- Niente casa alla ex se il figlio convivente spaccia
- Senza condanna definitiva l'obbligo di mantenimento persiste
- Basta mantenere il figlio che spaccia e non progetta il futuro
Niente casa alla ex se il figlio convivente spaccia
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Corretta e ben motivata sia dal punto di vista logico che giuridico la decisione con cui la Corte di appello ha revocato alla ex la casa coniugale. Il figlio, convivente con la donna, invece di cercarsi un lavoro o studiare, si è dedicato allo spaccio, con l'aiuto della madre, tanto che in casa sono stati rinvenuti cocaina e contanti. Viene meno quindi l'obbligo a carico del padre di mantenere il figlio, che preferisce dedicarsi ad attività illegali piuttosto che a un percorso che lo possa aiutare ad inserirsi nel mondo del lavoro. Questa la motivazione dell'ordinanza n. 17075/2022 della Cassazione (sotto allegata).
La vicenda processuale
Il Tribunale dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio di due coniugi e assegna la casa alla moglie convivente con il figlio di 21 anni non ancora autosufficiente economicamente.
La Corte di Appello però riforma la decisione di primo grado.
Senza condanna definitiva l'obbligo di mantenimento persiste
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La moglie, penalizzata dalla decisione del giudice dell'impugnazione, ricorre in Cassazione contestando la revoca dell'assegnazione della casa coniugale che il giudice dell'appello ha disposto dopo aver rilevato che il figlio maggiorenne con essa convivente, si è dedicato allo spaccio di sostanze stupefacenti. Situazione che, per la Corte, ha fatto venire meno l'obbligo, a carico del padre, di dover mantenere il figlio. Obbligo che però per la ex moglie persiste perché non è ancora intervenuta una sentenza di condanna definitiva.
Basta mantenere il figlio che spaccia e non progetta il futuro
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La Cassazione reputa però il ricorso del tutto inammissibile perché nell'abitazione oggetto di assegnazione, al termine di una perquisizione domiciliare sono state rinvenute sostanze stupefacenti, tra cui cocaina e 4000 euro in contanti. Fatti per i quali il giovane e la madre sono stati tratti in arresto con l'accusa di spaccio.
Congrua quindi la motivazione della decisione con cui la Corte di Appello ha disposto la revoca dell'assegnazione della casa coniugale. Essa ha desunto infatti che il giovane non impiegava le proprie energie nella ricerca di un lavoro onesto, ma preferiva la via dell'illegalità. Il mancato raggiungimento di una sua autonomia non può quindi essere fatta gravare sul padre.
Ricorda inoltre la Cassazione come precedenti pronunce si siano espresse molto chiaramente sulla questione del mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti affermando che: "Ai fini del riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all'assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito e? tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'eta? dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l'assegnazione dell'immobile, fermo restando che tale obbligo non puo? essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiche? il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacita?, inclinazioni e (purche? compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni."
Il diritto al mantenimento da parte del figlio maggiorenne quindi persiste solo se lo stesso si impegna in un percorso formativo o nella ricerca di un'attività lavorativa, non quando risulta del tutto assente una qualsiasi progettualità o iniziativa finalizzata ad inserirsi in un contesto lavorativo.
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Scarica pdf Cassazione n. 17075-2022• Foto: 123rf.com