- Dissuasori di parcheggio nel cortile condominiale
- Dissuasore di sosta, giurisdizione
- Prova del nesso causale tra cosa in custodia e danno
- Visibilità dissuasori e conoscenza dello stato dei luoghi
Dissuasori di parcheggio nel cortile condominiale
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In tema di condominio negli edifici, le innovazioni di cui all'art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall'art. 1102 c.c., sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull'essenza della cosa comune, alterandone l'originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per quanto concerne, poi, l'aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l'interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell'assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, bensì con quello del singolo condomino, al cui perseguimento sono rivolte (Cass. n. 18052/2012). Inoltre, è stato altresì ribadito che (Cass. n. 12805/2019) nel condominio
sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità, secondo l'originaria costituzione della comunione, ma che l'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini una sensibile menomazione dell'utilità che il condomino ritraeva dalla parte comune, secondo l'originaria costituzione della comunione, ovvero se la stessa, recando utilità ai restanti condomini, comporti soltanto per uno o alcuni di loro un pregiudizio limitato, che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La necessità di dare puntuale attuazione al vincolo derivante dal regolamento di condominio ed assicurare, quindi, proprio quella destinazione che era stata assegnata alla piazzetta condominiale, consente di escludere che le opere approvate possano rientrare nella nozione di innovazione (Nel caso di specie, le opere consistevano nella installazione di cubi di cemento quali dissuasori del parcheggio nel cortile di condominio).Cassazione civile, sez. VI, ordinanza n. 3440/2022
Dissuasore di sosta, giurisdizione
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La domanda risarcitoria proposta da chi ritenga lesa la propria attività commerciale per effetto dell'avvenuta installazione sulla pubblica via, da parte di un comune, senza la preventiva emissione di un formale provvedimento ex art. 5, comma 3, cod. strada, di opere (fioriere, dissuasori di sosta e portarifiuti) preclusive ivi anche di una breve fermata delle auto per l'effettuazione di acquisti, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ponendosi comunque in discussione l'esercizio di una potestà pubblicistica rientrante nelle competenze municipali in materia di gestione del territorio e, in specie, della circolazione stradale"). Quando, invece, la contestazione ha ad oggetto non già il provvedimento amministrativo in sè, o le sue conseguenze dirette, bensì un effetto dannoso derivato dalla realizzazione dell'opera pubblica ed incidente sui concorrenti diritti soggettivi dei privati non direttamente coinvolti nella procedura espropriativa finalizzata all'esecuzione dell'opera predetta, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario.
Cassazione civile, sez. II, ordinanza n. 42136 2021
Prova del nesso causale tra cosa in custodia e danno
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La responsabilità ex art. 2051 cod. civ.postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa. Detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (ex multis Cass. 29/07/2016, n. 15761). (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del tribunale di Milano secondo il quale non era stato dimostrato da parte dell'attrice il nesso causale tra l'evento e il bene oggetto della custodia del Comune, non essendo provata la condizione particolarmente pericolosa e lesiva della catena metallica installata come dissuasore di parcheggio nei pressi della strada comunale).
Cassazione civile, sez. VI, ordinanza n. 4803/2021
Visibilità dissuasori e conoscenza dello stato dei luoghi
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In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento - come nel caso di specie - interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro; non può sostenersi che ogni area adibita al transito o al parcheggio debba essere munita di protezioni idonee a scongiurare ogni rischio di avveramento di eventi dannosi ad essa connessi e derivanti dal superamento dell'area adibita al parcheggio, i quali debbano ritenersi di per sé esclusi dall'adozione del generale dovere di cautela da parte dei fruitori, in rapporto alle condizioni dei luoghi: "opinando in senso diverso, nessuna protezione sarebbe mai sufficiente, visto che la sua inidoneità risulterebbe conclamata dall'avveramento del fatto che si intendeva evitare" (così dandosi luogo al moderno paradosso di Epimenide già icasticamente prospettato da Cass. ord. 25837/17) (Nel caso di specie, la Corte ha escluso la sussistenza del nesso causale ai sensi dell'art. 2051 c.c. sulla base della visibilità dei dissuasori e della conoscenza dello stato dei luoghi).
Cassazione civile, sez. VI, ordinanza n. 12416/2020