Nel precisare che "non ogni violazione di obbligo coniugale comporta il diritto al risarcimento del danno ma solo quella posta in essere attraverso condotte che, per loro intrinseca gravità, si pongano come fatti di aggressione e che pertanto comportano una grave lesione dell'esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana ossia della lesione che in un certo senso va a toccare proprio l'in sé della persona e non aspetti marginali della stessa: il tutto ovviamente all'interno del bilanciamento delle posizioni dei coniugi volto ad accordare tutela all'interesse costituzionalmente prevalente", il Tribunale di Brescia (Sent. 14.10.2006) ha condannato un marito, al quale aveva addebitato la separazione per violazione dell'obbligo di fedeltà di cui all'art. 143 c.c., al risarcimento del danno esistenziale in favore della moglie, quantificato equitativamente in € 40.000,00, oltre intressi legali.
"Infatti - continua il Tribunale - il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo da un lato ritenersi che diritti definiti inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i titolari si pongano o meno all'interno di un contesto familiare (…) e dovendo dall'altro escludersi che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio riceve la propria sanzione, in nome di una presunta specificità completezza ed autosufficienza del diritto di famiglia, esclusivamente nelle misure tipiche previste da tale branca del diritto (quali la separazione e il divorzio, l'addebito della separazione, la sospensione del diritto all'assistenza morale e materiale nel caso di allontanamento senza giusta causa dalla residenza familiare), dovendosi, invece, predicare una strutturale compatibilità degli istituti del diritto di famiglia con la tutela generale dei diritti costituzionalmente garantiti, con la conseguente, concorrente rilevanza di un dato comportamento sia ai fini della separazione o della cessazione del vincolo coniugale e delle pertinenti statuizioni di natura patrimoniale, sia quale fatto generatore di responsabilità aquiliana".
"Infatti - continua il Tribunale - il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo da un lato ritenersi che diritti definiti inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i titolari si pongano o meno all'interno di un contesto familiare (…) e dovendo dall'altro escludersi che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio riceve la propria sanzione, in nome di una presunta specificità completezza ed autosufficienza del diritto di famiglia, esclusivamente nelle misure tipiche previste da tale branca del diritto (quali la separazione e il divorzio, l'addebito della separazione, la sospensione del diritto all'assistenza morale e materiale nel caso di allontanamento senza giusta causa dalla residenza familiare), dovendosi, invece, predicare una strutturale compatibilità degli istituti del diritto di famiglia con la tutela generale dei diritti costituzionalmente garantiti, con la conseguente, concorrente rilevanza di un dato comportamento sia ai fini della separazione o della cessazione del vincolo coniugale e delle pertinenti statuizioni di natura patrimoniale, sia quale fatto generatore di responsabilità aquiliana".
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