- Inchino statua del santo davanti casa del boss
- La turbatio sacrorum
- La dimensione "spirituale" del bene protetto
Inchino statua del santo davanti casa del boss
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La sentenza della terza Sezione penale della Cassazione n. 2242/2022 (in allegato) decide su uno dei tanti casi di cosiddetto "inchino" della statua di un santo condotta in processione lungo le vie di un piccolo comune di fronte alla casa di un boss mafioso. La sentenza rigetta il ricorso presentato dall'imputato verso la pronuncia della Corte d'Appello di Palermo, e conferma la condanna a sei mesi di reclusione per aver ordinato ai portatori del fercolo di fermarsi innanzi all'abitazione di un noto boss mafioso per rendere omaggio alla famiglia e per aver conseguentemente turbato il regolare svolgimento della processione in presenza dell'officiante. Così facendo aveva alterato «il normale iter temporale e formale, alla presenza di un ministro di culto impegnato nella stessa e della Forze dell'Ordine, che si determinavano ad abbandonare subitamente quella che non era piu' l'iniziale manifestazione della devozione popolare in onore di un Santo, ma manifestazione di riaffermazione della influenza di una famiglia sul territorio, cui pure il simulacro del Santo doveva tributare rispetto».
Conclusione condivisa dalla Corte di appello sulla scorta della concorde ricostruzione della vicenda da parte dei due rappresentanti della Forze dell'Ordine (Polizia di Stato e Carabinieri) che stavano prendendo parte alla processione per motivi istituzionali (per poi abbandonarla dopo l'episodio in questione in segno di dissociazione): "la conducenza (in fatto e logica) - afferma la Corte territoriale - della ricostruzione rassegnata dai nominati operanti di P.G. va ricondotta alla non controversa posizione rispettivamente mantenuta durante la marcia: gli agenti di P.S. subito dopo il simulacro del Santo ed i Militari dell'Arma nella zona anteriore al corteo.
La turbatio sacrorum
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Il reato contestato è relativo all'articolo 405 che punisce il "Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiose", con la reclusione sino a due anni e colpisce chiunque impedisca o turbi l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose che si svolgono in presenza dell'officiante, in un luogo destinato al culto, in luogo pubblico o aperto al pubblico.
I giudici della Suprema corte ribadiscono che «Il reato di "turbatio sacrorum" di cui all'articolo 405 c.p., può essere perfezionato da due condotte antigiuridiche: l'impedimento della funzione, consistente nell'ostacolare l'inizio o l'esercizio della stessa fino a determinarne la cessazione, oppure la turbativa della funzione stessa, che si verifica quando il suo svolgimento non avviene in modo regolare (Sez. 3, n. 20739 del 13/03/2003, Rv. 225740 - 01; Sez. 3, n. 369 del 06/03/1967, Rv. 104093 - 01). Nel caso di specie, la suddetta processione «avendo la finalità di esaltare il sentimento religioso e di rendere omaggio anche fuori dal tempio alla divinità, alla Madonna ed ai Santi, costituisce una pratica religiosa tutelata dall'articolo 405 c.p.». Dunque, è escluso, nel caso di specie l'impedimento. Arriviamo ad oggi, il legislatore ha formato il Titolo IV del Libro II del c.p., intitolando il Capo Primo "Dei delitti conto le confessioni religiose" (articolo 10), sostituendo gli articoli 403 e 404 c.p. (articoli 7 e 8 della Legge), modificando l'articolo 406 (articolo 9) e abrogando l'articolo 405 c.p. In particolare, riferiscono i giudici, nel diritto «La peculiarità del bene tutelato dal delitto di cui all'articolo 406 c.p., performa la condotta del turbare l'esercizio di una funzione, cerimonia o pratica religiosa, in termini diversi dal turbamento, per esempio, della regolarità di un ufficio o di un servizio pubblico o di pubblica necessita' integrante la fattispecie del reato di cui all'articolo 340 c.p.. La diversità dell'oggetto della condotta di "turbatio sacrorum" esclude che per la sua integrazione sia necessaria, come conseguenza, la materiale discontinuità nell'esercizio della funzione religiosa o un ritardo o un suo diverso svolgimento (si pensi alla non programmata deviazione del percorso della processione)».
La dimensione "spirituale" del bene protetto
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Rileva la dimensione "spirituale" del bene protetto la cui tutela «non consiste tanto (e solo) nell'assicurare la materiale regolarità della funzione religiosa, quanto anche nell'impedire che essa possa essere dissolta, utilizzata per scopi che offendono o sono in contrasto con la sensibilità religiosa dei fedeli che vi partecipano e con i valori espressi dalla fede professata. Il "sentimento religioso", a vario modo tutelato dalle norme contenute nel Capo Primo del Titolo IV del Libro Secondo del codice penale, pur avendo una dimensione individuale ed intima, ha una sua proiezione necessariamente materiale perché si manifesta attraverso le persone (articolo 403 c.p.), cose (articolo 404 c.p.) e funzioni (articolo 405 c.p.) con le quali e mediante le quali ciascun individuo (o collettività di persone) ha modo di testimoniare la propria fede, il proprio credo religioso, di alimentarlo, di coltivarlo, di viverlo».
Se ne deduce che «Il turbamento di una funzione/pratica/cerimonia religiosa rileva, dunque non solo (e non tanto) sotto il profilo materiale ma anche sotto quello della strumentalizzazione della funzione a scopi totalmente contrari al sentimento religioso di chi vi prende parte, ai valori da esso espressi, nei quali il sentimento religioso di ciascuno si riconosce e che la funzione intende evocare e "onorare"». Cosa che è avvenuta nel caso delle «due soste effettuate senza alcuna giustificazione dinanzi alla abitazione di congiunti stretti».
Scarica pdf Cass. n. 2242/2022• Foto: 123rf.com