Quasi tutti i diritti riconosciuti dei bambini sono trascurati nonostante la loro promozione e l'impegno generale per diffondere una cultura dei diritti e dell'infanzia, ancor di più quei diritti che non sono scritti in alcuna fonte ma che sono connaturali all'essere bambini e persone. Tra questi ultimi il "diritto alla memoria".
Memoria comincia con "me", come "me", "mente", "mentire", perché riguarda me, bisogna tenere sempre a mente e non mentire innanzitutto a se stessi e, poi, agli altri. Fare memoria è una forma di solidarietà intergenerazionale (art. 2 Cost.) e di libertà da e di (art. 13 Cost.), perché la memoria è una delle doti più umane e umanizzanti.
"Diritto alla memoria". I bambini non hanno la memoria breve, anzi. Gli adulti, invece, ricordino che tutto quello che fanno o non fanno, danno o non danno alle nuove generazioni costituisce la loro memoria, la loro storia.
Lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro afferma: "Quel che è peggio, l'adulto non ha memoria della propria prima infanzia e trova difficoltà ad alimentare, tanto più a condividere, la visione infantile del mondo. Il bimbo è troppo spesso spinto ad abbandonare quella visione considerata appunto infantile nel senso peggiorativo del termine, a favore del raggiungimento di una condizione, quella di adulto, nella quale i problemi grandi e piccoli dell'esistenza dovrebbero essere affrontati senza puerili pastoie". Una delle parole più ripetute nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia è "sviluppo": ogni bambino ha diritto alla propria infanzia e a un adeguato sviluppo, senza infantilismi né adultismi. Una bambina: "Lo so che le mamme ci danno le botte perché ci vogliono bene, ma a noi fanno male!". La correzione genitoriale non diventi mai violenza gratuita (art. 571 cod. pen.). I figli non diventino mai "valvola di sfogo" di frustrazioni, stanchezza, dissapori di coppia, problemi sul posto di lavoro o altro, perché la comunicazione disfunzionale e le relazioni familiari disfunzionali o patologiche causano ferite inguaribili e ricordi indelebili di sofferenza che si rinnova. Correggere non deve essere né aggredire né infierire, ma contraddire o contrastare quello che non va, mantenendo quella relazione che è connaturalmente asimmetrica. Educare deve significare pure contribuire alla costruzione della memoria di quel bambino avendo memoria di quando si è stati bambini per non commettere gli stessi errori subìti durante la propria infanzia.
Diritto alla memoria è anche diritto alla memoria di famiglia. Negli USA, dal 2017, è stato girato un docufilm "ERASING FAMILIES", (Cancellare le famiglie), un significativo lungometraggio di denuncia di quelle situazioni in cui dopo una separazione il genitore non convivente viene completamente tagliato fuori, "cancellato" (in inglese "erased") dalla quotidianità, dalla vita, dalla memoria stessa dei figli (mentre nel 2014 era stato realizzato un analogo docufilm sulla cancellazione della figura paterna, "ERASING DAD"). A volte si tratta di un condizionamento da parte del genitore convivente (si fa riferimento alla più che controversa problematica dell'alienazione parentale), altre volte esito di sentenze di giudici poco lungimiranti, altre ancora l'effetto congiunto dell'eccessiva conflittualità, di instabilità personali, di scelte di mobilità territoriale e professionale.
Resta il fatto - ampiamente denunciato dal docufilm con molte storie reali, al maschile e femminile - che troppi genitori (negli USA 22 milioni) e troppi figli vengono deprivati di un elemento fondamentale della propria storia personale. Cancellare le famiglie, le origini, i genitori non è solo antigiuridico ma antiumano, è un reato, un dramma personale e collettivo. L'Italia deve fare tesoro di ciò e scegliere le opportune politiche a favore e sostegno della famiglia, come si ricava dal Piano Nazionale per la famiglia (adottato il 10 agosto 2022).Educare è altresì trasmettere la memoria, esercitare la memoria. Ricordare è uno dei modi migliori per aprire le menti, allargare gli orizzonti, allungare la vita anche di chi non c'è più. Ricordare è anche un modo per riparare alla crudeltà disseminata, ridare un volto a chi l'ha perso, recuperare l'umanità dispersa. Ricordare è imparare e insegnare, per questo comporta impegno e, spesso, è disertato.
Per sviluppare la memoria dei bambini bisogna parlare con loro, leggere con loro, abituarli all'ascolto, alla concentrazione, all'immaginazione, condividere con loro il tempo (e non gestire il loro tempo), narrare la propria storia e la storia familiare (come nell'esperienza della biblioteca dei libri viventi, nata nel 2000 in Danimarca). Perché la spontaneità, la noia, le emozioni di quel momento rimarranno impressi per sempre nella memoria del cuore dove si conserva tutto smisuratamente, anche se non riaffiora più alla mente. E gli adulti non hanno che da imparare. Per cui è possibile e auspicabile "fare filosofia con i bambini"; con i bambini si può parlare di tutto e senza tabù, basta farlo alla loro altezza, al loro livello e con autenticità. L'art. 13 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia recita: "Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, a prescinderne dalle frontiere, sia verbalmente che per iscritto o a mezzo stampa o in forma artistica o mediante qualsiasi altro mezzo scelto dal fanciullo".
Costruire una memoria familiare con la comunicazione, la conversazione, la condivisione contribuisce a salvaguardare la salute dei bambini e dei ragazzi perché procura benessere e anche perché previene forme di dipendenza, come quella da videogiochi. "Si evidenzia un uso del gioco online prevalentemente nella fascia oraria serale che implica la perdita della percezione del tempo che scorre. Ne conseguono stati di veglia dei ragazzi e l'alterazione del ritmo sonno-veglia. L'utilizzo continuativo e sistematico dei videogiochi durante il tempo libero (quindi nella fascia serale nelle giornate infrasettimanali) sostitutivo di attività alternative relazionali nel contesto familiare genera una tendenza all'isolamento e una chiusura nei confronti delle figure parentali. Spesso il gioco virtuale rappresenta una realtà alternativa e una modalità per fuggire dal contesto che li circonda. Questo stato di benessere, di piacere che procura il gioco online per tempi prolungati può potenzialmente generare nei giovani uno stato di dipendenza" (dal Report annuale 2021 pedofilia e pornografia. I numeri di un "omicidio psicologico" dell'Associazione Meter). Uno dei diritti più violati in caso di abuso di videogame o altri device è il diritto al sonno perché si trascura che i bambini dovrebbero dormire in media almeno 10 ore (che sono di più nei primissimi anni di vita) e che favorisce la salvaguardia della memoria, per cui non bisognerebbe tenere dispositivi tecnologici nelle camerette.
Il diritto alla memoria è pure diritto dei bambini alla salute (art. 24 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia) che si basa anche sul loro rapporto con la natura perché, come si legge tra l'altro nella Carta di Ottawa per la promozione della salute (1986), "Gli inestricabili legami che esistono tra le persone e il loro ambiente costituiscono la base per un approccio socio-ecologico alla salute". "[…] la natura ha un impatto positivo sulla salute fisica e sul benessere emotivo dei più piccoli, soprattutto quando trascorrono molto tempo all'interno di spazi chiusi. Attraverso gli stimoli che ricevono dall'ambiente naturale, migliorano la loro attenzione e allenano la memoria" (cit.). I bambini hanno bisogno di tutto, anche di sperimentare il rischio e l'ignoto, e non di ambienti asettici, ipertecnologici, fatti a misura di adulti. Uno dei "luoghi di vita" chiamati a contrastare il processo di distruzione della memoria individuale e collettiva e di oblio generale e deputati, invece, a offrire gli stimoli adeguati per "co-costruire" la memoria è la scuola.
"Ho chiesto ai bambini di alcune scuole primarie di riscrivere i diritti della Convenzione di New York alla luce dei loro bisogni di oggi. I bambini hanno risposto con entusiasmo al mio appello e "inventato" nuovi diritti: tra questi ci sono il diritto al sogno, il diritto a non essere lasciati soli e a passare più tempo con i genitori nella vita quotidiana, il diritto alla lentezza, il diritto a non essere riempiti di compiti e di attività. E ancora, il diritto a sbagliare, il diritto all'unicità e a non essere confrontati con gli altri, il diritto alla bellezza, il diritto alla cultura e alla memoria, e tanti ancora. In particolare uno di loro ha scritto: «Ogni bambino ha il diritto di guardare il mondo non dal basso, ma salendo sulle spalle dei genitori». A partire da queste parole ho avviato una riflessione sulla necessità dei bambini e dei ragazzi di contare sulla presenza e sul sostegno degli adulti e così poter vivere la loro età, con leggerezza e spensieratezza, sognare, perdere tempo, senza essere sovraccaricati di aspettative e di attese. Per poter guardare con fiducia alla complessità del mondo i bambini hanno chiesto le spalle larghe dei genitori cui potersi affidare, hanno chiesto sicuri e solidi punti di riferimento, capaci di indicare un orizzonte" (dall'Introduzione della Relazione al Parlamento dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, anno 2018). I bambini chiedono solo di essere accuditi e custoditi come bambini. Prima ancora che di diritti hanno dei bisogni che sono quelli inespressi e che si possono leggere nello sguardo e ancor di più nella metacomunicazione. "Il bambino ha bisogno di essere protetto, nutrito, curato e istruito. Il suo benessere psicologico è altresì essenziale. Il suo legame con la sua famiglia e la sua comunità deve essere preservato. Egli ha diritto alla spensieratezza, a ridere, al gioco, e anche ad un avvenire professionale" (dalla Charte du Bureau International Catholique de l'Enfance, Parigi, giugno 2007). In questo ha un ruolo determinante la scuola: "Per educare a questa cittadinanza unitaria e plurale a un tempo, una via privilegiata è proprio la conoscenza e la trasmissione delle nostre tradizioni e memorie nazionali: non si possono realizzare appieno le possibilità del presente senza una profonda memoria e condivisione delle radici storiche" (dal paragrafo "Per una nuova cittadinanza" delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione, 2012).
Nelle successive Indicazioni Nazionali e Nuovi scenari del 2018 si parla espressamente di "educare alla memoria" in modo privilegiato attraverso la disciplina della storia.
Scuola è vivere e condividere esperienze nel momento, nel bene e nel male, costruire una memoria personale e interpersonale da rispolverare e ricostruire nei propri ricordi e nei propri percorsi. La scuola non è solo un luogo fisico ma, nel bene e nel male, diventa luogo dell'anima, della memoria, della storia personale di ciascuno, esigenza emersa preponderante durante la pandemia da covid-19.
L'educatore deve essere consapevole e responsabile del delicato ruolo che riveste: educare è togliere più che mettere per consentire lo sviluppo (contrario di inviluppo) della personalità e della persona. L'educatore è come uno scultore che deve agire con cautela e maestria, altrimenti il suo "scalpello" può essere lesivo e nocivo. In particolare, l'attività dell'insegnante di sostegno comporta una sorta responsabilità professionale rafforzata (art. 1176 comma 2 cod. civ.) date la sua specializzazione e la "super fragilità" del bambino o ragazzo affidatogli. "[…] pur avendo i fattori costituzionali e genetici un ruolo importante nello sviluppo della mente umana, i fattori sociali e le relazioni umane plasmano lo sviluppo del cervello e della mente […]. L'educazione lavora in profondità, nel cervello e nei neuroni, modificandone la struttura, parlando, per così dire, ai neuroni, tanto che un educatore potrebbe essere definito un vero e proprio microchirurgo della mente. […] Il cervello è dunque costituito da connessioni nervose che rendono possibile l'apprendimento e la memoria […] e sembra sia possibile migliorare le capacità di ritenzione e rievocazione delle informazioni" (la ricercatrice Chiara D'Alessio in "Pedagogia e neuroscienze", Lecce 2019).
Paolo Borsellino parlava di "fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità". Costruire e custodire la memoria si iscrive nel solco di principi costituzionali: svolgimento della personalità (art. 2 Cost.), rimozione degli ostacoli (art. 3 Cost.), progresso materiale o spirituale della società (art. 4 Cost.).
L'art. 9 della Costituzione comma 2 recita: "[La Repubblica] Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". "Storia" deriva da una radice etimologica col significato di "vedere" e, poi "conoscere, sapere". Perdere la memoria e smarrire la strada per far ritorno alla propria casa e dai propri cari, laddove ci siano ancora: è quello che succede quando si ignora la storia e si perde la memoria di quello che hanno fatto gli altri e di quello che si è fatto. "Perché ogni uomo ha sempre qualcosa da dirci, anima una storia che merita di essere raccontata" (cit.).
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