La Cassazione ha condannato un uomo che infastidiva la ex fidanzata inviando messaggi al fratello di lei, certo che questi le avrebbe riferito il tutto

Reato di stalking

Integrato il reato di stalking se si inviano messaggi WhatsApp dal contenuto persecutorio a parenti e amici della ex. E' quanto ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 46834/2022 (sotto allegata).

La vicenda ha per protagonista un uomo che, dopo essersi lasciato con una ragazza, ha iniziato a tormentare il fratello di lei con messaggi offensivi e minatori inviati su Facebook e su WhatsApp, con la certezza che questi avrebbe riferito alla donna il contenuto minatorio ed offensivo delle predette comunicazioni.

La Cassazione lo ha condannato in via definitiva per il reato di atti persecutori nei confronti della ex fidanzata in quanto, per la configurazione del reato, è stato ritenuto sufficiente il suddetto convincimento.

Stalking anche per messaggi diretti a parenti

Nel confermare le sentenze di condanna di primo e secondo grado, la quinta sezione penale della Suprema Corte ha chiarito che "integra il delitto di atti persecutori la reiterata e assillante comunicazione di messaggi di contenuto persecutorio, ingiurioso o minatorio, diretta a plurimi destinatari a essa legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l'agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice". Risulta quindi sufficiente porre in essere una condotta minacciosa o molesta nei confronti di un soggetto diverso dalla reale vittima, qualora l'autore del fatto agisca nella consapevolezza che la stessa sarà certamente messa a conoscenza della sua attività, volta a condizionarne indirettamente le abitudini di vita così da determinare, quale conseguenza voluta, l'impossibilità o la difficoltà a trovare un lavoro oppure a frequentare un dato luogo.

Scarica pdf Cass. n. 46834/2022

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