- Il mantenimento dei figli maggiorenni non è a tempo indeterminato
- I genitori non devono mantenere i figli maggiorenni all'infinito
- Si attivi la figlia ormai trentenne per rendersi indipendente
Il mantenimento dei figli maggiorenni non è a tempo indeterminato
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La Cassazione torna sul tema dei figli bamboccioni, accogliendo con l'ordinanza n. 29264/2022 (sotto allegata) il ricorso di un padre, stanco di mantenere la figlia ormai trentenne che, con la sua condotta, come rileva la stessa Cassazione, non esprime il desiderio di rendersi autonoma economicamente dal padre, come se l'obbligo di mantenimento fosse a tempo indeterminato. Si attivi la figlia, se in difficoltà, a chiedere forme di sostegno sociale anziché vivere con le risorse del padre.
La vicenda processuale
Un genitore, tramite il suo amministratore di sostegno, chiede la revoca dell'assegno di mantenimento riconosciuto alla figlia, nata nel 1993.
La Corte di Appello però respinge la richiesta perché il mantenimento è stato sancito dalla sentenza di divorzio, quando il soggetto era già sottoposto ad amministrazione di sostegno.
E' emerso che la figlia, negli anni, ha lavorato a nero nell'impresa di pulizia dei nonni e poi presso l'attività della made, percependo solo 50 euro alla settimana, importi che le hanno impedito di essere autonoma.
La giovane, anche se ormai trentenne, poiché presenta uno stato di una capacità lavorativa generica e fino ad oggi ha svolto solo in nero o mal pagati, non ha raggiunto quella indipendenza economica che può giustificare la revoca del mantenimento. Il fatto poi che la stessa abbia avuto una bambina, viva ancora con la madre e che abbia un compagno, non significa che quest'ultimo debba provvedere a lei, visto che, anche se di professione pizzaiolo, lo stesso continua a vivere con i suoi genitori.
I genitori non devono mantenere i figli maggiorenni all'infinito
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Il papà però non ci sta e contesta la decisione per violazione dell'art. 9 della sul divorzio. Secondo lui sussistono i motivi sopravvenuti che giustificano la revoca del mantenimento. la sentenza inoltre viola gli articoli del Codice civile che regolano l'obbligo di mantenimento, visto che non è emerso in giudizio un comportamento responsabile e la volontà della figlia di raggiungere una sua autonomia. Ritiene infine che la Corte abbia errato nel considerare le sole dichiarazioni della figlia per giungere alla conclusione che la stessa non ha una sua autonomia economica.
Si attivi la figlia ormai trentenne per rendersi indipendente
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La Cassazione ritiene il ricorso fondato, precisando che per escludere il mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente sono necessarie determinate prove da parte del genitore, che vanno integrate con la valutazione dell'età del figlio, del raggiungimento effettivo di una sua competenza tecnica professionale e dell'impegno a reperire un'occupazione nel mondo del lavoro.
Il figlio di genitori divorziati, la cui età ha superato ampiamente la maggiore età, che non ha un lavoro stabile o che percepisce una remunerazione non adeguata a consentirgli di condurre un'esistenza dignitosa, non può soddisfare la sua realizzazione e le sue aspirazioni con il solo mantenimento dei genitori. Tale adempimento non è destinato a prolungarsi per sempre.
Il figlio deve semmai attivarsi e fare ricorso agli ausili di natura sociale di sostegno del reddito, ferma restando la sola obbligazione alimentare.
Principi questi che la corte di merito non ha applicato correttamente. La condizione di madre, l'età e il fatto che la stessa vive nel meridione d'Italia, non sono motivazioni sufficienti per il permanere dell'obbligo di mantenimento da parte dei genitori. L'inerzia ad attivarsi per ottenere sostegni sociali al reddito non può condurre a un diritto al mantenimento di durata indeterminata.
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Scarica pdf Cassazione n. 29264/2022• Foto: 123rf.com