Mobbing sessuale per il datore di lavoro
Per la Cassazione i maltrattamenti che il datore di lavoro mette in atto nei confronti delle dipendente configurano mobbing sessuale, perché le battute, ma anche gli abbracci, i baci e i commenti alludono sempre al sesso, sotto la minaccia velata del licenziamento. Vediamo di capire in sintesi il contenuto della Cassazione penale n. 49464/2022 (sotto allegata).
Il gestore di un bar viene condannato in primo e secondo grado per maltrattamenti sotto forma di mobbing sessuale perpetrato ai danni delle sue tre dipendenti e di violenza sessuale nella forma meno grave ai danni di due delle tre ragazze.
L'imputato contesta la decisione degli Ermellini, che però accolgono solo il motivo relativo alla prescrizione del reato di maltrattamenti. Tutti gli altri vengono dichiarati inammissibili.
Nella motivazione la Cassazione evidenzia però, come fatto dalla Corte di appello, la "continuativa condotta dell'imputato che, sia pur assumendo le vesti di teatrante nello scenario apprestato all'interno del bar dove persino i cocktail avevano denominazioni volgarmente erotiche, tali da esporre le sue dipendenti a penose battute se non ad incresciose richieste anche soltanto allusive giocate sul doppio senso, non solo non risparmiava pesanti apprezzamenti nei confronti delle due persone offese, ma indulgeva in condotte lesive della loro sfera sessuale…."
Indubbia la natura sessuale degli atteggiamenti tenuti dal datore, nel suo locale, durante l'orario di servizio e concretizzatesi in strusciamenti contro il fondo schiena delle ragazze, baci sul collo e abbracci repentini, il tutto permeato da una allusività ed esternazioni libidinose, sotto la minaccia di licenziamento "in un'atmosfera di pesante promiscuità dove persino i nomi dati ai cocktail associati agli ordini dei clienti mettevano in imbarazzo le sue dipendenti" e tali da integrare anche la forma consumata del reato di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p.
Scarica pdf Cassazione n. 49464/2022