Reato di omessa dichiarazione
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La Corte di Cassazione chiarisce come la mancata compilazione di un quadro apposito non integri di per sé il reato di omessa dichiarazione previsto dall'art. 5 D.Lgs. 74/2000 ma, al più, quello di cui all'art. 4 dello stesso decreto (cfr. Cass. 5141/2022).
La vicenda
Tizio presentava tempestivamente la dichiarazione annuale relativa alle imposte dirette ed Iva per l'anno d'imposta 2011, lasciando in bianco lo spazio RS.
Egli veniva rinviato a giudizio per la violazione dell'art.5 D.Lgs. 74/2000, disciplinante l'omessa dichiarazione della dichiarazione obbligatoria relativa alle imposte su redditi o sul valore aggiunto.
Condannato sia in primo che in secondo grado, l'imputato ricorreva per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la mancata correlazione tra accusa e decisione ex artt. 521 - 522 - 604 c.p.p. ed eccependo, di conseguenza, la nullità della sentenza, che aveva assimilato le mera incompletezza - riconducibile, al più, al diverso reato di dichiarazione infedele di cui all'art. 4 D.Lgs. 74/2000 - al delitto omissivo punito ai sensi dell'art. 5 del decreto de quo.
La Suprema Corte ha riconosciuto pregio al motivo di impugnazione, annullando senza rinvio la sentenza di condanna.
Le norme di riferimento
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L'art. 5 D.Lgs 74/2000 così dispone:
1. È punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.
1-bis. È punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.
2. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
L'art. 4 D.Lgs. 74/2000 così recita:
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
1. a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 100.000;
2. b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.
1-bis. Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).
La decisione della Corte di Cassazione
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Gli Ermellini hanno ben illustrato che "il reato è integrato allorquando, nei termini previsti dalle leggi tributarie, il contribuente non trasmetta agli uffici competenti le predette dichiarazioni".
Il dato letterale della norma è privo di fraintendimenti in quanto fa esplicito riferimento alla mera mancata presentazione.
Dunque, non è ammissibile l'equiparazione di una dichiarazione incompleta con una omessa, in quanto la condotta è esaustivamente e rigorosamente individuata dalla norma.
Non solo, ma, così operando, la pronuncia di condanna poggerebbe la propria motivazione su una interpretazione analogica contrastante con il principio di legalità.
A suffragio della propria decisione, la S.C. non manca di rammentare che anche la giurisprudenza tributaria e civile si sono espresse sull'improponibilità di tale equipollenza, finendo poi per citare altre pronunce di legittimità secondo cui, qualora il contribuente non ometta la dichiarazione, ma indichi volontariamente valori diversi rispetto al dovuto, rischia di ricadere nella dichiarazione infedele (art. 4 D.lgs. 74/2000), non certo nella omessa dichiarazione (art. 5 D.lgs 74/2000).
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