ragazzi scontano vite recise da violenze. Istruzione, sport e cultura sono la cura anche per l'individuo privato della libertà, ma forse inconsapevole dello sbaglio commesso.
La giustizia minorile
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Il sistema di giustizia minorile nasce in Italia nel 1934, la pena minorile assume una connotazione rieducativa per il reinserimento sociale e, nel 1956, nascono le figure del servizio e dell'assistente sociali. Ma il minore resta un individuo da "sorvegliare e punire". Solo nel 1988 vengono istituiti i servizi della giustizia minorile legati al territorio: Centri di Giustizia Minorile, Uffici del Servizio Sociale per i Minori, Istituti Penali per i Minori, Centri di Prima Accoglienza, comunità e istituti di semilibertà con servizi diurni. Dal 1992, si fa più costante l'attenzione alla tutela dei diritti del minore reo, per rendere residuale la carcerazione a favore delle misure alternative, soprattutto con la messa alla prova, che evita al minore l'ingresso nell'IPM. Inoltre, la legge consente, a chi ha commesso il reato da minore, di scontare la pena in IPM fino ai 25 anni (giovani adulti).
Lo sport può essere il volano di rieducazione per il minore
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La diversità del detenuto minore rispetto a quello adulto impone una necessaria diversificazione dei metodi di rieducazione e reinserimento sociale del ragazzo. Per questo lo sport può diventare veicolo rieducativo, imponendo il rispetto delle regole, infatti, i ragazzi possono vincere la partita della loro vita, imparando il confronto anche nella realtà solo attraverso il rispetto delle regole sociali. Inoltre, le regole sportive sono universalmente riconosciute e accettate: abbattono le barriere culturali ed etniche. Valori universali che portano a stare insieme, alla condivisione di valori quali la lealtà e il rispetto dell'avversario. Lo sport può, così, essere realmente uno strumento di educazione, maturazione e autoregolazione del detenuto minore. Per riprendersi in mano la propria vita e dribblare i tanti ostacoli che si presenteranno ai ragazzi fuori, prima bisogna imparare le regole del gioco, questo strumento è fornito proprio dalla pratica dello sport. Lo sport può, così, essere realmente uno strumento di educazione, maturazione e autoregolazione del detenuto minore.
Invero, i minori sottoposti a pene detentive hanno compiuto reati più grandi di loro sicuramente perché incapaci di comprendere il disvalore del bene giuridico aggredito.
Funzione di reinserimento sociale
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Lo sport può essere il motore per contrastare la loro stigmatizzazione sociale, il ponte tra dentro e fuori, preparare il terreno per quando quei ragazzi.
Fondamentale è la collaborazione innovativa tra prigioni, detenuti, personale carcerario, volontari, parti sociali, federazioni sportive, organizzazioni e club sportivi e sociali, per promuovere percorsi di follow-up al di fuori delle mura carcerarie fornendo sostegno a chi esce dal carcere, senza la quale verrebbe a mancare l'ultimo anello di questa catena rieducativa.
Tuttavia ormai l'attenzione dell'Amministrazione per la realizzazione e l'organizzazione degli spazi dedicati alle attività trattamentali è sempre molto alta, poiché rappresentano il fondamento stesso dell'intervento educativo. È attraverso la relazione e l'esperienza che il ragazzo ha occasione di crescere, maturare e intraprendere quel percorso di responsabilizzazione che lo porterà a riallacciare il rapporto con la società civile interrotto con la commissione del reato.
Il personale, sia educativo che di Polizia Penitenziaria, accoglie sempre positivamente l'avvio di attività sportive, in quanto occasioni per costruire relazioni significative. Il personale che lavora a stretto contatto con i ragazzi, accompagnandoli nei loro percorsi di recupero, è perfettamente consapevole del fatto che lo sport è uno strumento in più da utilizzare nel proprio lavoro.
L'attività sportiva è sempre stata uno strumento di integrazione, poiché parla un linguaggio universale ed è un mezzo per facilitare la socializzazione e l'instaurarsi di relazioni forti tra le persone. Gli sport, in particolare quelli di squadra, aiutano i ragazzi a riconoscere l'altro e a rispettarlo, sia come compagno che come avversario, anche nella condivisione e nel rispetto di regole condivise. Inoltre, avere un obiettivo comune e comprendere che per raggiungerlo è necessario il contributo di tutti, porta i ragazzi a guardare oltre se stessi e a vedere l'altro non come un mezzo ma come una risorsa, un individuo con una propria identità con cui è necessario confrontarsi.
Riassumono bene il concetto di sport e integrazione le parole di Nelson Mandela, che ai Laureus World Sports Awards, 2000 affermava: "Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare, di unire le persone in una maniera che pochi di noi possono fare. Parla ai giovani in un linguaggio che loro capiscono. Lo sport ha il potere di creare speranza dove c'è disperazione. È più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni."
Conclusioni
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Dare vita ad un proficuo connubio tra sport e giustizia, per reggere le sfide del quotidiano, dare un messaggio credibile tra i ragazzi e piantare i semi della legalità e per immaginare anche percorsi di inclusione sociale, una volta finita la pena. Mancano, però, spazi ricreativi per lo sport nelle carceri minorili.
Va invece costruito un nuovo modello di permanenza, che poco abbia a che fare - tanto nelle regole di vita, quanto nell'iconografia, quanto ancora nell'immaginario - con la prigione ed in questo contesto lo sport avrebbe una funzione migliore e più incisiva, perché assumerebbe la funzione rieducativa e non di un semplice svago!
AVV. MARIA CARMELA CALLA'
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