Illecito civile fonte di danno nell'attività sportiva
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 4707/2023 (sotto allegata) chiarisce in quali casi un colpo sferrato durante una sessione di allenamento di MMA configura un illecito civile a cui consegue il diritto dell'atleta danneggiato, al risarcimento del danno. Ripercorriamo in breve i fatti e il ragionamento seguito degli Ermellini per giungere alla suddetta conclusione.
Un atleta, durante l'attività di sparring, che prevede un combattimento leggero e un contatto lieve nell'ambito di un allenamento di MMA, viene colpito ai genitali e riporta una invalidità permanente dei 6/7% a causa della asportazione di un testicolo. L'atleta agisce quindi in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni subiti, richiesta che viene rigettata però sia in primo che in secondo grado.
Conclusioni che vengono confermate anche in sede di Cassazione enunciando il seguente principio "nello sport caratterizzato dal contatto fisico e dall'uso di una quota di violenza la violazione nel corso di attività di allenamento di una regola del regolamento sportivo non costituisce di per sé illecito civile in mancanza di altre circostanze rilevanti ai fini del carattere ingiustificato dell'azione dell'atleta".
Come ricorda più in dettaglio nella motivazione, negli sport da combattimento il livello di violenza tollerato è superiore rispetto ad altri sport in cui la violenza è solo eventuale. Per integrare l'eccesso colposo in grado di integrare l'illecito civile fonte di responsabilità non è sufficiente la violazione di una regola durante l'allentamento, sono necessarie anche la sproporzione nelle abilità degli atleti e la controllabilità della manovra atletica che genera le lesione.
Scarica pdf Cassazione n. 4707/2023• Foto: Foto di PranongCreative da Pixabay.com