- Responsabilità disciplinare dell'atleta minore: le norme
- Obiettivo tutela del minore
- Idoneità della pena
- Dichiarazione dei diritti del fanciullo e deroghe alla speciale protezione
- Conclusioni
Responsabilità disciplinare dell'atleta minore: le norme
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L'attuale Codice di Giustizia Sportiva del CONI, che costituisce la norma quadro, alla quale tutti i regolamenti di giustizia sportiva endofederale devono conformarsi, regola sia aspetti di natura civilistica sia di natura puramente disciplinare. In quest'ultimo caso, l'impianto procedurale è fondato sui principi che regolano l'attuale processo penale, dal quale il Codice attinge le varie figure (Procura federale, Tribunale, Corte Federale d'Appello) e istituti (conclusione indagini, rinvio a giudizio, attenuanti etc.).
Nell'attuale procedimento disciplinare non viene fatta alcuna differenza tra incolpato maggiorenne o minorenne, salvo nel caso del regolamento antidoping equino, alcuna distinzione in base all'età., ponendo sempre alla base la necessità che gli statuti ed i regolamenti federali debbano assicurare una corretta organizzazione e gestione delle attività sportive, il rispetto del FAIR PLAY (gioco leale) nonché la decisa opposizione ad ogni forma di illecito sportivo, con particolare attenzione all'uso di sostanze e metodi vietati, alla violenza sia fisica che verbale, alla commercializzazione e alla corruzione.
Premesso che la giustizia di tipo disciplinare si fonda sulla considerazione che i soggetti dell'ordinamento sportivo devono rispettare il complesso delle regole che lo caratterizzano con la consapevolezza che in caso di violazione delle stesse sarà loro applicata una sanzione disciplinare proporzionale alla gravità della violazione commessa. Perciò il processo disciplinare, che per le sue caratteristiche si avvicina molto al processo penale statale, presuppone sempre la violazione di una norma disciplinare alla quale è correlata l'applicazione di una sanzione.
Sulla natura del giudizio disciplinare (e le sue decisioni) e sull'ampiezza dell'autonomia degli organi di giustizia il confronto è ancora aperto.
Obiettivo tutela del minore
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Il sistema di giustizia minorile deve avere per obiettivo la tutela del minore, con ciò intendendosi che lo scopo finale della azione giudiziaria, persino nell'ordinamento sportivo, non può e non deve risolversi in una mera reprimenda, ma deve vertere, se non in via esclusiva, certamente in misura prevalente alla sua educazione, proprio in funzione dell'inserimento maturo del minore nel contesto sociale sportivo.
Il problema è rilevante, sia dal punto di vista della imputabilità, che della funzione rieducativa della pena.
Nel diritto penale, il minore degli anni quattordici non è imputabile; sono previsti trattamenti differenziati, sia del rito che della pena, per la fascia che va dai quattordici ai diciotto anni, e dai diciotto ai ventuno anni, proprio al fine di favorire il reinserimento nella vita sociale. Nel diritto sportivo, oltre a non essere prevista una età minima per essere giudicabili, la scelta della sanzione, sia nella specie che nella misura, è lasciata ai singoli organi giudicanti.
E' chiaro che, nel caso di irrogazione di pena pecuniaria, la funzione rieducativa nei confronti del minore sia assolutamente minimale, atteso che la sanzione avrà impatto sulla famiglia di appartenenza; mentre una sanzione inibitoria, sarà certamente più impattante, in quanto il giovane sanzionato vedrà preclusa la sua partecipazione alle competizioni.
Idoneità della pena
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Ad oggi la scelta della pena più idonea viene compiuta nel singolo caso, e non mancano pronunce autorevoli che prendono in esame il problema.
Ad esempio il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI è intervenuto con una pronuncia, la n. 3 del 3 dicembre 2014 stabilendo che: "La sanzione irrogata all'atleta non può prescindere dalla considerazione della circostanza relativa alla minore età del soggetto da giudicare, stante la posizione di tutela assunta dall'ordinamento nei confronti dei minorenni, quali soggetti ancora in formazione e alla ricerca della propria identità. In questo senso, deve essere richiamato il rapporto tra la funzione rieducativa della pena, affermato dall'art. 27, comma 3, Cost., e la protezione che l'ordinamento accorda all'infanzia e alla gioventù, ai sensi dell'art. 31, comma 2, Cost.".
Tale sentenza riguarda la vicenda di un giovane pallanuotista che, all'epoca dei fatti, era prossimo al compimento dei 16 anni di età. L'atleta era stato sanzionato dalla Commissione Federale D'Appello della FIN - Federazione Italiana nuoto con la squalifica di 6 mesi alla partecipazione di un campionato, oltre a diffidarlo dal porre in essere comportamenti analoghi a quello per il quale era stato sanzionato.
Il minore, durante una competizione, aveva "colpito con un violentissimo ed intenzionale pugno l'avversario … al fine di provocare danno fisico tanto da cagionare un grave infortunio". Il Giudice di Gara gli aveva comminato 4 giornate di "squalifica per brutalità", con un 'ammenda di euro 200,00; invece la Commissione d'Appello Federale della FIN - Federazione Italiana Nuoto, con decisione n. 29 del 3 settembre 2014, in parziale accoglimento del ricorso della Procura Federale FIN, aveva inasprito il trattamento sanzionatorio, irrogando all'atleta la squalifica di mesi 6, oltre la diffida.
La Corte Costituzionale ha più volte evidenziato il collegamento esistente tra l'articolo 27, comma 3, Cost. in base al quale "Le pene (…) devono tendere alla rieducazione del condannato" mentre l'articolo 31, comma 2, Cost. per il quale "La Repubblica (…) Protegge (…) l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo" - nel senso che tali norme impongono "una incisiva diversificazione, rispetto al sistema punitivo generale, del trattamento penalistico dei minorenni" (cfr., Corte Cost., sent. n. 168 del 27 aprile 1994). Questa diversificazione, imposta dall'art. 31 della Costituzione, letto anche alla luce delle convenzioni internazionali, le quali impegnano gli Stati nel senso della particolare protezione dei minorenni, fa assumere all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, relativamente a questi ultimi, un significato distinto da quello che è riferibile alla generalità dei soggetti quanto alla funzione rieducativa della pena. Questa funzione - data la particolare attenzione che deve essere riservata, in ossequio all'art. 31 della Costituzione, ai problemi educativi dei giovani - per i soggetti minori di età è da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente" (cfr., Corte Cost., sent. n. 168/1994).
Sulla base della "prospettiva della spiccata protezione del minore" espressa nell'art. 31, secondo comma, della Costituzione, secondo la Corte Costituzionale si "impone un mutamento di segno al principio rieducativo alla pena, attribuendo a quest'ultima, proprio perché applicata nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identità, una connotazione educativa più che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale" (cfr., Corte Cost., sent. n. 168/1994).
Emerge l'esigenza di specifica individualizzazione e flessibilità del trattamento che l'evolutività della personalità del minore e la preminenza della funzione rieducativa richiedono", con la conseguenza che la pena " va applicata solo fino al momento in cui svolga un'effettiva funzione di emenda" (cfr., Corte Cost., sent. n. 125 del 16 marzo 1992).
In buona sostanza, fermo restando che nel nostro ordinamento sportivo i minori sono sempre giudicabili, nell'individuare il tipo e quantità della sanzione occorrerà aver riguardo a tutti quei principi fondamentali, posti alla base del nostro ordinamento giuridico a tutela di una fascia considerata debole.
Dichiarazione dei diritti del fanciullo e deroghe alla speciale protezione
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La Dichiarazione dei diritti del fanciullo (ONU, New York, 20 novembre 1959) che ha sancito che "il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti". Allo stesso modo dovrà tenersi conto, sia in fase di instaurazione del procedimento, sia in fase di giudizio, di quanto previsto da l'art. 8 delle Regole minime per l'amministrazione della giustizia minorile, c.d. Regole di Pechino del 1985. (Tutela della vita privata), secondo cui "Il diritto del giovane alla vita privata deve essere rispettato a tutti i livelli per evitare che inutili danni gli siano causati da una pubblicità inutile e denigratoria".
Tuttavia qualche anno addietro un'atleta minore di 10 anni venne accusata di doping equino. Nel caso di specie, all'esito di una competizione, il suo cavallo era stato trovato positivo ad una sostanza considerata vietata dal regolamento antidoping della FISE - Federazione Italiana Sport Equestri, c.d. Regolamento ECM e EAD.
Il Tribunale Federale FISE, in prima istanza, aveva condannato la minore ad un anno di sospensione dall'attività sportiva e il pagamento di un'ammenda di euro 5.000,00, atteso che, nella normativa ECM e EAD, va tuttavia chiarito che è responsabile dell'illecito di doping equino (salvo eccezioni) chi monta il cavallo durante la competizione.
La FISE - Federazione Italiana Sport Equestri, sul punto, ha chiarito che per soggetto responsabile deve intendersi "l'atleta che monta o conduce il cavallo nell'evento in cui si effettua il controllo ECM e EAD (…).".
Tanto il Regolamento di Giustizia FISE quanto il Regolamento EAD - ECM (come tutti i regolamenti federali) non menzionano alcun parametro per stabilire da quale età o da quale circostanza il minore possa considerarsi punibile e, quindi, responsabile di un illecito.
Conclusioni
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Tutto ciò fa comprendere che responsabilità disciplinare dell'atleta minore non sempre significa che debba essere considerato l'autore o il responsabile dell'illecito, questo perché l'attuale normativa disciplinare lascia ampio spazio discrezionale ai singoli organi giudicanti, ai quali l'unico rimedio nomofilattico è affidato al Collegio di Garanzia del CONI.
Si auspica che, in tempi brevi gli organi deputati avviino, un'azione normativa incisiva, che assicuri certezza dei diritti degli atleti minorenni, soprattutto in materia di illecito e di prevenzione dello stesso, proprio al fine di far comprendere già in giovane età la necessità di un comportamento sportivo corretto, la cui violazione comporta sanzioni, così riuscendo a garantire l'impronta preventiva che molte carte dei diritti fondamentali dei fanciulli tutelano.
AVV. MARIA CARMELA CALLA'
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