- Diritto di autodifesa in sede penale dell'avvocato
- Il diritto di autodifesa è previsto dalla CEDU
- Non c'è una norma che legittima l'avvocato a difendersi da solo
Diritto di autodifesa in sede penale dell'avvocato
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L'imputato, che è anche avvocato, non può difendersi da solo. Non c'è infatti una norma nel nostro ordinamento penale che preveda questa possibilità. Questa esclusione non contrasta in ogni caso con la CEDU, che prevede il diritto di autodifesa, poiché sono gli Stati a decidere sul punto. Questo quanto affermato dall'ordinanza della Cassazione n. 41688/2021 (sotto allegata).
La vicenda processuale
In primo grado e in appello un avvocato vede respinte le domande finalizzate a ottenere la dichiarazione del suo diritto di difendersi da solo nel processo penale a suo carico.
La Corte ha sottolineato che l'istanza dell'avvocato ha natura d'impugnazione e visto che in ambito penale il sistema delle impugnazioni è tassativo, l'avvocato avrebbe piuttosto dovuto impugnare i provvedimenti emessi nel corso del processo penale insieme alla sentenza di merito.
Per la Corte "una sentenza del giudice civile che accertasse il diritto in questione, scardinerebbe il principio costituzionale dell'ordinamento giudiziario basato sull'autonomia degli organi giudiziari".
Non sussiste inoltre un interesse ad agire del legale "apparendo quanto meno esorbitante dal potere del giudicante dichiarare che ogni imputato ha diritto a difendersi personalmente in sede penale ovvero che quanto statuito dagli artt. 99, 121, 468 e 491 c.p.p assegnano in primis alla parte e poi al difensore le correlative attività."
Il diritto di autodifesa è previsto dalla CEDU
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L'avvocato soccombente, nel ricorso in Cassazione, solleva tre diversi motivi:
- Con il primo contesta la qualificazione della sua iniziativa come un'impugnazione, trattandosi solo di un'azione di accertamento, inoltre contesta la dichiarata insussistenza dell'interesse ad agire visto che sono stati disattesi i principi di autodifesa enunciati dalla CEDU.
- Contesta poi l'omessa pronuncia del giudice di primo grado e quindi di quello di appello in relazione alla questione di costituzionalità delle disposizioni codicistiche che precludono all'imputato la difesa personale.
- Censura infine la condanna alle spese del giudizio, la cui liquidazione doveva essere effettuata in base al primo scaglione.
Non c'è una norma che legittima l'avvocato a difendersi da solo
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La Cassazione rigetta il ricorso dell'Avvocato per le seguenti ragioni.
Infondato il primo motivo del ricorso perché all'imputato che sia anche avvocato non è consentito difendersi da solo, esercitando in tal modo l'autodifesa, perché non c'è una norma di legge che glielo consente. La mancanza di una simile previsione non contrasta in ogni caso con quanto previsto dalla CEDU, perché il diritto di autodifesa dalla stessa previsto non è assoluto, potendo ogni Stato statuire in autonomia in tal senso.
Precisa poi che i provvedimenti emessi in sede penale hanno natura endo processuale e sono impugnabili sono insieme ai provvedimenti della relativa fase processuale e con i mezzi tassativi d'impugnazione previsti, non potendo formare oggetto di discussione in una sede diversa. Infine è "privo d'interesse chi chiede una statuizione su un diritto da farsi valere in un altro giudizio."
Infondato anche il secondo motivo perché l'omesso esame di una questione di legittimità non può costituire oggetto d'istanza autonoma in relazione alla quale, mancando l'esame della stessa, si possa lamentare un vizio di omessa pronuncia.
Inammissibile infine il terzo motivo perché la decisione sulle spese è rimessa alla discrezionalità del giudice ed è sottratta nel caso di specie al sindacato di legittimità della Corte del difetto di specificità del motivo.
Scarica pdf Cassazione n. 41688/2021• Foto: 123rf.com