La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 21643/2007) ha stabilito che occorre utilizzare molta attenzione e prudenza nel valutare le testimonianze rese dai minori in tema di abusi e ciò in quanto per i bambini vicini all'infanzia è molto alto il rischio che gli stessi non riescano a distinguere il vissuto dall'immaginato.
Partendo da questa considerazione la Corte giunge poi ad affermare che "le dichiarazioni di un minore persona offesa di reati sessuali, specie nel caso in cui costituiscano l'unica fonte di prova, devono essere sottoposte ad un esame critico particolarmente rigoroso tendente a verificare l'esistenza di eventuali interferenze inquinanti che possano influire sulla attendibilità della vittima".
Con questa decisione la Corte ha respinto il ricorso di un uomo accusato di aver usato violenza nei confronti di una minore. Nel caso di specie, osserva la Corte, "l'età anagrafica della minore non rendeva concreto il rischio che la stessa non distinguesse il vissuto dallo immaginato o non comprendesse la ricaduta delle stesse accuse".
Nel contempo però i Giudici hanno precisato che tale certezza non può sussistere "con bambini vicini all'infanzia" nei quali e' "concreto il rischio" di confondere la realtà dalla immaginazione e che sono "complesse le indagini volte a stabilire la capacità di un bambino a rendere testimonianza (cioè, la sua attitudine a comprendere fatti, a memorizzarli, a riferirli in modo utile) ed a verificare il suo grado di maturità e la sua situazione psicologica, tali tematiche sono utilmente affidate alla competenza di un esperto".
Partendo da questa considerazione la Corte giunge poi ad affermare che "le dichiarazioni di un minore persona offesa di reati sessuali, specie nel caso in cui costituiscano l'unica fonte di prova, devono essere sottoposte ad un esame critico particolarmente rigoroso tendente a verificare l'esistenza di eventuali interferenze inquinanti che possano influire sulla attendibilità della vittima".
Con questa decisione la Corte ha respinto il ricorso di un uomo accusato di aver usato violenza nei confronti di una minore. Nel caso di specie, osserva la Corte, "l'età anagrafica della minore non rendeva concreto il rischio che la stessa non distinguesse il vissuto dallo immaginato o non comprendesse la ricaduta delle stesse accuse".
Nel contempo però i Giudici hanno precisato che tale certezza non può sussistere "con bambini vicini all'infanzia" nei quali e' "concreto il rischio" di confondere la realtà dalla immaginazione e che sono "complesse le indagini volte a stabilire la capacità di un bambino a rendere testimonianza (cioè, la sua attitudine a comprendere fatti, a memorizzarli, a riferirli in modo utile) ed a verificare il suo grado di maturità e la sua situazione psicologica, tali tematiche sono utilmente affidate alla competenza di un esperto".
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