Lasciamo la parola a Leonardo Ercoli, che ci guida con sicurezza e competenza nei meandri di questo ostico tema.
INFORMAZIONE PROVVISORIA DELLE SEZIONI UNITE SULLA CONDOTTA DI PRODUZIONE DI MATERIALE PEDOPORNOGRAFICO COL CONSENSO DEL MINORE
(dell'avv. prof. Leonardo Ercoli docente ed avvocato penalista)
RILEVANZA PENALE DELLA PEDOPORNOGRAFIA DOMESTICA IN CASO DI CONSENSO DEL MINORE
Cass., Sez. III, ord. 22 aprile 2021 (dep. 1° luglio 2021), n. 25334,
Cass. pen., Sez. Un., u.p. 28 ottobre 2021, Pres. Cassano, Rel. Sarno
(informazione provvisoria)
1. Inquadramento generale della disciplina: l'art. 600-ter cp.
2. Le Sezioni Unite n. 51185 del 31 Maggio 2018
3. Gli Ermellini mettono in discussione l'obiter dictum delle Sezioni Unite del 2018 con ordinanza n. 25334/2021
4. L'informazione provvisoria delle Sezioni Unite del 28 ottobre 2021
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1. Inquadramento generale della disciplina: l'art. 600-ter c.p.
Al fine di comprendere al meglio la portata delle pronunce in esame relative, come detto, alla complessa materia della pedopornografia minorile, giova, preliminarmente, operare talune, seppur brevi, considerazioni di carattere generale proprio in ordine al reato de quo, previsto e punito ex art. 600-ter c.p. per cui:
«È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; 2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto [600 septies, 600 septies.1, 600 septies.2, 602 ter].
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde (3) o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.582 euro a 51.645 euro [600 septies, 600 septies.1, 600 septies.2, 602 ter].
Chiunque al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164 [600 septies, 600 septies.1, 600 septies.2, 602 ter, 609 decies, 734 bis].
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000 [600 septies, 600 septies.1, 600 septies.2].
Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali».
Con il delitto in parola, introdotto con legge del 3 agosto 1998, n. 269, il legislatore - mosso da un desiderio repressivo indotto dal bene giuridico tutelato, individuabile nell'immagine, nella dignità e nel corretto sviluppo sessuale del minore - ha inteso individuare per i minori una soglia di tutela anticipata della loro libertà sessuale, sanzionando, indipendentemente dalla finalità di lucro o di vantaggio, ogni fase del relativo ambito, sia moltiplicando le previsioni, sia - come detto - anticipando la tutela penale a condotte apparentemente prive di una concreta e diretta idoneità offensiva. Si va, infatti, dalla mera divulgazione di notizie finalizzate all'adescamento minorile e dal reclutamento dei minori a tal fine, alla realizzazione di spettacoli a sfondo sessuale con il coinvolgimento di soggetti minorenni, alla diffusione tra gli utenti, a qualsiasi titolo, del materiale realizzato con tali categorie di soggetti. Il reato, in tutte le sue articolazioni, è un reato comune, che può essere commesso da 'chiunque'; peraltro, l'autore del fatto deve essere soggetto diverso dal minore immortalato (Cfr. ex multis, Cass. Pen., Sez. III, n. 34357/2017; Cass. Pen., Sez. III, n. 11675/2016 co nota di ALOVISIO-VENTURA).
Ad ogni buon conto, il vero fondamento dell'intera disciplina in tema di delitti in materia di pornografia minorile è proprio il concetto di 'pornografia minorile' al quale le norme fanno riferimento e di cui l'art.4 co. 1 lett. h) n.2 della legge 1° ottobre 2012, n.172 ha dato una espressa definizione, inserendola al co.7 dell'articolo 600-ter c.p. che espressamente lo definisce quale ogni rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un soggetto minorenne coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualsiasi rappresentazione degli organi sessuali di un minore a scopi sessuali. In verità, è d'uopo evidenziare come, l'anzidetta nozione (tratta, peraltro, dall'art. 20 della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale del 2007), pur tentando di aiutare l'operato dell'interprete, non è andata esente da molteplici dubbi circa i possibili inquadramenti degli altrettanti molteplici casi concreti che, nel quotidiano, si verificano.
Sotto il profilo oggettivo, come detto, la norma incriminatrice sanziona diversamente più condotte. In particolare, il primo comma, considera distinte condotte tipiche, tutte predisposte contro un soggetto, di sesso maschile o femminile, che non abbia compiuto i diciotto anni (MANTOVANI). La prima condotta è quella del reclutamento da intendersi quale reperimento della vittima allo scopo di indirizzarla alla pornografia (MANTOVANI). Altra condotta tipizzata è quella dell'induzione a partecipare a esibizioni o a spettacoli pornografici. L'induzione che - al pari di quella prevista per la prostituzione (art. 600-bis) - può consistere nella determinazione, nella rivitalizzazione o nel determinare la reviviscenza della decisione del minore di darsi alla pornografia. Trattasi, dunque, di reato di evento, in cui quest'ultimo è duplice giacché integrato in primo luogo dal risultato psichico dell'insorgenza o del rafforzamento del proposito di darsi alla pornografia e in secondo luogo dal risultato materiale della partecipazione ad almeno un'esibizione (MANTOVANI).
Terza condotta penalmente illecita punita dal co. 1 della norma in esame è quella relativa alla realizzazione di esibizioni o spettacoli pornografici e consiste nello svolgimento di tutte le attività funzionali alle esibizioni o spettacoli per le quali, ad avviso della giurisprudenza maggioritaria, è necessario almeno un minimo di organizzazione (Cfr. Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 17178/2010).
Vi è poi - per ciò che rileva ai fini del tema in esame - la condotta tesa alla produzione di materiale pornografico reale e cioè nella cristallizzazione delle suddette esibizioni su supporti di qualsiasi genere, audio e video (MANTOVANI) su cui si dirà nel prosieguo della trattazione limitandosi, in tal sede, a precisare che si tratta di una norma di chiusura che mira a sanzionare ogni condotta che non rientri nelle altre (MANTOVANI). Ultima condotta penalmente sanzionata nell'alveo del primo comma, è quella relativa a ricavare profitto da spettacoli pornografici. Tuttavia, sia la realizzazione delle esibizioni o degli spettacoli che la produzione di materiale pornografico richiedono l'utilizzazione di minori, intesa quale sfruttamento dei medesimi per quegli scopi, senza che, tuttavia, a tale concetto sia collegata la necessità di un lucro per l'autore del fatto (FIANDACA-MUSCO; Cfr, inoltre, Cass. Sez. Un., sent. n. 51815/2018). Infine, appare evidente che, trattandosi di norma a più fattispecie, secondo la dottrina, la realizzazione di più condotte tra quelle sopra elencate integra la commissione di un unico reato (MANTOVANI).
Passando alla disamina del secondo comma della norma in commento, invece, risponde del reato chi non abbia prodotto il materiale pornografico e lo commerci. E', infatti, punito sia il commercio tradizionale dei supporti fisici che contengono il materiale, sia il commercio smaterializzato, vale a dire quello attuato a mezzo internet, telefono o radiotelevisione. Si tenga presente che la nozione di commercio richiama lo scopo di lucro dell'autore, che deve compiere l'attività rispetto a più utenti/clienti (FIANDACA-MUSCO), determinati o indeterminati che siano. L'attività deve, come anticipato, avere un minimo di organizzazione (MANTOVANI).
A mente del terzo comma della norma, poi, risponde del reato chi non abbia prodotto il materiale pornografico e lo distribuisca, divulghi, diffonda o pubblicizzi. Si tratta anche qui di norma a più fattispecie per cui si rende necessario esaminare le condotte tipiche sanzionate dalla norma quali quella della distribuzione che coincide con l'attività di chi si occupi, a scopo di lucro, di prelevare i supporti fisici su cui sono impresse le immagini pornografiche e di smistarli sul mercato a soggetti non fruitori che dovranno poi destinarli al cliente finale ovvero direttamnete ai fruitori (per esempio a club di pedofili). Secondo la dottrina, il concetto di 'distribuzione' non si presta a definire attività che riguardino supporti immateriali (MANTOVANI).
Accanto alla distribuzione di cui sopra, la norma sanziona anche la divulgazione, ovverosia la diffusione, senza scopo di lucro, delle immagini veicolate attraverso trasmissioni smaterializzate, visive ed uditive, grazie ai canali radiotelevisivi, telematici, cinematografici e telefonici, ad una pluralità di destinatari (MANTOVANI). Vi sono poi tra le condotte penalmente illecite la diffusione e cioè la messa in circolazione, a qualsiasi titolo, del materiale pornografico; si è sostenuto che la disposizione, in parte qua, presenti margini applicativi autonomi nulli (MANTOVANI) nonché la pubblicizzazione consistente nella diffusione di notizie, con o senza scopo di lucro, sull'esistenza e sulle caratteristiche del materiale pornografico, destinata ad una pluralità indeterminata di soggetti fruitori ovvero commercianti o distributori (secondo un meccanismo analogo a quello della pubblicità attuata attraverso mezzi di diffusione generalizzata di prodotti leciti) ovvero ad una pluralità determinata (per esempio, attraverso l'invio di dépliant o messaggi di posta elettronica a soggetti specifici).
Nella parte finale del terzo comma, la norma punisce inoltre la distribuzione o divulgazione di notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto. Sul punto, seppur con notevoli difficoltà ed ampio approccio critico alla tecnica normativa, la dottrina (MANTOVANI) ha individuato, quale terreno applicativo della disposizione, le fasi prodromiche al reperimento del materiale umano per la realizzazione del materiale pedopornografico o per la prostituzione. Sicché, il riferimento alla distribuzione o divulgazione finalizzate all'adescamento è da intendersi quale predisposizione di condotte dirette ai minori, per allettarli o ingannarli al fine di indurli alla prostituzione o alla pornografia, dovendosi ritenere che l'aggettivo «sessuale», ancorché collocato dopo «sfruttamento», si riferisce anche all'adescamento. Diversamente, il riferimento alla distribuzione o divulgazione finalizzate allo sfruttamento del minore è da intendersi quale predisposizione di condotte dirette a terzi non minori consistenti in richieste, inviti ed offerte di compensi affinché essi procurino minori per la pornografia o la prostituzione. La giurisprudenza ha ritenuto sussistente il reato anche nel caso in cui le notizie siano false e siano tese ad ottenere - e non a fornire - informazioni utili all'adescamento di minori, come nel caso di chi si presenti falsamente in una chat come un soggetto tredicenne interessato ad avere rapporti sessuali anche con minori (Cfr. Cass. Pen., sent. 5692/2013).
Infine, il quarto comma si pone come norma di chiusura che mira a punire ogni attività del mercato della pedopornografia (MANTOVANI). L'offerta del materiale pedopornografico deve essere seria e non millantatrice, cioè il soggetto agente deve avere la disponibilità del materiale che offre; mentre, con riferimento alla cessione del materiale pedopornografico essa può essere onerosa o gratuita ed anche temporanea.
Spostando l'attenzione al profilo soggettivo, si noti che tutte le fattispecie del primo comma sono punite solo a titolo di dolo. Più in particolare, il reclutamento è punito a titolo di dolo specifico implicito, costituito dalla coscienza e volontà di reclutare uno o più infradiciottenni al fine di coinvolgerli in spettacoli o esibizioni pornografiche (MANTOVANI; contra FIANDACA-MUSCO per cui questa, come le altre, è fattispecie a dolo generico). Tutte le altre condotte sono a dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà di indurre il minore a partecipare o realizzare esibizioni o spettacoli o di produrre materiale pornografico reale (MANTOVANI; FIANDACA-MUSCO; in giurisprudenza cfr. Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 35147/2011). Nella fruizione di esibizioni o spettacoli pornografici, secondo la dottrina, il reato è a dolo generico quanto alle esibizioni consistenti in atti sessuali ed è a dolo specifico allorquando si tratta nella rappresentazione di organi sessuali (MANTOVANI). Il commercio di materiale pornografico integra, invece, reato a dolo specifico, consistente nella coscienza e volontà di fare commercio del materiale pornografico realizzato con il coinvolgimento di minori, con scopo di lucro. Mentre, nella distribuzione, divulgazione e pubblicizzazione di materiale pornografico (co. 3 prima parte) - secondo la dottrina più accreditata (MANTOVANI) - il reato è a dolo generico, consistendo nella coscienza e volontà di compiere le azioni tipizzate rispetto a materiale che riguardi esibizioni sessuali di minori (a prescindere dalla consapevolezza della qualificazione come "pornografico").
La parte finale della norma - relativa, come detto, alle condotte di distribuzione o divulgazione di notizie finalizzate all'adescamento/sfruttamento sessuale di minori - invece, sempre secondo quanto acclamato dalla dottrina, configurerebbe un reato a dolo specifico, consistente nella coscienza e volontà di distribuire o diffondere le notizie o informazioni di cui si è detto al fine di adescare direttamente minori ovvero di ottenerne la disponibilità, grazie all'opera di altri, per la prostituzione o la pornografia (MANTOVANI).
Infine, la condotta punita ai sensi del quarto comma configurerebbe un reato a dolo generico consistente nella coscienza e volontà dell'offerta o della cessione, gratuita o retribuita, del materiale pedopornografico, pur essendo possibile, ad avviso della dottrina, l'incriminazione anche a titolo di dolo eventuale, allorquando l'agente accetti il rischio, pur non avendone la certezza, che il materiale sia stato realizzato con la partecipazione di minori (MANTOVANI).
2. Le Sezioni Unite n. 51185 del 31 maggio 2018
Come in parte anticipato nel paragrafo che precede, il tema relativo alla produzione volontaria di materiale pedopornagrafico da parte dei minori ha da sempre destato non pochi dubbi interpretativi in giurisprudenza. Sul punto giova precisare, sommariamente, come a seguito delle Sez. Un. n.13/2000, la prevalente giurisprudenza di legittimità ha ritenuto necessario, ai fini dell'integrazione del reato de quo, il concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto, escludendo dall'area applicativa della norma quelle ipotesi in cui la produzione pornografica fosse destinata a restare nella sfera privata dell'autore. Successivamente, la terza sezione penale della Corte di Cassazione - con ordinanza n. 10167/2018 - aveva rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: «se, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 600-ter comma 1 n. 1 c.p., con riferimento alla condotta di produzione del materiale pedopornografico, sia ancora necessario, stante la formulazione introdotta dalla L. 6.2.2006 n. 38, l'accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale, come richiesto dalla sentenza a Sezioni Unite 31.5.2000 n. 13, confermata dalla giurisprudenza di questa sezione anche dopo la modifica normativa citata».
La Corte aveva evidenziato che, sulla base del principio affermato dalle Sezioni Unite n. 13 del 2000, dal momento che il delitto di pornografia minorile ha natura di reato di pericolo concreto, «il fatto di sfruttare minori degli anni diciotto al fine di realizzare esibizioni pornografiche o di produrre materiale pornografico, salvo l'eventuale ipotizzabilità di altri reati, non deve necessariamente essere caratterizzato dal fine di lucro o dall'impiego di una pluralità di minori, ma deve avere una consistenza tale (attraverso elementi sintomatici da accertare di volta in volta) da implicare il pericolo concreto di diffusione del materiale prodotto».
Tuttavia - si legge nell'ordinanza - a distanza di molti anni dalla citata decisione delle Sezioni Unite e alla luce delle osservazioni della dottrina «si sollecitano importanti interrogativi sulla correttezza dell'interpretazione delle Sezioni Unite su un sistema normativo in tema di pedopornografia mirante ad anticipare la repressione delle condotte già alla produzione del materiale, indipendentemente dall'uso personale o meno» dovendosi, così, «mettere in discussione l'accettazione dell'assioma delle Sezioni Unite del 2000 della necessità del pericolo di diffusione». All'udienza del 31 maggio, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sent. 51815/2018 (Presidente Carcano, Relatore Andronio), in linea con le argomentazioni esposte nell'ordinanza, hanno fornito risposta negativa al quesito sopra riportato sovvertendo, di fatto, il precedente orientamento e ritenendo non più necessaria ai fini dell'integrazione della fattispecie, l'accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale, in virtù delle nuove formulazioni della disposizione introdotte a parte dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38. In estrema sintesi, la Corte ha collegato l'evoluzione esegetica a quella tecnologica, valorizzando l'odierna pervasiva diffusione di smartphone, tablet e computer dotati di fotocamere incorporata che hanno reso normali il collegamento ad internet e l'utilizzazione di programmi di condivisione quali social, cui è connaturata una potenzialità diffusiva di per sé lesiva dei beni giuridici tutelati. Così operando, la Corte, ha dunque sancito la natura di reato di danno della produzione di materiale pedopornografico, rivoluzionando la visione tradizionale, che vedeva la fattispecie come reato di pericolo concreto precisando, altresì, come il revirement circa il pericolo di diffusione non si risolve in un overruling in malam partem rilevante ex art. 7 CEDU, giacché la generalizzazione del pericolo di diffusione del materiale realizzato utilizzando minorenni era già individuato, nella giurisprudenza precedente, come uno dei parametri per valutare la concretezza del pericolo.
Ad ogni buon conto, al fine di scongiurare una eccessiva criminalizzazione in contrasto con le finalità proprie del diritto penale, la pronunzia in parola ha statuito che si debba qualificare abusiva la produzione che sia caratterizzata: - dalla posizione di supremazia dell'agente nei confronti del minore; oppure dall'utilizzo di minaccia, violenza, inganno nei confronti del minore o, ancora, da un fine commerciale, ed, infine, in presenza di un coinvolgimento di minori di età inferiore a quella del consenso sessuale. Al contrario, qualora le immagini o i video abbiano per oggetto la vita privata sessuale nell'ambito di un rapporto che, valutate le circostanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell'autore, ove la concessione della propria immagine sia frutto di una libera scelta - come avviene, per esempio, nell'ambito di una relazione paritaria tra minorenni ultraquattordicenni - e le immagini siano destinate ad un uso strettamente privato, dovrà essere esclusa la ricorrenza di quella "utilizzazione" che costituisce il presupposto del reato.
Appare evidente come la Corte, con un obiter dictum, abbia di fatto avallato la liceità del c.d. sexting primario, ovvero della creazione di materiali pedopornografici col consenso del (o della) minore con la diretta conseguenza che non sussisterebbe infatti 'utilizzazione' di questi - e quindi la condotta richiesta dal co.1 dell'art. 600-ter c.p. - laddove i materiali raffigurino un minore che abbia raggiunto l'età del consenso sessuale (quattordici o sedici anni), siano destinati ad un uso strettamente privato e non conseguano ad alcun condizionamento, essendo bensì, al contrario, frutto di una libera scelta del minore ponendo al centro della questione non già il consenso del minore quanto piuttosto il concetto di "non utilizzazione" del minore steso, rilevandosi, questo, come essenziale (BIANCHI). Logica conseguenza della suddetta pronuncia, è la difficoltà interpretativa dei richiami interni all'art. 600-ter c.p. I capoversi di quest'ultimo - che come visto puniscono il commercio del materiale pedopornografico, la sua divulgazione, cessione etc. - fanno infatti riferimento al materiale pornografico di cui al co.1, e dunque alle immagini o video prodotti utilizzando minori di anni diciotto.
Di talché, laddove si escluda che l'autoproduzione consensuale di materiali pedopornografici integri la fattispecie di cui al primo comma, bisognerebbe di conseguenza rilevare l'irrilevanza penale (quantomeno nell'ambito di tale disposizione) del commercio, della divulgazione, etc., di detti materiali. In un caso di sexting, pertanto, l'originaria liceità della produzione del materiale determinerebbe effetti a cascata su tutte le altre fattispecie susseguenti (c.d. sexting secondario), rendendole inapplicabili e lasciando un vuoto normativo, in parte colmato dall'introduzione del reato di cui all'art. 612-ter c.p. e in parte colmato da un arresto giurisprudenziale recente per il quale l'illecita divulgazione di immagini e video di carattere sessuale che il minore si sia autoprodotto continuerebbe, pertanto, a integrare la fattispecie ex art. 600-ter co. 3 c.p., senza che sia necessaria la sussistenza del reato presupposto di produzione ex co. 1 (Cfr. Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 5522/2020).
3. Gli Ermellini mettono in discussione l'obiter dictum delle Sezioni Unite del 2018: l'ordinanza n. 25334 del 22 aprile 2021
Nonostante la copiosa giurisprudenza in materia, l'annosa questione relativa alla rilevanza penale della pedopornografia domestica continua, ancora oggi, ad assumere una ingente rilevanza all'interno del panorama giurisprudenziale. A testimoniarlo è la recentissima ordinanza n. 25334/2021 con cui la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione relativa al se il consenso del minore alla creazione di fotografie o video intimi che lo ritraggano (c.d. sexting), ad esclusivo uso delle persone coinvolte e nel contesto di una relazione affettiva, escluda il reato di produzione di materiale pedopornografico (art. 600-ter, co. 1, n. 1).
In particolare, la vicenda prende le mosse dalla produzione consensuale di immagini e video di alcuni rapporti sessuali intercorrente tra un trentenne e una minore ultraquattordicenne, uniti in una relazione sentimentale. Conseguentemente alla produzione dei suddetti video/immagini, il giovane trentenne li inoltra ad un altro soggetto, con cui la giovane intratteneva una nuova relazione. La ragazza presentava denuncia e, in fase di udienza preliminare (tre anni dopo), rappresentava in maniera parzialmente differente l'accaduto, ritenendo che non solo la produzione ma anche la diffusione del materiale pedopornografico sarebbero avvenute previo il suo consenso. La ritrattazione della giovane ragazza veniva considerata inattendibile dalla Corte d'Appello la quale riteneva, in ogni caso, il suo consenso priva di alcuna validità stante la sua minore età. L'imputato, con cui nel frattempo la ragazza intrattiene nuovamente una relazione sentimentale, veniva dunque condannato per i reati di produzione e divulgazione di materiali pedopornografici ai sensi e per gli effetti degli artt. 600-ter, co. 1, n. 1, e co. 3).
Ricorreva per Cassazione la difesa dell'imputato, contestando, da un lato, l'insussistenza del presupposto del reato di cui all'art. 600-ter c.p., atteso come nella realizzazione del materiale non vi fosse stata alcuna "utilizzazione" della minore, la quale anzi richiedeva di essere ripresa nel compimento degli atti sessuali che volontariamente poneva in essere. In via gradata, il difensore chiedeva la derubricazione del reato contestato nella meno grave fattispecie di cessione di materiale pedopornografico, ex art. 600-ter, co. 4, c.p., rilevando che la cessione delle immagini fosse stata esclusivamente bilaterale (giacché inoltrato, nella specie, dall'imputato all'ormai ex fidanzato tramite messaggio privato).
Ebbene, per come si evince dalla lettura dell'ordinanza in commento, la Terza Sezione della Cassazione - favorevole alla valutazione effettuata dai giudici di merito, che si discosta tuttavia dagli orientamenti espressi dalla stessa Cassazione tra il 2018 e il 2020 riguardo al sexting minorile - ritiene di mettere al centro dell'ordinanza di remissione due questioni: l'identificazione del bene giuridico protetto dalla normativa sulla pornografia minorile; e la validità del consenso del minore alla realizzazione di materiali pedopornografici.
Con riferimento alla prima delle anzidette questioni, la Corte ritiene che il bene protetto non sia solamente l'autonomia sessuale dei minori, individuata nell'obiter dictum delle Sezioni Unite 2018, quanto l'interesse del minore alla tutela della propria intimità e, più in generale, il contrasto alla diffusione dell'interesse sessuale verso i minori. Detto in altri termini, i giudici si sono interrogati sulla necessità di dare prevalenza alla libertà di un minore di realizzare immagini della propria vita sessuale oppure alla tutela dello stesso minore da future ed eventuali diffusioni illecite di tali materiali o, ancora, all'interesse pubblico atto a contrastare la realizzazione e diffusione di materiali pedopornografici, qualunque ne sia la fonte. Per ciò che riguarda, invece, la seconda delle anzidette questioni, la Corte di legittimità, pone il problema concernente la validità del consenso del minore di anni diciotto alla realizzazione di materiali pedopornografici ritenendo, in particolare, come le Sezioni Unite nel 2018 mancarono nell'approfondire il suddetto tema pur accettando, implicitamente, che il minore ultraquattordicenne potesse validamente acconsentire alla produzione di immagini o video, qualora essa si inserisca in una relazione affettiva, non sia condizionata e il minore non venga pertanto "utilizzato". In verità, per come si evince dal testo dell'ordinanza in commento, agli anzidetti quesisti, l'ordinanza, dà in parte già una risposta ritenendo, da un lato, di dover mettere in dubbio la capacità del minore di consentire validamente alla riproduzione di documenti della propria vita sessuale per un uso domestico e dall'altro escludendo che il minore possa prestare un valido consenso alla divulgazione di video e/o immagini ritraenti la propria vita sessuale e ciò anche e soprattutto in virtù di una relazione affettiva, quella tra un minore e un soggetto adulto, che difficilmente può definirsi come paritaria (Cfr.Cass. Pen, Sez. III penale, 18 aprile 2019 (dep. 18 giugno 2019), n. 26862; Cass. Pen., Sez. III penale, sent. 10 settembre 2020 (dep. 9 novembre 2020), n. 31192). E, perciò, sulla scorta delle anzidette argomentazioni, la Corte rimette la questione alle Sezioni Unite ponendo il seguente quesito: "Se il reato di cui all'art. 600 ter, comma 1, n. 1, c.p., risulti escluso nell'ipotesi in cui il materiale pedopornografico sia prodotto, ad esclusivo uso privato delle persone coinvolte, con il consenso di persona minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, in relazione ad atti sessuali compiuti nel contesto di una relazione affettiva con persona minorenne che abbia la capacita? di prestare un valido consenso agli atti sessuali, ovvero con persona maggiorenne".
4. L'informazione provvisoria delle Sezioni Unite del 28 ottobre 2021
In attesa del deposito delle motivazioni, da quanto si apprende dall'informazione provvisoria diffusa dalla Suprema Corte, all'esito della udienza pubblica del 28 ottobre trascorso, su conclusioni conforme del Procuratore generale, ha ritenuto che «Nel rispetto della volontà individuale del minore con specifico riguardo alla sfera di autonomia sessuale, il valido consenso che lo stesso può esprimere agli atti sessuali con persona minorenne o maggiorenne, ai sensi dell'art. 609 quater cod. pen., si estende alle relative riprese, sicché è da escludere, in tali ipotesi, la configurazione del reato di produzione di materiale pornografico, sempre che le immagini o i video realizzati siano frutto di una libera scelta e siano destinati all'uso esclusivo dei partecipi all'atto. Al di fuori della ipotesi descritta, la destinazione delle immagini alla diffusione può integrare il reato di cui all'art. 600 ter, primo comma, cod. pen., ove sia stata deliberata sin dal momento della produzione del materiale pedopornografico. Viceversa, le autonome fattispecie di cui al terzo e al quarto comma dell'art. 600 ter ricorrono allorché una qualsiasi delle condotte di diffusione o offerta in esse previste sia posta in essere successivamente ed autonomamente rispetto alla ripresa legittimamente consentita ed al di fuori dei limiti sopra indicati».
Autore: Avv. Prof. Leonardo Ercoli
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