"La lettura costituzionalmente orientato della normativa di tutela, nel senso che l'indennizzo, pur non comparabile con il risarcimento del danno, è dovuto in tutti i casi di lesione permanente dell'integrità psico-fisica, cioè della salute come tale, indipendentemente dall'incidenza sulla capacità di produzione di reddito, conduce a ritenere sussistente il diritto a percepirlo del soggetto affetto da contagio HCV (sicuramente danno permanente alla salute), pur senza sintomi e pregiudizi funzionali attuali, dovendosi intendere il richiamo alla tabella A annessa al D.P.R. 834/81 quale prescrizione dei criteri di massima finalizzati alla liquidazione". È quanto ha di recente stabilito la Corte di Cassazione con Sent. n. 10214/2007 nella quale, confermando la decisione del giudice di merito di secondo grado che aveva riconosciuto la tutela in favore di un soggetto affetto, a seguito di trasfusione, da "epatite silente", ha chiarito che anche la mera positività al virus rappresenta di per sé un danno meritevole di essere indennizzato. La Corte aggiunge infatti che "la doverosa interpretazione in senso costituzionalmente orientato della normativa conduce a ritenere che il danno alla salute - e non già l'incapacità lavorativa generica - rappresenta l'unità di misura che deve potere essere applicata al fine del riconoscimento dell'indennizzo
".

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: