Per bilanciare il diritto alla sessualità del detenuto al 41 bis ord. pen e la necessità di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica occorre un intervento del legislatore su tempi, modi, frequenza e durata degli incontri

Nessun diritto alla sessualità per il detenuto al 41 bis

E' sicuramente necessario che il legislatore intervenga per riconoscere ai detenuti del 41 bis ord. pen. il diritto alla sessualità. Vero però che tale diritto si scontra con la necessità di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica. Un intervento mirato per il riconoscimento di questo diritto, che comunque la giurisprudenza internazionale non impone, richiede una regolamentazione stringente su tempi, modi, frequenza e durata degli incontri intimi.

Ad affermarlo è la Cassazione nella sentenza n. 3035/2023 (sotto allegata) con cui si conclude la vicenda che si va a descrivere.

Un detenuto chiede un incontro riservato con la moglie all'interno del carcere in cui è stato celebrato il matrimonio. Il Tribunale di Sorveglianza però respinge la richiesta perché il richiedente è sottoposto al regime differenziato del 41 bis. ord. pen.

Il detenuto, nel ricorso in Cassazione, ritiene che non si possa negare il diritto alla sessualità a nessuno, anche se detenuto. Anche la Corte Costituzionale ha sollecitato l'intervento del legislatore per riconoscere questo diritto. La gravità dei reati commessi non dovrebbero assumere rilievo rispetto a questa esigenza. Lamenta quindi un'interpretazione più conforme ai principi della Convenzione Edu e il mancato rilevamento da parte del Tribunale del dubbio di costituzionalità.

La Cassazione però rigetta il ricorso perché un conto sono i colloqui visivi, altra cosa sono le manifestazioni di affetto di natura sessuale, che non possono essere sottoposte ad osservazione. La necessità di garantire ai detenuti un'affettività è un tema sentito da tempo, ma questo tipo di incontri non si possono svolgere per chi è al 41 bis. Un intervento legislativo sulla questione sollevata non appare di facile soluzione stante la necessità del controllo visivo durante i colloqui del detenuto da parte del personale del Corpo di Polizia penitenziaria.

In ogni caso l'eliminazione del controllo visivo non basterebbe a perseguire l'obiettivo, essendo necessario definire nel dettaglio durata, frequenza e l'adozione di tutta una serie di misure organizzative che si rendono ovviamente necessarie. Tutte decisioni che spettano al legislatore per bilanciare due esigenze così contrapposte, ossia il diritto alla sessualità da una parte e la necessità di tutelare l'ordine pubblico dall'altra.

Esigenze queste ultime che hanno fatto escludere anche alla Corte di Strasburgo la possibilità di "visite coniugali" per i detenuti, anche se si realizza un'interferenza alla vita familiare del detenuto.

Posizione questa che impedisce di sollevare una questione di costituzionalità, visto che persino la giurisprudenza sovranazionale non impone agli ordinamenti interni dei vari Stati di riconoscere il diritto alla sessualità in carcere.

Scarica pdf Cassazione n. 3035/2023

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