- Medico assolto se perizie e consulenze lasciano dubbi
- Medico Pronto Soccorso condannato
- Non va dimesso il paziente se il quadro clinico è poco chiaro
- Perizie e consulenze contrastanti portano all'assoluzione
Medico assolto se perizie e consulenze lasciano dubbi
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Non si può condannare una dottoressa del PS per omicidio colposo, perché ha dimesso un uomo, che lo stesso giorno è morto di infarto, se le diverse perizie e consulenze disposte durante il giudizio sono addivenute a esiti incerti sulle cause della morte del paziente.
Principio questo che la Cassazione ha ribadito nella sentenza n. 39129/2022 (sotto allegata)
Medico Pronto Soccorso condannato
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Un uomo si reca al Pronto Soccorso a causa di un dolore alle spalle e dopo alcuni controlli viene dimesso. La stessa sera l'uomo muore per un infarto del miocardio. Della morte viene accusata la dottoressa del PS che, nel visitarlo, avrebbe trascurato sia gli esiti degli accertamenti, che richiedevano ulteriori approfondimenti sia la pregressa patologia diabetica riferita dal paziente.
La sanitaria viene infatti condannata per il reato di omicidio colposo alla pena condizionalmente sospesa di un anno e 4 mesi di reclusione, dopo il giudizio abbreviato e al pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili.
Impugnata la sentenza di primo grado, in secondo grado la Corte assolve la dottoressa dal reato, revocando anche le statuizioni civili, perché il fatto non sussiste.
Non va dimesso il paziente se il quadro clinico è poco chiaro
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Ricorrono in Cassazione le parti civili, contestando in particolare alla Corte di aver trascurato le risultanze processuali spiegate dai periti e dai consulenti incaricati. Conclusioni condivise anche dai consulenti del PM e riportate nella sentenza di primo grado, da cui emerge che tutti sono concordi nel ritenere che il de cuius dovesse essere sottoposto ad ulteriori approfondimenti ed esami.
Ragione per la quale la Corte avrebbe commesso vizio motivazionale in ordine al principio "dell'oltre ragionevole dubbio", applicabile anche nel caso di specie, caratterizzato da ricostruzioni alternative dei fatti rispetto a quella offerta dal GUP, che non trovano però conferma nelle risultanze processuali, dalle quali emerge piuttosto la responsabilità della dottoressa.
Il paziente è infatti morto a causa di un infarto già presente al primo ingresso perché la dottoressa, di fronte a un quadro poco chiaro e critico, ha agito con negligenza, imprudenza e imperizia, dimettendolo.
Perizie e consulenze contrastanti portano all'assoluzione
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Il ricorso della parti civili viene respinto dalla Cassazione a causa della infondatezza dei motivi sollevati. Dopo l'esposizione di importanti precedenti giurisprudenziali sul giudizio di responsabilità penale che conduce alla condanna o all'assoluzione dell'imputato, soffermandosi sul caso di specie, gli Ermellini ricordano che la Corte è giunta a diversa conclusione a causa di "un contesto di poca certezza sul reale svolgimento degli accadimenti, sui fatti stessi, sulla loro eziologia, sulla portata dirimente, nell'un senso o nell'altro, dei molti accertamenti tecnici o peritali dei mandati ed eseguiti, con tanto di coda critica rappresentata dal supplemento indicativo disposto."
Il dubbio però e in realtà, rileva la Cassazione, non investe solo il nesso di causa materiale, ma anche la colpa dell'imputata soprattutto alla luce dei risultati degli esami e delle condizioni del paziente al momento delle dimissioni. Il paziente inoltre non aveva mai sofferto di cuore, mentre aveva accusato in diverse occasioni dolori muscolo scheletrici, in più l'algia lamentata dal paziente non era facilmente diagnosticabile.
Corretta quindi, da parte della Corte di Appello, l'applicazione del principio per il quale "in tema di responsabilità per colpa medica, qualora sussistano, in relazione a priorità di indagini svolte da periti e consulenti, tesi contrapposte sulla causalità materiale dell'evento, il giudice, previa valutazione dell'affidabilità metodologica e dell'integrità dell'intenzione di esperti, che dovranno delineare gli scenari degli studi e fornire adeguate elementi di giudizio, deve accertare, all'esito di una esaustiva indagine delle singole ipotesi formulate dagli esperti, la sussistenza di una soluzione sufficientemente affidabile, costituita da un metateoria frutto di una ponderata valutazione delle differenti rappresentazioni scientifiche del problema, in grado di fornire concreti, significativi ed attendibili informazioni idonee a sorreggere l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato. Altrimenti potendo e dovendo concludere, come avvenuto nel caso di di esame, per l'impossibilità di addivenire ad una conclusione in termini di certezza processuale."
Scarica pdf Cassazione n. 30129/2022